NO ! PAZZIA 

Come primo di una serie di documenti che intendiamo pubblicare a proposito dei gruppi di auto-aiuto, ecco ora l'intervento che Stefania Dei, partecipante e attivista dei gruppi di auto-aiuto a Prato, ha fatto al recente congresso Warp a Parigi  (il Warp è un'organizzazione internazionale che si occupa di riabilitazione psichiatrica). Stefania è anche attuale rappresentante per l'Italia della "Rete Europea Utilizzatori e Sopravvissuti alla Psichiatria" (ENUSP) e sta cercando di costituire una "Rete Italiana Utenti ed ex Utenti di Servizi Psichiatrici", da associare all'europea ENUSP, Rete di cui enuncia i principi basilari in fondo al suo intervento.


GRUPPI DI AUTO AIUTO PSICHIATRICO (A PRATO)

relaz. di Stefania Dei

CONGRESSO WARP

Parigi, 9 giugno 2000


 Buon pomeriggio a tutti sono Stefania Dei, sono un utente, ex-utente, del servizio di Salute Mentale di Prato. Scusatemi di questa mia incertezza ma ancora non ho capito bene la differenza che ci sono tra questi due termini perché in alcuni momenti del mio vissuto giornaliero cerco di alleviare le sofferenze, lo star male delle altre persone mentre altre volte sono io che ho bisogno che gli altri m'incitano a superare i momenti neri della mia esistenza.

 Ringrazio in particolare il Dr. Re di avermi dato l'opportunità a partecipare a questo simposio che è costituito da varie realtà che si occupano di Salute Mentale .La maggior parte dei membri di questa tavola rotonda sono lombardi mentre io sono l'unica che viene dalla Toscana. Questo sta a dimostrare che in Italia si tende, quando è possibile, di sviluppare la collaborazione tra Regioni diverse come mentalità e modi di vivere, lontane fisicamente le une dalle altre. Ma che hanno la voglia e la volontà di mettersi in gioco di scambiarsi il loro sapere. Di non essere arroccati nei loro ruoli che abitualmente giocano.

Grazie anche alla WARP di avermi dato la possibilità di intervenire a questo Congresso Mondiale. La riabilitazione in Psichiatria è qualcosa di complesso..di difficile è molto diverso dalla Riabilitazione nelle altre discipline mediche, in quanto devono reintegrare le persone che sono passate attraverso il tunnel dei sevizi psichiatrici e dell'isolamento a ritornare a vivere in quel mondo che in qualche modo con le sue ferree leggi ci ha emarginato, ridiventare cittadini a tutto tondo con i diritti e i doveri che qualsiasi altro abitante di questo mondo ha e di non essere considerati come dei nulla facenti.

Per quanto riguarda l'auto aiuto in psichiatria, la Toscana è una terra feconda, piena di fervore per il cambiamento della realtà della riabilitazione psichiatrica verso una liberazione dal disagio psichico. L'auto aiuto è uno strumento nuovo introdotto in Toscana dallo Psichiatria Pino Pini.

Pino Pini è in Toscana il fondatore dell'auto - aiuto psichiatrico, che sta diffondendosi tra grandi entusiasmi e con gran presa sul territorio, perché è portato avanti dagli stessi pazienti, ex user, con la collaborazione di quegli operatori, di quei volontari, di quei dipendenti di cooperative sociali o del privato sociale legato all'associazionismo che credono e si convertono, si mettono in pista, su questa grossa novità, che rappresenta un vantaggio per tutti. Cioè siamo tutti veramente avvantaggiati dal cambiamento portato da questo movimento culturale, che però ha valenze anche a livello sociale e politico.
 

Dal punto di vista delle scienze umane, l'auto aiuto psichiatrico è strettamente collegato a quella che si chiama la psicologia di comunità, alla presa in carico comunitario da parte del territorio. Ma chi è che può stimolare questo cambiamento del sociale e del culturale sul disagio psichico? Sono gli stessi che hanno sofferto e stanno soffrendo l'esclusione e la sofferenza 

Nella zona di Prato ci sono sei gruppi di auto-aiuto: due sono gruppi che si chiamano di self help puro, cioè senza la presenza d'operatori all'interno del gruppo (io ne ho fatto parte di uno di questi inizialmente). Si chiamano anche gruppi di self-advocacy. Quattro gruppi sono invece gruppi di advocacy, cioè con la presenza d'operatori che sono stati accolti, considerati dai pazienti degni, di far parte del gruppo (io attualmente ne faccio parte di uno di loro con l'incarico di coordinatrice)

Ecco La parola dignità, che è un po' forte, però rispecchia molto bene quello che noi quando ci riuniamo tra gruppi sentiamo molto, questa comprensione della gran novità dell'autonomia, della dignità, del senso di protagonismo di coloro i quali soffrono e considerano la sofferenza e il disagio, l'esclusione, come una gran risorsa per un cambiamento. Questo non mi sarebbe stato facile spiegarlo, se non avessi anch'io ho vissuto quest'esperienza d'essere insieme con lui ma perché l'altro mi sente vicino a lui: questa è una cosa molto importante, molto difficile: e molto difficile secondo noi, il nostro gruppo, essere in grado d'avere atteggiamenti d'allegria, di speranza se non abbiamo questo senso di condivisione verso tutto ciò che produce l'esclusione. Il disagio - una risorsa quando diventa ragione di crescita, di cambiamento e di scoperta.

I gruppi di auto aiuto sono sempre più riconosciuti come una metodologia pratica ed efficace che integra ed estende l'attuale sistema di cura sanitaria e della salute mentale fino al punto da essere definita come " un movimento sociale emergente". 
 

Non sono gruppi terapeutici anche se producono salute, il gruppo fornisce supporto, incoraggiamento, informazione e strategie di fronteggiamento alle persone che possono sentirsi sopraffatte da un evento o da una situazione nella loro vita. Essi incoraggiano le persone comuni, la costruzione della comunità, l'azione per la valorizzazione dell'auto stima, e promuovere la salute mentale e il benessere; riducono il sentimento di isolamento quando si incontrano problemi inattesi o cronici.

Anche gli individui che soffrono di disturbi di disagio ambientale hanno beneficiato dei gruppi di auto aiuto: uno studio su individui con malattia cronica ha trovato che i membri del GROW un network di gruppi di auto aiuto per malati mentali cronici, necessitavano di pochi servizi medici e 
richiedevano un basso livello di cura (Young & Williams, 1987). 

La cosa più importante in termini di costo della cura fornita è che i membri di GROW ebbero un terzo dei giorni di ospedalizzazione in meno nei confronti ad un gruppo preso a campione di malati mentali che non partecipavano a questo esperimento.

I gruppi di auto aiuto forniscono sostegno gratuito che completa il trattamento professionale delle condizioni croniche di interesse medico. I membri diventano più responsabili per la loro salute più capaci di comprendere la loro condizione e aderiscono meglio ai protocolli terapeutici e riabilitativi: sembra che il sostegno ricevuto in gruppi si traduca in un effetto positivo sulla risposta immunitaria.

Come si è ben capito fino a questo momento i gruppi di auto aiuto servono a rompere l'isolamento in cui l'individuo viene a trovarsi in un determinato periodo della sua vita. Il suo star male non è altro che non sapersi relazionare con le persone che le sono accanto.

La sede di questi gruppi deve essere collocata al di fuori dell'ambiente socio - sanitario e nei gruppi non si deve parlare di diagnosi in quanto si deve vedere in lui, una persona che può portare al gruppo una ventata di ossigeno e una nuova risorsa.

Leggendo le linee giuda che il Dr. Re mi ha gentilmente spedito ho potuto leggere l'enunciato che testualmente dice " le famiglie dovrebbero essere coinvolte e impegnate per collaborare al massimo delle proprie possibilità al processo terapeutico". Sono d’accordo in linee di massima con questo principio Io posso esprimere com'è vissuto questa situazione nel rapporto familiare- utente dei servizi psichiatrici dal punto di vista di utente , ma qui abbiamo presente un autorevole rappresentante delle associazioni delle famiglie italiane e lui ci potrà illustrare in modo più approfondito questa situazione..

In Italia il rapporto famiglia - utente di Salute Mentale è situazione difficile, spinosa da gestirla nel quotidiano, poiché abbiamo un forte sentimento di famiglia o più precisamente di clan, retaggio della cultura cattolica. Spesso e volentieri le persone con disagio ambientale tendono a vivere con le loro famiglie d'origine per superare i disagi che il loro quotidiano può portare. Sarebbe opportuno che le famiglie ci stimolassero ad acquistare quegli spazi che da noi, con le nostre fragilità ed insicurezze, non siamo in grado di avere per vivere il nostro quotidiano come cittadini a tutto tondo di quel mondo che per un certo periodo ci ha emarginato. 
 

Quando il quotidiano diventa conflittuale allora sarebbe opportuno che per allentare le dinamiche che si possono creare e condurre a delle situazioni
spiacevoli per ambedue gli attori di questo vissuto, lo Stato, tramite il servizio sociale di riferimento, ci mettesse a nostra disposizione degli spazi abitativi siano essi case popolari o altro come del resto è già contemplato dall'ordinamento giuridico con una legge regionale Toscana non so se vi sia anche una legge vigente in tutto il territorio dello Stato italiano. 

Questa sarebbe un'occasione ottima che si potrebbe creare per un portatore di disagio ambientale, in quanto andare a vivere per conto suo impara a gestire il suo quotidiano ed acquistare delle determinate sicurezze e fiducia nei suoi mezzi di quanto non danno vivere con la sua famiglia. 

Se questa persona non ha i mezzi economici nè è capace né la forza di guadagnarsi il suo quotidiano allora deve intervenire il Sistema sociale di riferimento con dei sussidi o delle agevolazioni che sono previste dall'ordinamento del Servizio Sociale nazionale.

Queste agevolazioni o sussidi non devono essere erogati alla persona che ne ha bisogno per tutta la sua vita. Il Servizio Sociale dovrebbe proporre alla persona assistita delle situazioni in cui quest'ultima possa acquistare passo per passo una sua completa autonomia. Il Servizio Sociale di riferimento dovrebbe essere più presente nella vita di una persona con disagio ambientale di quanto lo sia nel momento attuale. 

In Italia, come ben sapete , non esistono più i grandi ospedali psichiatrici, da più di venti anni. Il mio paese è la terra della legge 180, legge invidiata in tutto il mondo per la sua modernità. Questa legge è stata emanata dallo stato Italiano il 13 Maggio 1978 circa sanciva l'abbattimento delle barriere manicomiali e le persone che vivevano, si fa per, dire all'interno di queste strutture da questo momento in poi non dovevano più vivere lì dentro a strutture manicomiali ma trovare una sistemazione al di fuori di questi spazi e furono sancite illegali le nuove ammissioni.

Noi, a Prato, abbiamo un piccolo reparto di psichiatria nell'ospedale generale di Prato , costituito da 6 posti letto, quindi è disponibile solo per le emergenze territoriali (i noti Trattamenti sanitari obbligatori) per il resto siamo presi in carico dai servizi territoriali di psichiatria. Durante la presa in carico da parte del Servizio Sanitario psichiatrico territoriali siamo indirizzati dal personale medico che ci ha in cura alle strutture alternative psichiatriche che esistono sul territorio tra cui i gruppi di auto aiuto che sono situazioni alternative di sostegno.
 

Una volta che una persona entra nel Servizio Psichiatrico territoriale il medico curante dovrebbe creare insieme alla persona e tra le varie altre realtà che si occupano di Salute Mentale e più specificamente (psicologa ed assistente sociale) un progetto di reinserimento sociale: comprendendo anche gli elementi non soli educativi ma anche i diritti primari che una persona deve avere per essere considerata e considerarsi un cittadino a tutto tondo di quel mondo che lo ha emarginato tra cui il lavoro.

Questo è un problema basilare, importante il lavoro. Il lavoro per le persone portatrici di disagio ambientale è un problema grosso. Per quanto riguarda questo problema dal punto di vista delle persone portatrici di disagio fisico è ormai superato, accettato dalla società, per le persone portatrici di disagio psichico è ancora un tabù, ancora non è stato accettato dalla società..

Per le persone con disagio fisico non esistono problemi, poiché la società, le persone sanno e possono adeguarsi al loro handicap(per esempio costruendo una scala o collocandoci un ascensore) mentre per le persone portatrici di disagio psichico ci sono problemi e che problemi in quanto la società non come trattarli, hanno paura delle loro reazioni…. Ed allora è meglio dargli una pensione di invalidità almeno se ne stanno buoni e calmi a casa loro .La persona si sente ancora una volta emarginata dal mondo passando le sue giornate inutilmente, vede arrivare i conti da pagare e non sa come fare perché con un reddito di 350.000 o 400.000 Signori miei si fa ben poche cose.

Le persone che ancora hanno un po' di forza si orientano verso il mercato del lavoro nero - sottopagato e le altre persone che cosa fanno? Passano le loro giornate vuote …sapeste quanto è lungo passare un giorno senza avere alcuna occupazione e pensare….pensare a che cosa? 

A Prato abbiamo cercato di risolvere in parte questo problema rendendo concreta una legge regionale la 486 sugli inserimenti lavorativi. E' un progetto che ormai viene usufruito da circa 80 utenti ed è stato applicato fin dal 1993 e per alcuni di essi c'è stato un completo inserimento nel mondo del lavoro per altri il progetto si è bloccato a metà in quanto non hanno avuto un completo inserimento nel mondo del lavoro ed altri hanno avuto delle crisi. Si spera che questo progetto venga adottato anche nel resto dell'Italia.
 

Termino enunciando i punti che io, in rappresentanza degli utenti psichiatrici italiani, desiderei che venissero adottati in futuro :

  • 1)  - Solidarietà, comunicazione e collaborazione non solo tra gli utenti ma anche con le altre realtà che si occupano di Salute Mentale
  • 2)  - Lottare contro qualsiasi tipo di discriminazione sociale nei riguardi delle persone che fanno o che hanno fatto uso dei Servizi di Salute Mentale ( Stigma)
  • 3)  - Supportare i diritti delle persone che usano i Servizi di Salute Mentale ed avere voce nella pianificazione e conduzione dei propri progetti terapeutici.
  • 4)  - Favorire l'autonomia degli utenti e far maturare il senso di responsabolità (self - determination)
  • 5)  - Incoraggiare la formazione di un coordinamento interregionale e nazionale tra utenti.



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