NON COSI' PERICOLOSI COME DICONO !
 

(report curato da sandro)

Una delle maggiori cause, se non la maggiore, della diffidenza e paura nei nostri confronti, è la noméa che ci accompagna di una nostra pericolosità ben netta, che siamo ben più propensi delle persone normali a commettere atti socialmente pericolosi. Tuttavia alla ricerca statistica, cioè andando a guardare in percentuale, su una ampia zona geografica, quanti in percentuale su tutta la popolazione sono i delitti commessi (di solito nelle ricerche si specifica delitti non leggeri, da abusi sessuali a con armi) da utilizzatori ed ex utilizzatori di servizi psichiatrici, questa percentuale risulta all'incirca poco diversa dalla percentuale dello stesso tipo di delitti commessi da persone "normali" nella stessa zona.

Una ricerca recente, di cui alleghiamo sotto il comunicato conclusivo, dà lo stesso identico numero tra noi e i "normali" se noi non prendiamo droghe aggiuntive (tipo alcool crac extasy e simili), percentuale che invece raddoppia per noi se ci droghiamo con quelle sostanze.

Questa ricerca non specifica espressamente quanti dei controllati erano sotto psicofarmaci (probabilmente molti se non tutti ), ma altre ricerche precedenti avevano evidenziato che questo particolare non è molto determinante. In particolare dati risalenti a prima dell'era degli psicofarmaci (cioè antecedenti a circa il 1952-58 a seconda dei paesi) danno, togliendo i casi di suicidio, lo stesso risultato, stessa pericolosità all'incirca "pazzi " e "normali"  [vedi ad es. T.J.Sheff :" Per infermità mentale" (*) pag 89].
 

Visto che questa netta nostra maggior pericolosità non sussiste, c'è comunque da chiederci del perché comunemente siamo ritenuti molto più pericolosi delle persone normali.

La spiegazione del perchè siamo ritenuti più pericolosi di quanto effettivamente siamo non è di dominio pubblico, è oggetto di studio dei sociologi [vedi T.J.Sheff citato cap. 3] e purtroppo non ben resa pubblica. La sostanza è che c'è una convergenza di due meccanismi 1) l'attenzione morbosa ai delitti, 2) la convenienza emotiva a trovare subito un ben determinato colpevole magari già designato nell'opinione pubblica, un capro espiatorio.  Nel concreto i mass media, i giornali ci guadagnano, vendono di più, con notizie in prima pagina che ci riguardano. I fatti di pazzi attirano morbosamente i lettori, quindi i giornalisti li spiattellano più in evidenza e più a lungo degli altri delitti; col risultato che sembra che siamo sempre noi i delittuosi. Andando ad analizzare i giornali nonostante che la nostra percentuale di delittuosità non sia molto diversa da quella dei "normali" come si può constatare negli stessi giornali andando a vedere anche gli articoli scritti in piccolo e di poche righe, a causa della messa in rilievo, dal perdurare l'argomento il giorno e i giorni successivi, noi risaltiamo dieci venti volte di più e i lettori si convincono che lo siamo effettivamente molto più delittuosi. Purtroppo per la gente è comodo aver qualcuno di ben individuato con cui prendersela, anche scaricare le frustazioni di tutti i giorni. Siamo da secoli un perfetto "capro espiatorio", purtroppo.  Né più né meno degli ebrei in Germania ai tempi di Hitler in cui molte persone anche oneste si erano presto convinte che gli ebrei fossero colpevoli dei peggiori delitti, quei pochi casualmente commessi essendo enormemente accresciuti dai mass media.
Oltre alla nomèa di pericolosità che ci accompagna, c'è anche che molto spesso rompiamo le scatole al vicinato (ma non come risulta da queste ricerche per delitti gravi) quindi qualcuno ce l'ha già con noi e è pronto a parlare nei capannelli di persone a firmare contro. Siamo un ottimo bersaglio, purtroppo !

(Chi scrive non è sicuro [ulteriori precisazioni saranno prontamente allegate al presente articolo] che in queste ricerche siano stati anche contati, considerati, i 'primi impazzimenti' di ognuno quando appunto non siamo ancora contrassegnati come pazzi. Forse la prima volta siamo effettivamente più pericolosi. Il mondo aperto dall'impazzimento è nuovo, possiamo facilmente esagerare. Ma non comunque più pericolosi degli altri, dei "normali", statisticamente e non solo statisticamente avendo acquistato oramai un minimo di esperienza di cosa succede, dopo questa prima esperienza, nel seguito e anche negli eventuali successivi impazzimenti: il volerci psicofarmizzare pesantemente a rischio di guai dopo il primo impazzimento equivale dunque a voler chiudere la stalla quando i buoi sono già fuggiti ! (Ma è proprio questo, soltanto questo che stanno facendo gli attuali Servizi di Igiene Mentale nei paesi degli psicofarmaci a go-go) ! !)

QUESTA CONVINZIONE di autentica pericolosità prende anche chi ci dovrebbe aiutare come gli psichiatri dei centri d'igiene mentale, che infifati dalla noméa [essi non studiano sociologia all'università !] e caricati da responsabilità giuridica, non trovano di meglio, da pessimi medici e miopi burocrati a caricarci di psicofarmici attutenti a vita. Non certo per guarirci, solo riteniamo per scaricarsi di responsabilità caso mai la nomèa fosse vera !

Stesso discorso di fifa per gran parte dei genitori e parenti che perciò spalleggiano gli psichiatri a costringerci a dosi pesanti di psicofarmaci attutenti.

A causa di questa situazione sarà bene dopo il primo impazzimento buttare qualsiasi arma in nostro possesso e cercare di evitare espressioni di violenza e di minacciare mai qualcuno.
 



THE MacARTHUR VIOLENCE RISK ASSESSMENT STUDY

[Studio della fondazione Mac Arthur sulla stima del rischio di violenza]

[in  http://macarthur.virginia.edu/

(studio condotto in USA su 1000 persone deospedalizzate da reparti psichiatrici, tenute d'occhio per un anno; raffrontato a 500 persone 'normali' dell'ambiente circostante; si tiene conto solo di azioni di una certa violenza consistenti in danni fisici, assalti sessuali, minaccia a mano armata o fatti con armi) (qui 'abuso di sostanze' sta per abuso di alcool , crac ecc.; "prevalenza" è un termine tecnico statistico e vale percentuale rispetto il totale delle persone della zona)
 
 
Tra le conclusioni di questo studio c'è la seguente:

"Le persone dismesse da ospedali psichiatrici" non sono una categoria omogenea rispetto gli atti violenti. Persone con una diagnosi di maggior disordine mantale e senza diagnosi di abuso di sostanze sono coinvolte in significativamente minori atti di violenza sociale di chi invece è stato diagnosticato con un con-corrente abuso di sostanze. 

La prevalenza di violenza tra chi è stato dismesso dall'ospedale e non presenta sintomi di abuso di sostanze, è all'incirca la stessa della prevalenza di violenza della restante popolazione vivente nella stessa comunità e che non abbia sintomi di abuso di sostanze. 

La prevalenza di violenza è più alta tra chi -- sia pazienti dismessi che non pazienti -- ha sintomi di abuso di sostanze. Quelli che sono stati dismessi da ospedali psichiatrici sono più esposti, rispetto le altre persone della stessa comunità, a presentare sintomi di abuso di sostanze.

La prevalenza di violenza tra chi è stato dismesso da reparti psichiatrici e presenti sintomi di abuso di sostanze, è significativamente più alta della prevalenza di violenza delle  persone della stessa comunità che presentino ugualmente sintomi di abuso di sostanze, per alcuni dei primi mesi successivi alla dismissione.

Gli atti di violenza commessi da chi è dismesso da reparti psichiatrici sono molto simili agli atti di violenza commessi dalle restanti persone viventi nella stessa comunità in termini di tipo (ad es. percosse), obbiettivo (ad es. i membri della famiglia) e luogo (ad es. a casa).

Among the conclusions from this study are the following:

"People discharged from psychiatric hospitals" is not a homogeneous category regarding violence.  People with a major mental disorder diagnosis and without a substance abuse diagnosis are involved in significantly less community violence than people with a co-occurring substance abuse diagnosis. 

The prevalence of violence among people who have been discharged from a hospital and who do not have symptoms of substance abuse is about the same as the prevalence of violence among other people living in their communities who do not have symptoms of substance abuse. 

The prevalence of violence is higher among people -- discharged psychiatric patients or non-patients -- who have symptoms of substance abuse. People who have been discharged from a psychiatric hospital are more likely than other people living in their communities to have symptoms of substance abuse. 

The prevalence of violence among people who have been discharged from a psychiatric hospital and who have symptoms of substance abuse is significantly higher than the prevalence of violence among other people living in their communities who have symptoms of substance abuse, for the first several months after discharge. 

Violence committed by people discharged from a hospital is very similar to violence committed by other people living in their communities in terms of type (i.e., hitting), target (i.e., family members), and location (i.e., at home).


 

Il risultato di questa ricerca è stato subito messo in discussione negli USA da chi sta facendo, proprio in nome della nostra supposta pericolosità, una campagna a favore degli psicofarmaci per forza, anche a casa. Infatti, visto che probabilmente moltissimi dei dismessi erano sotto psicofarmaci, si può inferire dai risultati della ricerca che il mix degli psicofarmaci dati dai medici sommato alle droghe da abuso personalmente poi prese sia particolarmente micidiale.  I ricercatori, una fondazione abbastanza seria, rispondono per le rime  (vedi nel sito citato la Response to the National Rewiew )   (D.J. Jaffe è il presidente del NAMI (National Alliance for Mentally ILL) una potente associazione di genitori, che conduce appunto tale campagna a favore degli psicofarmaci per forza anche a casa).
Ci ripromettiamo di dare ulteriori chiarimenti non appena il risultato della ricerca sarà pubblicato in tutti i suoi dettagli.

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Riferimenti:

(*) Thomas J.Scheff : Being Mentally Ill. A Sociological Theory (Chicago 1966). Ediz ital : "Per infermità mentale. Una teoria sociale della follia" (Feltrinelli -Medicina e potere, 1974)

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