NO ! PAZZIA -- CHE FARE ?


Quali alternative alla psichiatria farmacologica? - Consigli (di Schizo Anonyme)

Dall'ultimo capitolo di "pas si fou" ricordi autobiografici di Schizo Anonyme, traiamo questi sue riflessioni finali. Sono in particolare riflessioni generali e sulle alternative alla psichiatria. Infine consigli, in otto punti, a terapeuti ma valide anche secondo noi per genitori, per sospette "psicosi" infantili.

Schizo Anonyme - che ben inteso è come noi di No! Pazzia un "sopravvissuto"- è un pò meno negativo di noi rispetto la psichiatria, un pò più possibilista di noi rispetto gli psichiatri e decisamente favorevole alla psicoterapia. Ci teniamo a far conoscere ai visitatori di questo sito un'altra opinione diversa dalla nostra - ma sempre di chi conosce di prima mano, da 'dentro', ciò che 'da fuori' è chiamato pazzia.

(naturalmente per ben capire il suo pensiero, sarà bene leggere tutte le sue memorie o nell'originale francese nel sito da lui gestito, o nella traduzione che stiamo approntando - vedi brani già tradotti nel settore "SOPRAVVISSUTI")


Quali Alternative? - consigli    di Schizo Anonyme, da “Pas si fou” (ultimo capitolo)

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Per quanto gli abusi in psichiatria sono chiaramente numerosi, non per questo sono giunto alla conclusione di denigrare in blocco questa professione. Né di negare che è una professione difficile, che certi medici decidono il trattamento con neurolettici controvoglia, perché non trovano, sfortunatamente, nessuna altra alternativa.

Per concludere la presente testimonianza, mi resta perciò da rispondere ad una domanda legittima che i professionisti della salute mentale non mancheranno di rivolgermi: come fare altrimenti ?

Io sono un ex paziente, non un medico. E non ho affatto la pretesa di portare soluzioni belle e pronte a problemi a cui generazioni di ricercatori non hanno potuto rispondere. Ma ciononostante io credo di poter, alla luce della mia esperienza di ex paziente, fornire alcuni percorsi di riflessione.

La psicosi è una incapacità di gestire le proprie emozioni. Questa incapacità trascina la persona ad adottare un comportamento che non corrisponde più alle norme sociali costituite, lo spinge spesso a voler fuggire la realtà, a rifugiarsi in un universo immaginario, dove è per esempio il figlio di Napoleone, o la rincarnazione di un profeta religioso, o un altro personaggio importante (gli esempi abbondano). Alcuni credono d’udire delle voci, che gli dicono cose che respingono con la parte cosciente del loro spirito. Altri sono semplicemente molto collerici e insultano i loro parenti (e altre persone) in maniera ingiusta e spettacolare. Altri presentano un miscuglio di tutti questi comportamenti.

Per guarire bisogna dunque imparare a controllarsi, a non lasciarsi trasportare dalle emozioni, a non fuggire nell’irreale se non nei modi padroneggiati (come tutti, andando al cinema, immergendosi  nei giochi virtuali, ecc.)

Secondo numerosi psichiatri, le psicosi sono causate da due tipi di fattori: i fattori predisponenti e i fattori scatenanti.

Per fattori predisponenti, si intende una predisposizione che certe persone avrebbero, fin dalla nascita, a sviluppare una psicosi. I fattori scatenanti sono avvenimenti che, nella vita di una persona, possono provocare l’effettiva apparizione di un disturbo psichico.

I fattori predisponenti derivano, secondo questa teoria, dalla struttura genetica ed endocrina; mentre i fattori scatenanti dalla psiche. Le medicine si ritiene che controllino i fattori predisponenti.

Anche ammettendo che questa teoria sia giusta, però personalmente ritengo che sia inutile voler agire sui fattori predisponenti, dal momento che riguardo le medicine non ci sono certezze stabilite su cosa esse fanno a tale scopo. I medicamenti debbono essere usati con prudenza, il meno possibile. Invece parecchio può essere fatto a proposito della psiche.

Ma non ci sono ricette belle e pronte che permettono di uscire dalla psicosi. Ogni persona costituisce un caso a sé stante. Ci sono parecchie maniere di diventare psicotici. Ugualmente le maniere di uscire da questo stato sono tutte diverse.

Esempio: alle persone credenti raccomando caldamente di frequentare una comunità religiosa dove si sentano a loro agio. Ma questo consiglio non potrebbe assolutamente essere applicato a tutti. Ognuno deve trovare la sua via e sforzarsi di seguirla.

Numerose persone soffrenti di psicosi provano un bisogno intenso di affermarsi, di conquistare la stima di una parte, almeno, della cerchia di conoscenti. Qualcuno si dà alla pittura, qualcun altro si appassiona al gioco degli scacchi e sogna di diventare gran maestro, altri ancora tentano la letteratura…. E, spesso, cadono nella disperazione quando il successo non arride loro. Un buon terapeuta potrebbe aiutarli a porsi degli obbiettivi ragionevoli, poi aiutarli a raggiungerli. Sforzarsi di renderli consapevoli del proprio valore. E non spingerli verso la rassegnazione. Né mai accingersi a far loro credere che soffrono di una malattia genetica incurabile, dire che la loro è una situazione persa.

Anche il medico convinto che le psicosi siano manifestazioni di una malattia incurabile, dovrebbe capire che non è convincendoli a disperare che li aiuterà.

Un altro punto importante: nonostante quanto ho raccontato nei capitoli in cui parlo della mia infanzia, non bisogna, in partenza, incolpare i genitori o i conoscenti del paziente. Avere un figlio sofferente di psicosi è, per i genitori, un carico pesante. Accusarli di questa disgrazia peggiora ancora le cose.

Nel mio caso come in altri, accusare i genitori sarebbe del tutto ingiusto. Essi vivono nel mio stesso mondo. A guardarlo bene un mondo duro. I loro problemi sono, come per me, il riflesso dei problemi del nostro tempo. Inoltre la famiglia è ben lontana da essere la sola a formare la personalità di un individuo. La scuola, gli amici, il posto di lavoro, giocano un ruolo di almeno pari se non maggiore importanza. Dare colpe ai parenti dei pazienti psichiatrici è all’incirca ugualmente dannoso che attribuire una causa cosiddetta “genetica” alle psicosi.

Non bisogna affatto dimenticare che molte persone sopravvivono ad un’infanzia molto dura – molto più della mia – senza sviluppare nemmeno una pallida rassomiglianza di una affezione psichica.

A chi mi domandasse perché, a mio avviso, delle persone sottoposte alle peggiori difficoltà resistano a quel che altri, aventi il privilegio di una infanzia protetta, non sopportano, risponderei che la questione è mal posta. Piuttosto che starsi a chiedere perché certe persone appaiono incapaci di resistere alle difficoltà dell’esistenza e sprofondano nella follia, è più importante chiedersi come fanno quegli altri a riuscirci a sopravvivere, alle difficoltà.

Un umano deve per tutta la sua vita risolvere numerosi problemi, affrontare delusioni, disinganni, aggressioni, umiliazioni, e oltre, anche se ha privilegi. E l’umano è una creatura robusta, fatta per resistere a queste difficoltà. Ma succede talvolta che, nel gioco della sorte, una difficoltà lo colpisca in un punto debole. Accade che una difficoltà anche minore si avvinca a lui, raggiunga qualcosa di prezioso, che la sua personalità ne risulti affetta.

Per fare un esempio: un ragazzo considera un suo compagno di classe come il suo migliore amico. Tiene a lui più che ai suoi genitori, ai suoi fratelli, a sua sorella. Un bel giorno questo amico lo tradisce, lo respinge. Un tale avvenimento, senza importanza agli occhi dei suoi genitori, può turbarlo più di quanto avrebbe potuto fare ad es. il decesso della madre. Moltissimo dipende dal momento in cui avviene il fatto.

Una pista interessante di ricerca in psichiatria potrebbe essere forse studiare non più lo psichismo di persone considerate “malate psichiche”, ma al contrario interessarsi allo psichismo di persone equilibrate – soprattutto coloro che lo sono nonostante una vita difficile. Comprendere il meccanismo che ha permesso loro di resistere potrebbe permettere forse di portare nuove risposte al problema delle psicosi e delle depressioni.

Per parte mia posso affermare che la mia lotta contro la psicosi rassomiglia ad un apprendistato. Debbo faticosamente imparare da adulto quel che non avevo appreso prima. Non uscir fuori dei gangheri quando mi si provoca, conservare un aspetto sereno quando mi si infligge un’ingiustizia, e molto altro.

Se dovessi riassumere in poche frasi quel che, secondo me, sarebbe conveniente fare per fornire aiuto a  persone sofferenti di una psicosi simile alla mia, mi contenterei di dare i seguenti consigli:

Uno: Non affermare mai che queste malattie sono incurabili. Un miglioramento è sempre possibile.

Due: Utilizzare i medicinali solo in caso di reale necessità, di preferenza per un periodo di tempo limitato. Proibire la somministrazione di neurolettici ai ragazzi, come pure la somministrazione forzata a chicchessia di queste medicine. Se un paziente dichiara di non sopportare il medicinale, non tentare mai di “volerlo rendere felice suo malgrado”

Terzo: Cercare, prima di ogni altra cosa, di valorizzare il paziente, di aiutarlo a porsi degli scopi per lui convenienti; poi aiutarlo a conseguirli.

Quarto: Tenere bene in mente che le psicosi spesso non sono nient’altro che l’espressione di una sensibilità più acuta del solito, che il malato deve semplicemente imparare a costruire le sue difese. Cercare di aiutarlo a farlo.

Quinto: Se il paziente ha un comportamento che disturba le persone del suo ambiente, fargli capire che è sempre un individuo che deve assumersi le sue responsabilità. Frasi come “non ne ha colpa, è malato” dovrebbero essere proibite.

Sesto: Ricordare sempre al paziente che i terapeuti sono sottoposti al segreto professionale. I pazienti ragazzi debbono sapere che il terapeuta non rappresenta né l’autorità paterna, né l’autorità dell’insegnante, che possono confidarsi con lui, per es. se sono maltrattati – sessualmente o in altro modo. E, se tale è il caso, agire conseguentemente.

Settimo: Rimanere sempre coscienti che uscire dalla psicosi richiede un apprendistato. Lo psicotico si è costruita una personalità che non è in linea con le norme della società che lo circonda, deve costruirsene una nuova. E’ un compito di lungo respiro, spesso arduo; ma mai impossibile.

Ottavo: Tener presente che il mondo in cui viviamo è in parte malato. Che i disturbi psichici di un individuo sono spesso solo il riflesso dei problemi della nostra epoca.

Mettendo in fila queste miei suggerimenti, ho l’impressione di star forzando una porta aperta. Però la psichiatria moderna sta andando in una direzione completamente opposta.

Ai genitori di ragazzi considerati “psicotici”, a cui si tenta di far credere che i loro rampolli sono irrecuperabili, riassumerò i miei consigli in uno solo: “Non credete mai ad un medico che tenta di farvi credere che una psicosi è inguaribile. Cercate altre soluzioni.”

Se un solo fanciullo potesse, in conseguenza che i suoi genitori hanno letto queste note, sfuggire all’ingranaggio psichiatrico, questo libro non sarà stato scritto invano.

Schizo Anonyme