NO!PAZZIA alternative non psichiatriche

L'HOTEL MAGNUS STENBOCK - una ben consolidata esperienza svedese di alternativa non psichiatrica
Si descrive un'importante esperienza tuttora in corso, un albergo pubblico in parte gestito da ex utenti ed utenti psichiatrici, parzialmente finanziato dal sistema pubblico, con molti ospiti ex utenti e utenti del sistema svedese di Salute Mentale, ma del tutto liberi e volontari, con pressoché nulli obblighi e controlli psichiatrici, … ,almeno nei primi dieci anni, ..

[Estratto da "Alternatives beyond psychiatry" di P.Stansly e P. Lehmann e …. libro recensito ad es. in www.nopazzia.it/PLehmann/alternative_oltre.html - Maths Jesperson, autore del resoconto, è un ex-utente, noto attivista antipsichiatrico. Traduzione di Rosanna Zamponi ]


Maths Jesperson

 

Albergo Magnus Stenbock

 

Una casa gestita dall'utente a Helsingborg, Svezia

 

Dal 1995 al 2004 l'albergo Magnus Stenbock è stato uno dei progetti gestiti dagli utenti più innovativi al mondo e l'unico nel suo genere in Europa. Numerosi articoli in varie lingue sono stati scritti su di esso (per esempio Fleischmann & Brown, 1999b; Jesperson, 1998). Nel 1999 è stato prodotto un video su questo albergo (Fleischmann & Brown, 1999a). E nel 2002 in un dibattito alla Camera dei Comuni il dottor Fox, membro del Parlamento britannico nel partito conservatore, ha usato l'albergo come esempio di modello positivo di vita comunitaria:

"Gli onorevoli membri possono essere a conoscenza di esempi come l'albergo Magnus Stenbock, ad Helsingborg, famoso nei circoli di salute mentale. Si tratta di un buon esempio di ciò che potrebbe essere definita una casa a metà strada per coloro che si spostano tra un ambiente istituzionalizzato e la comunità. Dispone di 21 camere singole ed offre un equilibrio tra ambito privato e spazio sociale. Non offre solo una struttura e un alloggio per le fasi di crisi, ma un luogo sicuro e sviluppa un senso di comunità e di accettazione. E' gestito dalla RSMH, un'organizzazione multimilionaria per l'assistenza sanitaria nell'ambito della salute mentale che sostiene e sovvenziona modelli assistenziali di auto-aiuto in tutta la Svezia" (parlamento del Regno Unito, 2002).

Nel 2004 i servizi sociali locali assunsero il controllo della struttura. Ciò non fu dovuto a critiche sul modo in cui l'organizzazione degli utenti RSMH (associazione nazionale per la salute sociale e mentale) lo aveva gestito ma ebbe a che fare con alcune regole complicate dell'Unione Europea relative alle imprese. I politici stanno riflettendo se restituirla alla RSMH.

L'albergo sembra in gran parte ancora lo stesso di quando era gestito dall'RSMH. Lavorano lì le stesse persone con le stesse routine quotidiane. Ma sono accaduti alcuni cambiamenti fondamentali nella sua struttura sociale. Dal momento che è gestito dalle istituzioni ha cessato di essere un progetto di auto-aiuto, la qual cosa significa che si è persa la gestione democratica e che gli ospiti non sono più "azionisti". Sono scomparsi anche i volontari e le visite giornaliere da parte di altri membri dell'RSMH - e con loro la vivace rete sociale che era così importante per offrire nuovi contatti agli ospiti.

Gli anni d'oro dell'albergo Magnus Stenbock

Quali erano i principi che guidavano il progetto? Qual era la visione? Come funzionava in pratica? Quale fu il risultato?

Il principio fondamentale dell'albergo era che vivere lì non doveva essere visto come parte di un qualsivoglia processo di riabilitazione o qualcosa di simile. Vivere nell'albergo rappresentava soltanto un'alternativa tra le altre. Si dovrebbe essere capaci di scegliere questo modo di vivere senza essere costretti a iscriversi contemporaneamente a un programma completo di trattamento e riabilitazione. L'albergo era soltanto un luogo dove vivere, tutto il resto spettava alle persone stesse.

Il modello ufficiale è che la gente dovrebbe trasferirsi dall'albergo, che un appartamento proprio rappresenta il gradino più alto al quale aspirare. Per molte persone avere un appartamento proprio non è l'idea migliore. Specialmente se sono uomini ultrasessantenni che vivono da single; se gli viene dato un appartamento nei sobborghi, tendono a non cucinare. Le persone in queste situazioni potrebbero non trarre beneficio da un appartamento. Forse per loro è meglio avere un posto dove possono avere rapporti sociali.

Nell'albergo non veniva fatta pressione sulle persone ad andarsene. Ciò rappresentava un sollievo per molti ospiti poiché essi in altri luoghi, dopo un po' di tempo, erano sottoposti allo stress del "progredire verso il passo successivo del programma di riabilitazione". In un articolo sull'albergo nel "BMA News" - la rivista della British Medical Association - il giornalista Neil Hallows ha riassunto questo principio in poche, incisive parole: "Possono fare il check in ma non sono obbligati a fare il check out" (2004).

Alcune persone restarono nell'albergo soltanto per un paio di settimane, mentre sistemavano alcuni problemi, ma molte restarono nell'albergo per parecchi anni. Alcuni uomini anziani si trasferirono nell'albergo e restarono lì fino al giorno in cui morirono.

L'albergo era aperto a tutti. Molti venivano direttamente da istituzioni psichiatriche. Altri erano persone senza casa che venivano da una vita sulla strada o dai dormitori. Alcuni provenivano dalle prigioni dove avevano passato molti anni. Ma non era necessario avere un passato nell'ambito psichiatrico o nei servizi sociali o in prigione per avere una camera nell'albergo.

Per esempio un uomo di 87 anni, senza problemi psichiatrici o sociali, si trasferì nell'albergo dopo che un'operazione alle gambe non gli permise più di salire le scale del suo vecchio appartamento. Odiava l'idea di trasferirsi in una casa di riposo. Preferiva vivere con persone più giovani nell'albergo e diceva: "So che sono matti, ma non m'importa". Visse nell'albergo tre anni e festeggiò lì il suo novantesimo compleanno, prima di morire.

Nell'albergo ci davamo da fare per mantenere un equilibrio tra giovani ed anziani e tra uomini e donne. Non volevamo che avesse l'odore di un dormitorio per scapoli anziani che spesso luoghi come questo hanno. Le donne e i giovani avevano la precedenza nella fila.

All'inizio avemmo grossi problemi con persone dipendenti da droghe (illegali) pesanti. Alcuni usavano la loro stanza per spacciare droghe, altri per prostituirsi. Alcuni di questi drogati ed i loro clienti erano piuttosto pericolosi e a volte minacciavano altre persone nell'albergo con i coltelli. Risolvemmo il problema chiedendo ai nuovi ospiti il permesso di controllare se avessero pesanti problemi di droga prima di dare loro una camera.

Dopo un grande incendio, che demolì quasi l'intero albergo e che avrebbe potuto causare morti tra gli ospiti, dovemmo chiedere anche il permesso di controllare se i nuovi ospiti avessero alle spalle una storia di piromania prima di dar loro una stanza. Colui che incendiò l'albergo aveva fatto lo stesso in altre case alloggio ma nessuno ci aveva informato di questo (più tardi quell'uomo si suicidò).

I problemi con la forte dipendenza da droga o con gli incendi dolosi erano i soli che verificavamo con le autorità prima di dare una stanza a un nuovo arrivato - e lo facevamo solo con il loro consenso. D'altra parte noi consegnavamo la stanza solo quando ci era stato dato il consenso.

Non avemmo mai nessun problema di tipo psichiatrico. Effettivamente il dirigente psichiatrico pensava che l'albergo Magnus Stenbock fosse davvero un bel posto. Poiché l'albergo era soltanto un luogo per vivere e non parte di un qualsiasi programma di trattamento o di riabilitazione, non esprimevamo nessuna opinione sul tipo di cura o di assistenza che gli ospiti avrebbero dovuto o potuto avere. Erano affari loro.

Alcuni assumevano psicofarmaci, altri no. Alcuni erano ancora pazienti psichiatrici mentre altri erano completamente fuori dalla psichiatria. Ovviamente noi davamo supporto alle persone che tentavano di uscire fuori dal sistema psichiatrico e di vivere una vita senza nessun intervento di nessuna istituzione.

Un albergo è un luogo speciale in cui vivere. Offre una vita privata ed anonima e, nello stesso tempo, un tipo di vita collettivo e sociale. Tutti gli ospiti potevano scegliere da soli se vivere come reclusi o socializzare con gli altri ospiti nell'albergo. Nessuno veniva forzato a socializzare. Alcuni degli ospiti vivevano completamente per conto proprio e li vedevamo solo saltuariamente, quando lasciavano la loro stanza per uscire.

 

Vivere in un albergo

Vivere in un albergo è in effetti una vecchia tradizione che ora è quasi dimenticata. In anni recenti come gli anni '50 c'erano molto persone che vivevano in albergo per tutto l'anno, specialmente in grandi città come Parigi e New York. In generale un albergo ha il vantaggio di essere nel centro della città dove tutto accade e dove si hanno tutti i tipi di servizi proprio all'angolo. Le persone che vivevano all'albergo Magnus Stenbock erano a soli 10 iarde da una banca e dai negozi più vicini e soltanto a 50 iarde dalla stazione centrale e dai battelli per la Danimarca e la spiaggia era a sole 100 iarde di distanza. E proprio nelle immediate vicinanze si svolgevano spesso festival o concerti all'aperto.

Le persone con problemi mentali spesso hanno problemi con i vicini quando vivono in aree residenziali situate nelle periferie della città. Vivere in un albergo in centro non causa questi problemi perché la gente che vive o che ha un negozio nel centro della città accetta anche il rumore e la confusione provenienti dai pub e dai locali notturni; in confronto, gli ospiti dell'albergo pongono pochissimi problemi.

Come già menzionato, l'albergo era palesemente un luogo dove vivere piuttosto che dove subire trattamenti. Non vi aleggiava nessun senso d'autorità come invece nelle case gestite dalle istituzioni locali. Non c'era nessun controllo. Come paziente psichiatrico devi stare molto attento a cosa dici e fai perché tutto può finire nei tuoi registri e potrebbe avere conseguenze per te. I pazienti tendono a imparare cosa dire e cosa non dire - sanno che cosa si aspetta il dottore. Recitano un ruolo. Una volta che le persone sono cristallizzate nel ruolo di pazienti tendono a portarlo avanti. Questa è la ragione per cui nell'albergo Magnus Stenbock la filosofia era di non creare distanza tra clienti e personale, aiutati dal fatto che molte persone che vivevano nell'albergo vi lavorano anche a vario titolo.

L'albergo aveva solo due dipendenti fissi. Lavoravano dal lunedì al venerdì nei normali orari di lavoro ma potevano essere chiamati nel caso gli ospiti avessero un problema che richiedeva immediata soluzione.

Ciò accadde molto di rado perché per lo più gli ospiti risolvevano i problemi da soli, incluso chiamare un'ambulanza quando qualcuno nell'albergo era ferito. Avevamo deciso per due dipendenti senza addestramento nel campo psichiatrico o sociale perché non volevamo avere alcun "professionista". I due dipendenti erano invece artigiani, fatto davvero ottimo, perché c'erano sempre un mucchio di cose da riparare nell'albergo.

Oltre ai due dipendenti vi lavoravano due ospiti dell'albergo, pagati dai servizi sociali come parte del programma per "posti di lavoro protetti". Uno di loro lavorava alla reception. Inoltre anche alcuni membri del nostro gruppo locale di utenti lavoravano come volontari nell'albergo.

Era molto importante che degli ospiti lavorassero nell'albergo perché volevamo contrastare la solita divisione tra "noi" e "loro". Nell'albergo i dipendenti e gli ospiti non erano due gruppi contrapposti perché una persona poteva appartenere ad entrambi. La linea di divisione non era molto chiara. Questo approccio non divisivo era importante perché era un modo per rompere il ruolo consolidato di paziente, come precedentemente accennato.

 

Un albergo come progetto di auto-aiuto

L'albergo era un progetto di auto-aiuto. Tutti gli ospiti potevano diventare membri del nostro gruppo locale di utenti, lo RSMH-Helsingborg, che gestiva l'albergo. Avevano un'influenza diretta su cose come la politica e le regole dell'albergo, così come sulle sue finanze ed istruzioni per i dipendenti. Molti degli altri membri del gruppo locale di utenti erano ex-ospiti nell'albergo, cosa che significava che nel gruppo di utenti c'era una approfondita conoscenza dell'albergo.

Nell'incontro annuale dell'RSMH-Helsingborg veniva eletto il suo consiglio. Come suoi membri gli ospiti della struttura prendevano parte alla votazione. Alcuni divennero membri del consiglio e, in questa posizione, essi erano in realtà i dipendenti dei dipendenti dell'albergo dove vivevano. Il presidente stesso dell'RSMH-Helsingborg visse nell'albergo (e ci vive ancora) ed era l'uomo che aveva la massima responsabilità per tutto ciò che riguardava l'albergo. Tutto questo significa che l'albergo era davvero gestito dagli utenti/ospiti stessi.

L'albergo Magnus Stenbock, dal nome di un generale del 18° secolo, fu costruito nel 1898 e venne completamente ristrutturato nel 1995 e classificato come un tre stelle. Ha cinque piani, una cantina e un proprio cortile; questo contribuì a ridurre i problemi con i vicini. Avevamo preso l'intero albergo con tutti i suoi arredi. Questo ci permise di offrire ai nostri membri, e ad altre persone senza fissa dimora, camere singole con accessori standard completi: WC/doccia in ogni camera, letto con lenzuola, scrittoio, sedie, specchio, lampade, asciugacapelli, asciugamani, sveglia/radio, TV con canali via cavo, telefono, ecc.

Completammo le camere con frigoriferi e macchinette del caffè. Se le persone volevano invece arredare la stanza con i propri mobili, potevamo togliere l'arredamento da albergo.

All'inizio avevamo 18 camere singole. Queste camere erano nei tre piani alti. Vennero integrate con due camere singole al piano terra che vennero usate per le crisi psichiatriche o per i visitatori che volevano solo pernottare. A causa della forte pressione da parte di persone che volevano vivere nell'albergo, trasformammo poi le due camere singole in modo che anch'esse potessero accogliere ospiti a lungo termine. Trasformammo anche qualche altra stanza in camera d'albergo, il che significò che negli anni successivi avemmo 22 camere singole.

Nei primi anni avemmo anche il nostro progetto PO ("personal ombudsman " o "agente personale" - vedi il mio altro contributo in questo libro) che si trovava in una stanza all'ultimo piano dell'albergo. Il PO funzionava come una sorta di "barefoot-lawyer" (avvocato volontario) o difensore dei nostri membri e di terzi.

I due piani nella parte inferiore dell'albergo venivano utilizzati per le attività quotidiane, non solo per gli ospiti ma anche per altri membri del gruppo utenti e per i visitatori. Precedentemente il primo piano era occupato da camere singole ma buttammo giù alcune pareti per ottenere camere più grandi per le attività sociali. La RSMH-Helsingborg usava questo piano come appartamento dell'associazione dove si poteva stare insieme con altri membri e con gli ospiti dell'albergo, parlare, fumare, guardare la TV, giocare a biliardo, a freccette o a carte, prendere in prestito un libro dalla biblioteca, ascoltare musica, ecc . Avevamo lì anche una piccola caffetteria. A volte organizzavamo feste, serate culturali o di ballo, conferenze, laboratori di pittura, mostre d'arte e così via. E il nostro gruppo teatrale - guidato da un direttore del teatro comunale - faceva le sue prove lì. Al piano terra, di fronte alla reception e la zona ufficio, gestivamo un piccolo ristorante. Al piano interrato c'erano una lavanderia e uno studio di registrazione.

Questo luogo d'incontro sociale e centro di attività fu una parte importante della nostra idea fin dall'inizio perché non volevamo offrire solo camere per abitare; volevamo sviluppare possibilità di amicizia e di reti private al di fuori delle istituzioni psichiatriche e sociali. Questo fu importante perché alcune persone avevano avuto pochissimi contatti al di fuori dell'istituzione - la qual cosa fu il motivo principale per cui alcune persone, sentendosi sole, ritornarono all'interno delle istituzioni.

Economicamente, nel corso dei primi tre anni, l'albergo venne finanziato con speciali fondi-progetto dal Consiglio Nazionale per il Benessere sociale (National Social Welfare Board) di Stoccolma e più tardi con borse di studio da parte della comunità locale. Un terzo dei costi venne finanziato così mentre i restanti due terzi furono finanziati dai canoni di locazione pagati dagli ospiti per le camere.

Come fu possibile convincere le istituzioni locali a finanziare un progetto grande come l'albergo Magnus Stenbock? L'argomento decisivo per i politici fu quando scoprirono che questo non era un progetto per il quale avrebbero dovuto spendere un sacco di soldi. Al contrario, essi stavano risparmiando denaro, perché per le stesse persone le istituzioni locali avrebbero dovuto pagare quasi 10 volte di più, se queste persone fossero state in un istituto psichiatrico o inviate ad una casa di cura privata. Come allora recitò un titolo di giornale: "L'albergo Magnus Stenbock è un bell'affare per la città".

Ciò che rendeva diverso l'albergo Magnus Stenbock non erano solo la sua struttura, la sua organizzazione o la sua gestione ma il processo sociale che era in corso al suo interno. L'albergo non significava solo abitare o offrire un alloggio alle persone senza casa. Si trattava piuttosto di sviluppare una vera e propria comunità per quelle persone che, per vari motivi, erano ai bordi e che trovavano molto difficile costruire e mantenere rapporti con le altre persone.



Traduzione di Rosanna Zamponi rosanna.z@email.it

per www.nopazzia.it

Per altre esperienze fondamentali alternative alle consuete psichiatriche vedi anche www.nopazzia.it/4alternative.html

Jesi 20 dic 2014

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