Come Difendersi Dalla Psichiatria

Manuale di difesa dalla psichiatria, a cura dei partecipanti al Forum NO!PAZZIA.

Aperto ai contributi.

(costruito dal settembre 2008 ad aprile 2009 .. , lavoro incompleto per cessazione Forum nell' aprile 2009)

(versione file unico; per brani singoli vai a manuale.html )

INDICE

A Chi È Rivolto Questo Manuale di Difesa?

Questo manuale di difesa dalla psichiatria è pensato per le persone che si trovano impigliate nelle maglie della psichiatria e vogliono riuscire a liberarsi, o che rischiano di finirvi e vogliono evitarlo. Parimenti, è rivolto a chi si ritrova con un famigliare o un amico rinchiuso in psichiatria e vorrebbe capire cosa gli stiano realmente facendo e come poterlo aiutare.

Scopo del presente manuale è aiutare la persona a comprendere la situazione in cui realmente si trova, colmando con informazioni veritiere e utili il divario tra le menzogne rifilate dagli operatori della salute mentale in nome della «cura» e la realtà delle prassi quotidiane cui è sottoposto chi si trova in psichiatria.

Come sarà possibile appurare leggendo questo manuale, la menzogna e le prassi lesive dell'individuo e dei suoi diritti sono la norma in psichiatria e non l'eccezione.

Studiando il manuale, la persona internata potrà rendersi conto di quali suoi diritti vengono violati e agire di conseguenza. La posizione di chi è rinchiuso in psichiatria a seguito di diagnosi è molto debole: difficilmente sarà in grado di difendersi senza il supporto di qualcuno esterno (un amico, un famigliare).

Parenti e amici della persona internata potranno usare questo manuale come metro di misura della situazione e pianificare un intervento. A tal proposito va ricordato che è possibile che la persona internata si trovi in stato di forte sedazione e/o afflizione, e che esperisca difficoltà a impegnarsi attivamente per rivendicare i propri diritti. Gli psicofarmaci hanno un effetto devastante su chi li assume e alla sedazione si accompagnano soventemente stati di rasegnazione, scarsa concentrazione e apatia. Cionostante, andando a trovare l'amico/famigliare ricoverato, sarà possibile tenere gli occhi aperti e capire quali tipi di violazione dei diritti hanno luogo nella struttura. Altresì, se ha leggere questo manuale è un familiare/amico della persona, potrà essere lei stessa a porre le domande opportune al fine di capire cosa stia accadendo.

In ogni caso, se le lamentele nei confronti dell'istituto di ricovero vengono mosse da una persona altra che il degente i rischi di ritorsione sono minori e le garanzie di tutela sono maggiori.

Cap 1 - Le Prassi del Sopruso -

Questa sezione del manuale tratta le prassi che vengono normalmente praticate negli istituti psichiatrici, spesso violando i diritti dell'individuo.

La maggior parte di queste prassi — dall'imposziione farmacologica all'impedimento a vedere o contattare amici e famigliari, così come il sequestro di sigarette e altri effetti personali — vengono presentate come «parte del regolamento» interno dell'istituto, al fine di tutelare le persone residenti nella struttura.

Le Perquisizioni

Le perquisizioni fisiche della persona internata e del suo armadietto sono un prassi consolidata negli istituti psichiatrici (sia statali che privati).

Le perquisizioni sono azioni di ispezione che possono essere effettuate dalla Polizia Giudiziaria su mandato emesso dal PM.

Laddove vi siano ragioni di urgenza le autorità procedenti (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Municipale e Polizia Penitenziaria) possono effettuare perquisizioni personali o su oggetti (borse, borsette, marsupi ecc.) senza autorizzazione del PM che in ogni caso deve convalidare il sequestro, che è l'esito della perquisizione; l'agente che esegue la perquisizione che poi esita in un sequestro deve redigere verbale delle operazioni svolte e degli oggetti sequestrati.

Per fare due esempi pratici: io sto entrando allo stadio e il poliziotto che perquisisce i tifosi mi sequestra un accendino; ebbene deve redigere il verbale di sequestro e rilasciarmene copia. Io posso oppormi alla perquisizione e lui dovrà chiedere il permesso al PM per procedere e, se non redige il verbale e se non manda gli atti al PM per la convalida, lo posso denunciare per furto e omissione di atti d'ufficio.

Secondo esempio: mi ferma una pattuglia per strada e mi chiede di aprire il bagagliaio: io posso oppormi e loro dovranno ottenere l'autorizzazione del PM per ordinarmi di aprire il baule.

Se la perquisizione finisce in sequestro devono seguire la trafila di cui sopra.

Il personale medico-sanitario e socio-assistenziale non può assolutamente perquisire le persone e nemmeno le stanze; solo laddove il soggetto si trovi in custodia cautelare o stia scontando una condanna presso qualche struttura protetta deve sottostare alla perquisizione così come prevista dall'ordinamento penitenziario (anche in questo caso vi dovrà essere la consegna del verbale ecc. ecc.).

Nessun privato o soggetto diverso dalla Polizia Giudiziaria può procedere a perquisizioni sulla persona o sulle cose: se lo fa viola un diritto costituzionalmente protetto.

Questa illustrazione risponde anche alla terza questione relativa al sequestro di oggetti: è una prassi che viola i diritti costituzionali della persona.

Restrizione dei Legami Affettivi

È prassi consolidata, nelle strutture psichiatriche, limitare o proibire i legami affettivi impedendo all'internato di contattare telefonicamente i propri famigliari amici, impedendogli di vederli o limitando secondo «piani terapeutici» i contatti con essi.

Prendendo spunto dalla Legge sul TSO, la quale prevede che la persona ricoverata coattivamente possa e debba vedere chi vuole e quando vuole, ogni restrizione delle visite è illegittima e assunta in violazione di leggi e, se non bastasse, della Costituzione.

Ovviamente i dirigenti la struttura possono emettere regolamenti circa l'orario delle visite, ma nulla di più.

Sempre ovviamente i regolamenti non possono essere ad personam ma emanati per tutti gli ospiti della struttura con parità di diritti per tutti.

Trafila psichiatrica 1-in breve

Trafila psichiatrica 1-in breve

Chi ha la sventura di cadere una prima volta volontario o per forza nelle maglie della psichiatria statale, seguirà/subirà da quel momento in poi una lunga trafila di succedersi di ricoveri in reparti psichiatrici, alternati a ritorni più o meno lunghi a casa con raccomandate/ imposte cure farmacologiche; poi saranno possibili ricoveri in 'comunità terapeutiche'; alcuni andranno a vivere in case-famiglia; ci saranno frequentemente nuovi ricoveri in reparti psichiatrici ospedalieri; potranno esserci ricoveri anche lunghi in cliniche private o semiprivate o convenzionate, .. ,

trafila quasi sempre lunga tutta la vita,

e per tutto il tempo gli psicofarmaci e gli psichiatri accompagneranno di fatto lo sventurato, nella grande maggioranza dei casi fino alla morte,

e di solito la morte avverrà pematuramente, prima della media dei 'normali' non-psichiatrizzati, a causa dei forti danni medici procuratici dalle 'cure'.

Molti risulteranno così tanto fisicamente e mentalmente debilitati dalle 'cure' da non provare nemmeno a sganciarsi da questa trafila,
alcuni tenteranno di ribellarsi ma in maniera esaperata e spesso disinformati dell'effetto di assuefazione prodotto dai farmaci mostreranno facilmente "comportamenti scomposti o pericolosi", saranno perciò giudicati avere una "ricaduta" e riportati per amore o per forza al reparto psichiatrico.

Dato anche che gli psichiatri sono i soli giuridicamente competenti a convalidare richieste di pensione d'invalidità per 'malattia mentale', di sovvenzioni, di raccomandazioni per ricoveri in case-famiglia, .. , quella psichiatrica è una morsa anche economica. Perciò senz'altro gran parte dei familiari ma anche molti 'pazienti' si assoggettano supini alle decisioni dello psichiatra, visto anche elargitore di sovvenzioni/pensione/...

Non risulta che il 99,9% degli psichiatri abbia mai guarito nessuno, solo tutti risultiamo attutiti e debilitati dalle attuali cure, e perciò zitti e demoralizzati sembriamo alla gente come 'curati' senza esserlo affatto. E non ci sono nemmeno minime prove concrete che ci siano danni al cervello in corrispondenza alle 'diagnosi' psichiatriche.

La sostanza del fenomenio dell'impazzire della pazzia non è affatto compreso dagli psichiatri, che si accontentano di un facile assopimento artificiale della nostra ribellione con droghe chimiche.

Purtoppo persiste nella società attuale una immagine negativa della 'pazzia'. Nella cultura generale colta ma anche popolare da secoli esiste è concreto è possibile che qualcuno possa 'impazzire'. Impazzimento e pazzia quale fenomeno di uscir parecchio "fuori dalle righe" fuori dal comportamento e dalle convinzioni solite note. E con carattere di imprevidibilità inaffidabilità pericolosità. Da ragazzini si impara a riconoscere un noto 'pazzo' in giro.
La società tutta quindi teme e si guarda da sopettati 'pazzi'. Secondo chi scrive a torto nella maggior parte dei casi. Ma si innesca anche un meccanismo sociale di "capro espiatorio", cioè convenienza culturale e sociale - e di molti politici - ad avere qualcuno da colpevolizzare.
Nella società contemporanea si tenta di esorcizzare il timore e la paura del 'pazzo' cambiando i nomi: non 'pazzia' ma 'malattia mentale', intendendo del cervello, e delegare il 'problema dei pazzi' ad un apposito medico specializzato: lo psichiatra. Ora quindi e benvolentieri la cultura i familiari le leggi danno la delega di competenza alla psichiatria, nonostante
1) il cervello risulti senza danni nelle più gravi diagnosi psichiatriche
2) che tranne rare eccezioni presto soffocate (in italia Basaglia) mai nessun psichiatra ci ha compreso ancor meno guarito.

Dato 1) sarebbe più logico dare la competenza a psicologi; ma oramai la psichiatria ha preso l'osso e non lo molla, anche perché si è specializzata a fare da carceriere - sia fisicamente che con droghe dette psicofarmaci -, e questo risulta molto utile ai 'benpensanti' al potere politico a molti familiari allo stato.

La psichiatria forte della delega senza riserve può ora accrescere ampiamente il suo dominio professionale anche a casi che non erano considerati 'pazzia' quali figliol prodighi, figlie ribelli, ragazzini insofferenti della disciplina scolastica. E ora ampiamente e molto lucrosamente per gli psichiatri chi si trova in una situazione di vita insoddisfacente, non è che si trovi in una situazione di vita insoddisfacente e debba cercare di trovare un'altra situazione, ma è "malato mentale depresso" abbisognoso di cure farmaceutiche .. .

La domanda da fare sempre allo psichiatra (magari registrando con un registratore nascosto) è sempre: QUANTI NE HA GUARITI LEI DI PAZIENTI ? E QUANTI SENZA PIU' FARMACI ?

(segue 2-SPDC TSO TSV)

Trafila psichiatrica 2-SPDC diagnosi psichiatrica Tso Tsv

SPDC - Diagnosi Psichiatrica - Tso Tsv

strutture psichiatriche territoriali
Se tu personalmente o altri decidono che hai bisogno di assistenza medica per "problemi psicologici gravi" e ti rivolgi al tuo medico parsonale o ad altri, tutti ti invieranno al Centro di Salute Mentale (*) territoriale competente (CSM) oppure, se ti giudicano 'grave', al reparto psichiatrico ospedaliero (SPDC).

In Italia anno 2008 da oltre venti anni il 'Servizio di Salute Mentale' statale (*) avviene appunto essenzialmente con tali due strutture:

a)-SPDC - Nel reparto psichiatrico ospedaliero (SPDC) ed è Trattamento Sanitario Volontario (Tsv) od Obbligatorio (Tso), ci si va o ti ci portano per forza per situazioni casi 'gravi'; dura alcune settimane ed è soltanto somministrazione di farmaci sedanti ed attutenti ad alte dosi, per amore (Tsv) o per forza (Tso).

b)-DSM/CSM - Più leggero e in teoria di libera frequentazione è il "Servizio Psichiatrico Territoriale", organizzato in Distretti di Salute Mentale (DSM), Centri di Salute Mentale (CSM) e Centri Diurni con anche Case-Famiglia Comunità Terapeutiche .. . Si è iscritti presi in carico burocraticamente a tali Servizi Territoriali in ogni caso appena usciti dall'SPDC. L'assistenza dei Servizi Territoriali di fatto dura durerà molti anni anche decenni. In realtà è molto poco assistenza ma decisamente un controllo continuo, con uno psichiatra sempre addosso che di fatto sempre convince costringe obbliga a farmici.

I farmaci in entrambe le strutture non sono mai curanti, ma solo sedanti (cioè calmanti fortissimi) od attutenti i sintomi; con forti e dannosi "effetti collaterali"; provocano debilitazione generale fisica e psicologica; ma questo risultato essenziale dei loro farmaci gli psichiatri lo minimalizzano al massimo. In corrispondenza alle 'diagnosi' psichiatriche il cervello risulta sano e senza difetti - PRIMA DELLE CURE - ma questo gli psichiatri non lo chiariscono anzi mentono; come sottacciono e mentono che possano verificarsi difetti e danni al cervello e a tutto il corpo IN CONSEGUENZA, A CAUSA, delle loro 'cure', e che nella maggior parte dei 'curati' effettivamante tali danni accadono.

a)-"repartino" ospedaliero SPDC (Tso/Tsv)
Qui ora descriviamo il ricovero nel reparto psichiatrico ospedaliero, denominato "Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura" (SPDC), popolarmente "repartino".

Ci si va per una situazione di 'problemi mentali' gravi popolarmente chiamate situazioni di 'fuori di testa' gravi, che secondo gli psichiatri sono dovute a "malattia mentale" grave e necessitadi una pronta 'diagnosi' e di un adeguato trattamento farmacologico di emergenza in ospedale.

La situazione 'grave' vista da fuori, cioè da familiari ed amici, è nel linguaggio popolare detta che stai 'sragionando' stai 'smaniando' 'stai facendo o stai per fare o pretendi cose molto sbagliate''stai delirando' ... (o l'una o l'altra o alcune insieme; tuttavia è un fatto che tali situazioni evenienze accadino e i familiari e gli amici ne sono sconcertati e spaventati).

Guardando da dentro, cioè secondo te, tu riterrai in alcuni casi di avere gravi problemi personali, insonnia, ... Invece se al ricovero ti ci costringono probabilmente riterrai che questo tuo ricovero è un completo arbitrio una svista madornale un madornale errore, riterrai di star benissimo, anzi di aver scoperto cose importanti, di essere sicuramente una persona importante, con un destino importante .. . Molte persone 'normali' - vedi i convinti di essere grandi politici, grandi religiosi, grandi manager .. hanno le stesse convinzioni grandiose, però hanno la situazione e la fortuna di poter arrivare vicino a tali grandiosità (o riuscir a far credere) .. .

Vista dallo psichiatra la stessa situazione di 'emergenza per fuori di testa' non è sostanzialmente dissimile da quella dei familiari, il giudizio/ diagnosi psichiatrica è infatti essenzialmente basato/a solo sulle opinioni e convinzioni raccontate dal 'paziente' e dai familiari, non su dati medici obbiettivi misurabili.

La differenza dei punti di vista, il ritenere ognuno che il mondo giri come lo vede lui, e comportarsi di conseguenza condannando e tenendo lontano od emarginando chi non la vede come lui, è non solo la causa principale di tutte le umane divergenze, ma nel caso del sospetto e del giudizio di 'malattia mentale' è proprio la causa base. E' la differenza dei punti di vista la causa base di quella esclusione marginalizzazione estrema dei ritenuti giudicati sospettati 'malati mentali' o 'pazzi'.
E il contrabbandare gli psichiatri la 'diagnosi' psichiatrica per autentica diagnosi medica di vera malattia riscontrata nel cervello - il che non risulta - contribuisce agli equivoci, alla marginalizzazione.

Comunque al SPDC di fatto ci si va
-- o volontario con i tuoi piedi (raro da ingenuo),
-- o ti ci convincono i familiari (la regola),
-- oppure ti ci portano con la forza guardie comunali o polizia insieme agli infermieri psichiatrici (frequente).

Il trattamento che ti faranno all'SPDC se volontario (Trattamento Sanitario Volontario - Tsv) o per forza (Trattamento Sanitario Obbligatorio - Tso) è esclusivamente farmacologico di fatto identico per Tsv o Tso, tranne la legatura al letto iniziale se rifiuti i farmaci cioè se Tso. In ogni caso gli psichiatri ti faranno forti pressioni per firmare come volontario cioè Tsv (vedi poi perché).

diagnosi psichiatrica
Appena giunto al Reparto SPDC (popolarmente chiamato 'repartino'), Tso o Tsv che sia ripetiamo c'è poca differenza, prontamente dopo una brevissima 'visita' psichiatrica ti riempiono con una prima dose massiccia di farmaci sedanti ed attutenti. Legandoti al letto da qualche ora o anche per giorni se sei recalcitrante. Poi dopo i primi giorni di forte sedazione riducono un po' i farmaci. E nel frattempo con calma, ancora tu rincoglionito dalla sedazione farmacologica gli psichiatri ti faranno una 'visita psichiatrica' più completa. La 'visita' psichiatrica consiste che interrogano e riinterrogano, fanno analisi di laboratorio, formulano una 'diagnosi psichiatrica'.

La diagnosi psichiatrica è ben presto emessa dunque!

FAI MOLTA ATTENZIONE: le eventuali analisi sangue urine encefalogramma elettrocardiogramma .. non servono per la diagnosi psichiatrica, servono solo a vedere se hai altri difetti medici (sangue cuore fegato reni tiroide ..) principalmente perché i farmaci psichiatrici che intendono darti sono tutti danneggianti e se c'era già un difetto preesistente in qualche parte del corpo il rischio di danno diventa ancor più grave. Raramente c'è un difetto medico causante il 'fuori di testa' il 'delirio' (ci può essere: in particolare per intossicazione da solventi di vernici, da anestesie, da droghe illegali, .., ma sono casi non frequentissimi). Però molto spesso gli psichiatri fanno credere DEL TUTTO MENTENDO che la loro 'diagnosi psichiatrica' sia basata su tali analisi di laboratorio IL CHE NON E' VERO ! Non ci sono a tuttoggi 2008 analisi di laboratorio medico che rivelino malattie psichiatriche, nemmeno nei laboratori universitari più attrezzati nemmeno in Usa, ..

La diagnosi dunque !

La diagnosi psichiatrica non è basata su analisi di laboratorio ma esclusivamente sulle domande e risposte che ti fanno nel "colloquio con lo psichiatra" subito e poi nei giorni successivi.
Noi antipsichiatri denunciamo il 'colloquio' per la 'diagnosi' psichiatrica come procedimento inquisitorio non-medico, condotto con esclusivamente un interrogatorio, quindi con le stesse modalità con cui l'inquisizione medievale inquisiva i sospetti eretici sospette streghe. Non su prove ma su racconti - ora anche dei familiari - esclusa ora la tortura fisica ma non in qualche nazione. Non scienza moderna ma inquisizione di tipo medievale!
Se racconti che 'senti le voci' sei fregato la diagnosi di schizofrenia è quasi certa. Se racconti che secondo te sei una persona importante, hai un destino importante, sei fregato: la diagnosi di 'mania' è quasi certa. ... [.. vedi brano "diagnosi psichiatriche"]
E' vero che i manuali psichiatrici richiedono, per essere il 'paziente' ben contrassegnato da una loro diagnosi grave, anche una (circa) 'incapacità a convivere con gli altri' 'incapacità a cavarsela da soli', ma chi può essere giudice in proposito ? - non un medico !

Con questa critica non intendiamo dire che non ci sia il 'fuori di testa' 'l'impazzimento', la 'pazzia' talvolta, ma soltanto che la psichiatria non porta attulmente alcuna prova di danno medico, ma CIONOSTANTE FORMULA UNA DIAGNOSI AVENTE VALORE LEGALE MEDICO e in base ad essa APPLICA DELLE CURE UTILIZZANTI MEZZI MEDICI FORTI E DI FATTO MEDICALMENTE DANNEGGIANTI.

Cioè sostanzialmente La diagnosi medica è un abuso perché in realtà è non-medica, e ancor più è un abuso perché in base ad essa si impongono cure mediche danneggianti su non-medicalmente-malato.

Noi 'malati mentali psichiatrici' sotto le mani psichiatriche non 'guariamo' non perché gli psichiatri non hanno ancora cure valide, ma perché in realtà non c'è malattia medica, al massimo è una malattia psicologica o di disadattamento sociale, le 'cure' psichiatriche sono un abuso della medicina con effetto attutente ma danneggiante. Gravemente danneggiante se cure prolungate. Se c'era una possibilità di 'tornare con i piedi per terra' la psichiatria non aumenta tale possibilità ma la diminuisce di molto.

Nel "repartino" Tso - Tsv
Sia che sia TSO che TSV i farmaci del SPDC sono sostanzialmente gli stessi sono antipsicotici (neurolettici) a dose molto alta di solito somministrati tre volte al giorno in coctail insieme ad altri farmaci per aumentarne gli effetti e ridurre effetti collaterali.
Il periodo di ricovero è circa uguale (tipicamente da tre/quattro settimane ma hanno incominciato ad allungare). E' obbligatorio per legge se TSO prendere i farmaci decisi dallo psichiatra; ma anche se sei in TSV sei di fatto obbligato altrimenti minacciano e quasi sempre fanno di cambiare da TSV a TSO. Se reclami aumentano la dose e se TSO ti legano anche al letto.

Nel ricovero in SPDC la furbizia della psichiatria è cercare di convincerti in tutte le maniere a firmare per il ricovero volontario. Loro psichiatri fanno bella figura a non fare TSO ma solo TSV; ma il trattamento ripetiamo è identico tranne forse il non legare; c'è peggiorativo nel TSV il rischio che ti convincano anche a farmaci sperimentali, spesso pericolosi, utili solo alla carriera dello psichiatra. I farmaci sperimentali non possono essere somministrati nel TSO (**).

In ogno caso gli psichiatri insisteranno per farti firmare volontario, perché loro avranno meno pratiche burocratiche e meno controlli. Il Tso per gli psichiatri è un demerito.

sfuggire dal Tso?
USCIRE DAL TSO chiedendo un Tsv:
Tieni presente che se firmi un documento con valore legale (doppia o tripla copia di cui una ad un avvocato) in cui dichiari "Accetto le cure" (e basta, senza porre alcuna limitazione) - quindi chiedi il Tsv - non ti possono in teoria tener chiuso nel reparto SPDC, puoi uscire, con l'obbligo di tornare ad ore determinate per prendere i farmaci. Ma gli psichiatri tenteranno di opporsi invocando la necessità di controllo dell'effetto dei farmaci e delle dosi in reparto .. , solo un avvocato deciso ti potrà far uscire se non subito dopo circa una settimana. (Senza avvocato questo sistema raramente funziona, e talvolta con SPDC rognosi nemmeno un avvocato ce la fa)(E comunque sei obbligato ai farmaci)

RICORRERE CONTRO IL TSO
Puoi ricorrere legalmente contro il Tso presentando ricorso legale entro tre mesi (attuale legge 180/833 del 1978). Di fatto solo se presenti il ricorso tramite un avvocato il ricorso andrà avanti - altrimenti nel oltre 90% dei casi sarà archiviato-. E potrai vincere la causa e chiedere poi danni solo se:
-- l'avvocato troverà e potrà dimostrare gravi difetti nella procedura del Tso (tranne i primi casi decenni fa ora difficilmente l'SPDC fa un ricovero in Tso che non rispetti la procedura legale, .. vedi comunque)
-- oppure se un altro psichiatra rilascia una diagnosi che eri non in una situazione psichiatrica grave nei giorni e nelle ore precedenti il Tso (nessun psichiatra è di solito disposto ad una tale diagnosi)

Se non ci sono una delle due condizioni, difficilmente il ricorso sarà accettato. E di fatto anche se lo fosse raramente - a quanto so mai - in Italia un giudice ha fatto pagare danni consistenti allo psichiatra o all'Usl

Quindi prima di buttarsi a testa bassa in ricorsi personali contro il proprio Tso, si dovrebbe tener presente che di fatto la situazione legale italiana è che lo psichiatra ha uno strapotere e il giudice raramente lo contraddice. Molti che ricorrono o vogliono ricorrere contro il proprio Tso pensano tutte le ore tutti i giorni e tutti i mesi solo a quello, al ricorso. Se ne fanno quasi una malattia, proprio una malattia e rischiano di cadere, molto spesso cadono in nuovi Tso proprio per questo non pensare ad altro.

E' opinione di chi scrive che la battaglia contro il Tso debba essere di gruppo, di associazioni, non personale - a meno che non ci siano fortissimi punti di appoggio, che di solito non cis sono.
Battaglia di gruppo sia contro i singoli Tso (cercando di smascherarne pubblicamente, innescando proteste pubbliche, denunciando parallelamente alla sopraffazione del diritto personale alla libertà anche il non curare del "repartino", che ci sono possibili alternative non-psichiatriche ..
O azioni di gruppo/associazione di più ampio respiro contro la legge vigente e per chiedere il rendere possobili alternative non psichiatriche non farmacologiche non forzate, già sperimentate o da sperimentare.

Tso o Tsv?
Con il Tsv hai meno garanzie legali, con il Tsv gli psichiatri sono meno carogne. La decisione Tsv o Tso dipende dalle tue convinzioni da informazioni se gli psichiatri dell'SPDC siano carogne comunque (allora meglio Tso), se hai un legale che ti tira fuori (allora meglio Tsv).

Con il Tsv corri il rischio che se vuoi smettere i farmaci dopo l'SPDC, lo psichiatra ti minacci e faccia un nuovo ricovero ora in Tso (il che non potrebbe se era Tso anche il primo ricovero, a meno di sopraggiungere di nuovo grave 'fuori di testa'). Lo smettere i farmaci è sempre da noi antipsichiatri consigliato specialmente se non sei ancora assuefatto (poche settimane di farmaci), prima di diventare assuefatto (alcuni mesi), e è legalmente possibile se risulti "calmo e tranquillo".

Cioè se hai scelto Tsv dopo tre quattro cinque settimane che dovresti essere dimesso definitivamente dal SPDC e tornare a casa e passare al servizio territoriale (CSM e Centri Diurni), se appena uscito vuoi smettere i farmaci, ti possono fregare subito con un nuovo Tso, mentre se era Tso e sei uscito e decidi di smettere subito i farmaci e sei calmo non possono fare un nuovo Tso - non due Tso uno di seguito all'altro se in mezzo risulti calmo.

b) Uscito dal reparto ospedaliero passi in carico al servizio sanitario di 'salute mentale'(*) territoriale ( "Distretto di Salute Mentale" DSM; Centro di Salute Mentale CSM ..)(vedi Trafila psichiatrica 3- DSM-CSM Centri Diurni .. )

Trafila psichiatrica 3- I servizi psichiatrici territoriali DSM CSM

b)- I servizi psichiatrici territoriali detti anche "Servizi di Salute Mentale"
(segue da a) Reparto psichiatrico SPDC diagnosi Tso .. http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/437)

Quando si esce dal reparto psichiatrico ospedaliero, si passa attualmente automaticamente per passaggio di documenti in carico al servizio psichiatrico territoriale statale, organizzato in Distretti di Salute Mentale (DSM) a sua volta diviso in più Centri di Salute Mentale (CSM). Cioè ogni precedente ricoverato in SPDC è inviato burocraticamente ad un determinato CSM competente per territorio a seconda del paese di residenza (e via se città grande). Il CSM ha spesso un servizio collaterale di Centri Diurni che servono a tenerci occupati giornalmente. Spesso il DSM o CSM organizza delle Case-Famiglia o dei Centri psichiatrici con soggiorno per chi non ha casa o non è desiderato in famiglia. In tutte queste situazioni lo psichiatra che burocraticamente e psichiatricamente ci tiene in carico e 'cura', è sempre un determinato psichiatra del/nel CSM competente per territorio.

Le 'cure' cioè l'imposizione farmacologica

All'uscita dal SPDC una determinata ricetta di uno o più farmaci ci è consegnata/ prescritta personalmente e anche trasmessa al CSM competente.
Lo psichitra del CSM che ci prende in carico ci visiterà di nuovo periodicamente e può confermare o modificare subito o in seguito i farmaci.

Va tenuto presente che con l'attuale legge vigente in Italia (legge 180/833 del 1978), non c'è l'obbligo legale di prendere farmaci fuori del Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso), però lo psichiatra del DSM ci fa e ci farà di fatto subito tutte le pressioni possibili per costringerci a continuare a prenderli, quelli prescritti dal SPDC o nuovi.

Le pressioni - ma sono tutte menzogne !- sono che siamo malati ed abbiamo perciò bisogno di tali cure; che se non li prendiamo sicuramente peggioreremo e sarà necessario un nuovo ricovero in ospedale; che anzi se li smettiamo il ricovero in Tso ce lo fa subito.
Sono tutte menzogne [vedi "Menzogne psichiatriche ..]. C'è di vero solo che una 'ricaduta' è più probabile 1) se la dismissione dei farmaci è troppo veloce a causa dell'assuefazione prodotta dagli stessi farmaci e 2) se non abbiamo elaborato ripensato un po' le situazioni e le cause del precedente ricovero, ...
Ma per la psichiatria la menzogna è un ferro del mestiere. Da tener invece ben presente che un nuovo Tso lo psichiatra lo può fare non perché smettiamo di nostra iniziativa i farmaci o lo mandiamo a fare in culo, lui e tutto il CSM e tutte le 'cure', ma solo per nuovo netto 'fuori di testa'. Se siamo e stiamo calmi e tranquilli non può fare nessun Tso.

Parallelamente a quanto ci impone e racconta comunque lo psichiatra chiama i familiari e li avverte della necessità che noi prendiamo regolarmente i farmaci, chiede ai familiari di collaborare ad insistere sui farmaci, a controllare che li prendiamo regolarmente .
Purtroppo molti familiari, quasi tutti, prendono per oro colato questa necessità di cura, dato che credono lo psichiatra un vero medico competente, e accettano l' incarico a controllarci. E così abbiamo un secondo controllore nei familiari, che diventano quasi tutti preoccupati spianti e spie. (Qualche familiare con sacrifici riesce a farci visitare da psichiatri 'luminari' universitari, ma poco cambia dato che tutta la psichiatria è una congrega compatta, nessun psichiatra 'luminare' ha mai guarito qualcuno di noi.)

Un altro grosso meccanismo di pressione è se abbiamo ottenuto un sussidio monetario od una pensione d'invalidità per "malattia mentale"; c'è la possibilità purtroppo concreta che tale aiuto ci sia tolto se lo psichiatra non controfirma il prosieguo della malattia.

Di fatto lo psichiatra del DSM/ CSM ci costringerà a prendere i farmaci per anni ed anni e continuerà ad esercitare su di noi un controllo poliziesco stretto essenzialmente rivolto a verificare che li prendiamo.

Per il perché e il percome reale - al di la di quel che dicono/mentono gli psichiatri - di questa costrizione a farmaci per anni ed anni da parte dei Servizi di Salute Mentale territoriali, ci sono parecchie spinte motivi.

Il principale motivo è che gli psichiatri hanno una paura esagerata burocratica di possibili danni al posto e alla carriera se smettono la prescrizione farmacologica. Temono una perdita del posto o comunque non avanzamento di carriera caso mai un loro paziente procurasse grossi guai "a se stesso od ad altri" e loro avessero tolta la prescrizione farmacologica. Se invece continuano ad imporre i farmaci essi sono in una botte di ferro, non rischiano mai né posto né carriera. [vedi brano "Lo psichiatra di base miope burocrate pauroso"] (Nonostante che non risulta affatto che i farmaci riducano il rischio di "atti inconsulti" - a meno che non siano dati in dosi da cavallo - anzi molti psicofarmaci risultano aumentare il rischio di suicidio e alcuni se addizionati ad alcool e altre droghe aumentano il rischio di atti violenti contro terzi [vedi ...])

Poi un secondo motivo è che gli stessi familiari chiedono cure, cure, cure! e gli psichiatri non possono smascherare se stessi e dire ai familiari che né c'é certezza che ci sia vera malattia né chiarire che le attuali loro 'cure' ottengono il loro effetto essenzialmente riducendo il funzionamento del cervello, il che rende difficile anche la 'guarigione', mentono il più possibile, mantengono il punto, e firmano ricette farmacologiche senza battere ciglio, assecondando le richieste dei familiari di farmaci curanti.

Il terzo motivo fondamentale per cui lo psichiatra 'curante' del DSM/CSM continua con i farmaci è appunto mantenere il punto della competenza professionale medica di fronte a tutti, pazienti familiari e grosso pubblico, quindi continua e continuerà a scimmiottare la recita di 'diagnosi' e 'farmaci' come fanno tutti gli altri medici. Lo psichiatra non può togliersi la maschera fasulla di competenza medica, deve continuare a mentire a vantarsi principale competente anzi unico professionista competente per le dalla-psichiatria-concordate-diagnosticate 'malattie mentali'. Tutta la psichiatria è in realtà non-competente ma nessun psichiatra può confessarlo. Quindi ogni psichiatra deve mostrarsi con 'cure' in mano, che sia un blando tranquillante leggero o siano i pericolosi e danneggianti neurolettici od addirittura ancora l'elettrochoc, poco a lui importa.

Il continuo controllo quasi poliziesco sul territoria

Il controllo quasi-poliziesco di tutti i 'pazienti' scritti sul registro del Distretto di Salute Mentale DSM è il secondo principale aspetto dei compiti/lavori della psichiatria territoriale, dopo quello delle 'cure'. Non tanto aiutare 'curare' ma soprattutto controllare che i 'pazzi' stiano buoni è in realtà il compito da sempre affidato dallo Stato alla psichiatria, prima con i manicomi, ora con questi falsi servizi di salute mentale territoriale, falsi servizi perché la salute mentale non l'aiutano affatto.

Questo servizio poliziescio è effettuato imponendo l'obbligo di presentarsi regolarmente, con telefonate se non ci si presenta, con visite a casa, con minacce di Tso, con effettuare Accertamento Sanitario Obbligatorio (Aso) [la seconda violazione legalizzata del diritto personale concessa dallo Stato agli psichiatri ..] con nuovi Tso spesso non giustificati.. . (Ma chi difende legalmente noi 'pazzi'?? - quasi mai si hanno disponibilità monetarie, anche avendo noi i soldi è difficile trovare un avvocato che ci difenda, il quale chiederà quasi sempre una perizia, ma perizia di chi? di un altro psichiatra ..!)

Di fatto chi mai cade o è caduto volente o nolente nelle maglie della psichiatria non sarà mai più libero, sarà sempre controllato dalla psichiatria del Distretto DSM. E molti di noi ci cadiamo per nostra ingenuità e disinformazione, molti per piccoli motivi, alcuni per sviste, altri per nemici potenti, altri per interessi familiari,.. .

Questa prassi è la continuazione il retaggio della tradizione politica e psichiatrica. Lo stato vuole il controllo dei 'malati mentali' (gli stessi che secoli fa erano denominati 'folli' o 'pazzi') e la psichiatria prontamente si presta a tale controllo: prima nei manicomi. ora sul territorio con il controllo poliziesco uno per uno, a casa e ovunque.

e per buona misura, visto che ancora non ci sono telecamere che ci seguano uno per uno, meglio tutti attutiti da una buona dose di farmaci, la camicia di forza chimica, altrettanto efficace di quella manicomiale se i farmaci sono a dosi alte ..

Dove è l'aiuto la riabilitazione il potenziamento .. ?

L'imposizione farmacologica

capitolo in allestimento

Cap 2 - Strategie di gruppo rivelatisi utili per difendersi

Negli anni ed anni di tentativi di difendersi dalla attuale sopraffazione psichiatrica in Italia dopo l'entrata in vigore della legge 180/833 del 1978,
sono stati approntati alcuni metodi o strategie per difenderci, alcuni che richiedono un supporto di associazione antipsichiatrica, molti un supporto di avvocato, altri più semplici anche attuabili personalmente senza supporto, altri approntati ed attuati da gruppi di base di utenti ed ex-utenti

In questo capitolo esporremo le strategie di gruppi di base di utenti ed ex-utenti rivelatisi utili.

una dritta per sganciarsi dagli psicofarmaci e dai Servizi di Salute Mentale Territoriali

Una dritta per sganciarsi dai Servizi di Salute Mentale territoriali (DSM CSM Centri Diurni ..) e dagli psicofarmaci da loro imposti.

(Questi suggerimenti derivano dall'esperienza dell'autore di questo brano quale partecipante per oltre un decennio al gruppo di mutuo aiuto non psichiatrico di Roma, in contatto telefonico con utenti-loro-malgrado che cercano di sganciarsi, nonché in discussioni e scambio di esperienze in mailing-list, forum, incontri antipsichiatrici)
(Quanto qui consigliato funziona meglio se si ha il sostegno di un gruppo non psichiatrico locale come spiegato poi, altrimenti o comunque guarda in "Strategie personali .." http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/480 )

Vanno innanzi tutto sempre tenuti presente da parte di chi vuol dismettere i farmaci e sganciarsi dai Servizi alcuni punti fondamentali, senza trascurarne nessuno:

a)- NOSTRI ERRORI: quasi sempre qualche colpa anche noi l'abbiamo: ripensare i giorni precedenti l'ultimo ricovero al 'repartino' SPDC (Tso o Tsv), trovare quali errori esagerazioni .. abbiamo fatto. Meditarci bene sopra.

b)- LO PSICHIATRA BUROCRATE PAUROSO: tener presente che lo psichiatra curante è nel 99% dei casi un burocrate estremamente pauroso del posto e della carriera: se ha la minima paura che Voi potete combinare qualche guaio grave, i farmaci non vi permetterà mai di smetterli (non perché curano come spergiurerà, ma perché se li impone lui non rischia la carriera se fate guai). Se dà farmaci è in una botte di ferro, se li toglie invece rischia la carriera e il posto. Cercare quindi di tranquillizzarlo il più possibile, se anche smettete i farmaci però assicurategli che frequentate e frequenterete il Centro, e per parecchi mesi fatelo finché non diventa del tutto tranquillo sul vostro conto. [Vedi meglio http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/449 ]

c)- OPPORTUNA UNA DISMISSIONE GRADUALE: Di regola i farmaci psichiatrici antipsicotici (Haldol Serenase Largactil Moditen Entumin Risperdal Seroquel Abilify Zyprexa ..) vanno smessi gradualmente in parecchi mesi. Altrimenti si rischia parecchio a causa dell'assuefazione, come minimo si deve ben conoscere i rischi a cui si va incontro (aumento di effetti secondari, effetto 'contraccolpo' di facile nuovo 'su di giri', 'colpi di testa', insonnia,..,) e premunircisi

d)- DANNI DA PSICOFARMACI SEMPRE PIU' PEGGIORATIVI LA SITUAZIONE: Gli psicofarmaci antipsicotici sopradetti non curano mai, solo sedano ed attutiscono corpo mente riflessi, non ti permettono di combinare niente di solido. Ma ancor poeggio se presi per anni procurano gravi danni permanenti irreversibili. Molti ritengono il Tso il maggior danno fatto dagli psichiatri, ma il Tso ti toglie alcune settimane, invece i farmaci psichiatrici presi a casa ed altrove ti tolgono anni ed anni quasi sempre tutta la vita. Risulta anche un effetto di acquiescenza, di non rendersi conto della debilitazione prodotta: così si rimane prigionieri non coscienti di essere di fatto imprigionati. Vanno smessi sempre al più presto ma gradualmente, totalmente, con calma e fermezza.

e)- I FAMILIARI D'ACCORDO CON LA PSICHIATRIA CON LO PSICHIATRA - I familiari purtroppo sono nel 90% dei casi convinti dagli psichiatri a convincerti ai farmaci, ti controlleranno, staranno attenti al minimo nuovo 'fuori di testa'. I familiari in generale non sanno come comportarsi con un sospetto "malato mentale", sono anche essi spaventati dall'immagine negativa del 'malato mentale', perciò si rivolgono alla psichiatria, ne hanno fiducia.
Tener presente che nella maggior parte dei casi è il familiare che chiama lo psichiatra. E che se lo psichiatra dell'Usl/Asl riceve segnalazione dai familiari - in particolare lamentele di nostre prepotenze in famiglia - è già da questa segnalazione da queste lamentele motivato ad un controllo, a venirti a cercare, ad un Accertamento Sanitario Obbligatorio (Aso), eventualmente ad un Tso. Perciò se ti arrabbi con i familiari è peggio, avrai subito gli psichiatri addosso. Mantenere il più possibile la calma in famiglia. Cercare di svincolarsi dalla famiglia. Con calma ma fermezza cercare di rendersi indipendenti, in particolare per abitazione; mediante lavoro, .. Se non totalmente indipendenti almeno parzialmente un po' fuori un po' dentro la famiglia (possibilmente senza cadere negli aiuti psichiatrici quali pensione d'invalidità, case-famiglia o altro, che sono una trappola con controlli sorveglianza anche peggiore della famiglia).
Mantenere dunque comunque con i familiari un atteggiamento il più possibile fermo non esasperato. Non chiedere troppo a loro, non pretendere troppo, né troppo di soldi né troppo di fiducia, perché culturalmente ovunque nel mondo il una volta diagnosticato 'malato mentale' è sempre sospettato, in parte o totalmente sfiduciato da tutti, familiari compresi ..
Cerca di contare per tutto prima di tutto su te stesso.

f)- LA LEGGE VIGENTE NON OBBLIGA AI FARMACI, MA ..: La legge vigente 180/833 del 1978 non ti obbliga ai farmaci a casa né nelle case famiglia né altrove, sei obbligato ai farmaci solo nel reparto SPDC in regime di Tso; però gli psichiatri ti faranno tutte le pressioni possibili a farterli prendere per anni. Tener sempre presente che SE RISULTI CALMO E TRANQUILLO NON POSSONO FARTI UN NUOVO TSO, non solo perché hai smesso o stai smettendo o chiedi di smettere i farmaci.

g)- LA LEGGE VIGENTE NON OBBLIGA A FREQUENTARE IL DSM /CSM /CENTRO DIURNO, MA..
Non c'è obbligo legale a frequentare il DSM /CSM / Centro Diurno ma in contraddizione con questa non legge i DSM e CSM hanno l'incarico amministrativo di controllare i 'malati mentali' della zona geografica di loro competenza. A causa di questo loro incarico amministrativo gli psichiatri del DSM/CSM ti possono venire a cercare e controllare facendo un "Accertamento Sanitario Obbligatorio" (Aso) cioè una visita per forza, anche a casa (anche sfondando la porta). Per questa visita per-forza ci vorrebbero dei motivi, come che vicini o familiari hanno avvertito l'Usl (SPDC o DSM o CSM) di manifesto grave 'fuori di testa', ma quelli del Dsm o Csm non vanno per il sottile lo fanno il controllo a casa anche senza motivi, come routine periodica di vedere/controllare chi è iscritto nel loro registro, controllandolo /vedendolo ogni qualche settimana o qualche mese; se non ti fai vedere fanno l'Aso (vedi in questo stesso libro Cap 1 Trafila psich http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/439 e Cap 4 Lo psichiatra di base .. http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/449)
Ti puoi sganciare da questi controlli del DSM/CSM o come suggeriamo sotto o altrimenti solo con un andare da uno psichiatra privato (a pagamento) che dichiarerà - comunicandolo per iscritto al DSM/CSM - che il tale è sotto sua cura. (Ma anche questo psichiatra privato quasi sempre obbliga ai farmaci e a visite periodiche regolari).

Tenendo ben presente tutti questi punti è possibile smettere i farmaci e sganciarsi dal DSM/CSM/Centri Diurni, seguendo le dritte che diciamo. Però di fatto ci si riesce se hai anche una situazione di vita abbastanza calma e tranquilla (abitazione lavoro soldi ..). Aiuta anche se si aderisce ad un gruppo non-psichiatrico di utenti/exutenti che possono trasmetterti direttamente la loro esperienza.
Attualmente molte poche persone in Italia riescono a sganciarsi dai farmaci e dal controllo del DSM/CSM, spesso proprio per la mancanza di abitazione lavoro soldi, sono così soggetti al ricatto di ricevere una miserevole pensione d'invalidità per 'malattia mentale', e/ o l'alloggio in una casa famiglia, aiuti che debbono però essere giustificati dallo psichiatra e così si è costretti ad accettare ahimé il DSM CSM e i farmaci .., credendo sperando che fra un po' la situazione migliori. Ma è proprio la debilitazione psichica / fisica prodotta dai farmaci che rende ancor più difficile che la situazione migliori. E i colpi di testa di dismissione improvvisa dei farmaci mandano quasi sempre, a causa dell'aumento degli effetti secondari e dell'effetto di "contraccolpo" dovuti all'assuefazione, ad una 'ricaduta' con nuovo ricovero.

Se invece la situazione di vita non è cattiva, se magari si ha il supporto di un gruppo di exutenti od antipsichiatrico, se si è calmi e ben decisi, sarà possibile sganciarsi da farmaci e psichiatri. Come fare ?
Ripeto farlo solo se e quando siete personalmente tranquilli e ben decisi. La precepitazione è la principale nemica.

Conviene, appena un pò tranquilli e risoluti, PRIMA smettere i farmaci a gradini ma continuando a frequentare il DSM/CSM Centro Diurno. Soltanto DOPO sganciarsi dal DSM /CSM Centro Diurno, cioè non frequentarlo più. In modo da mantenere tranquilli gli psichiatri e i familiari il più a lungo possibile mentre si smette i farmaci, altrimenti i controlli psichiatrici, familiari, e i farmaci, ti staranno sempre addosso.
Il cercare di mantenersi il più possibile buoni e tranquilli gli psichiatri e i familiari ma senza farsi fregare dai farmaci è appunto la strategia rivelatisi possibile alla nostra esperienza, che consigliamo. E' una strategia che è il contrario dell'impulso dell'insofferenza che molti di noi provano verso le costrizioni psichiatriche, il contrario dell'istinto di mandare subito a quel paese gli psichiatri i DSM i CSM gli SPDC e molti familiari. Ma nella situazione culturale e legale attuale italiana è la strategia che fino a prove contrarie si è dimostrata nella maggior parte dei casi la più valida.

QUINDI mandate a memoria ed eseguite un punto dopo l'altro:

1)- FURBIZIA La furbizia innanzi tutto, essere un pò cedevoli sulle cose secondarie, non intignarsi su punti di principio. Ma appena ben certi di sé programmare ed eseguire con calma e fermezza la propria liberazione. Cercando di schivare l'ostacolo dello psichiatra: NON FRONTEGGIARE LO PSICHIATRA MA SCHIVARLO !

2)- INUTILE FRONTEGGIARE LO PSICHIATRA Con gli psichiatri i punti di principio non servono a niente anzi loro li considerano 'sintomi' di malattia mentale o comunque possibili generatori di 'atti inconsulti'. E' inutile protestare individualmente i propri diritti calpestati.
E' inutile chiedere a parole (chiedere preferibilmente per iscritto). Sempre consigliato registrare i colloqui con lo psichiatra con un piccolo registratore (Mp3, telefonino,..) in particolare chiedendogli quali sono gli effetti dei farmaci, se fanno assuefazione, se fanno danni se presi per anni, se rallentano i riflessi, fra quanto li smetterà,.., .

3)- MEGLIO FREQUENTARE IL CENTRO TERRITORIALE Intanto frequentare il Centro Diurno e gli Incontri IL PIU' POSSIBILE, SEMPRE se non si hanno altri impegni, chiedere magari di essere seguito da uno psicologo dell'Usl oltre che dallo psichiatra. In modo che lo psichiatra curante e il suo superiore direttore del Centro vedendovi regolarmente non abbia paura di vostri possibili "atti inconsulti", vi ritenga un paziente non cattivo, un paziente che comunque frequenta il Centro regolarmente.

4)- SOLO DOPO UN CERTO TEMPO CHIEDERE LA RIDUZIONE DEI FARMACI Dopo qualche tempo non subito (da alcuni mesi a parecchi mesi a seconda della vostra storia e situazione di vita) in modo che sia lo psichiatra sia diventato tranquillo nei vostri confronti, sia voi vi ritenete in una situazione di vita migliore se non buona (con le vostre storie, con la famiglia, magari un lavoro ..), cominciate a chiedergli di ridurre i farmaci, che avete saputo che sono dannosi.
Lui vi dirà di no o vedremo poi.

5)- FARE LA STESSA RICHIESTA PER ISCRITTO Voi dopo un po' senza precepitarvi fate una richiesta per iscritto di riduzione progressiva possibilmente a zero dei farmaci psichiatrici ora prescritti, in cui dichiarate responsabile lo psichiatra Tal dei Tali degli eventuali danni attuali prodotti dai farmaci (citate: riflessi rallentati, perdita della patente automobilistica, non riuscire a fare lavori richiedenti abilità fisica, sonnolenza, poca forza, poca concentrazione,..,) e responsabile degli eventuali danni futuri (citate: discinesia tardiva, diabete, morte per infarto)(citate quali farmaci e quali dosi e da quanto), Aggiungete che COMUNQUE INTENDETE CONTINUARE A FREQUENTARE IL CENTRO. In testa alla richiesta vostro nome e cognome e luogo e data nascita e in fondo firma e data, doppia o tripla copia).

6)- COPIA AD AVVOCATO e a DIRETTORI CSM e DSM Se lo psichiatra curante non incomincia a ridurre di parecchio i farmaci, mandate una copia della richiesta ad un avvocato (e fatelo sapere allo psichiatra), poi chiedete un colloquio con il Direttore del Centro a cui farete le stesse richieste, eventualmente per iscritto.

7)- INTANTO PERO' FREQUENTATE REGOLARMENTE IL CENTRO , i gruppi di auto-aiuto, le iniziative, .. e dichiarate che CONTINUERETE a frequentarlo, chiarite bene che una cosa sono i farmaci che intendete ridurre TUTTI a zero in breve (però non precitosamente, almeno in sei mesi o più), altra cosa è la frequentazione del Centro a cui ASSICURATE che continuerete ad essere presenti.

[Questo frequentare il Centro è ESSENZIALE vedi punto 2) per tranquillizzare lo psichiatra, se non lo fai rischi parecchio il Tso od un Accertamento Sanitario Obbligatorio (Aso) a casa o altrove. Devi frequentare ed assicurare di frequentare il Centro per tutto il periodo della dismissione ed alcuni mesi dopo, consigliato anche un anno o più. E' molto dura accettare questa frequentazione del Centro, sia normalmente che quando incominci a sentirti di nuovo libero e forte quale prima conseguenza della riduzione/ dismissione dei farmaci, ma è lo scotto da pagare per potersi sganciare senza grande rischio di nuovi ricoveri in Tso o Tsv od Aso]

7)b- ATTENZIONE SE FARMACI DEPOT Se prendevate una iniezione depot (neurolettici: Haldol, Moditen, Risperdal)(di solito quindicinale od ogni 4 settimane) chiedete eventualmente per iscritto di cambiare allo stesso farmaco ma giornaliero (pasticche o meglio gocce) in modo da poterli scalare; se lo psichiatra non lo accetta tenete presente che anche le iniezioni depot esistono a dosi più piccole: chiedete lo scalaggio alla dosi più basse - ed eventualmente dopo qualche mese che siete sulla dose più bassa saltate di vostra iniziativa a zero (non è consigliato saltare a zero da una iniezione depot a dose medio-alta, il rischio di nuovo 'su di giri' dovuto al contraccolpo/assuefazione è molto alto).

8)- PER PASSARE A ZERO FARMACI E' NECESSARIA UNA VOSTRA DECISIONE / INIZIATIVA Difficilmente uno psichiatra vi autorizzerà a passare a zero farmaci: DOVRETE PRENDERE VOI L'INIZIATIVA , ripeto se e quando ne siete ben convinti e ben informati di come scalare, quali contraccolpi, quali accorgimenti.

9)- ATTENZIONE RICADUTE !! Più della metà dei 'pazienti' non ci riescono perché disinformati sprovveduti troppo precipitosi, non si sono preparati a particolari effetti 'secondari' (quale svenimenti, sbavare, tremore alle mani, capogiri, insonnia; tutti effetti che passano dopo due o tre mesi ma bisogna tener duro per due tre mesi anche quattro)

10)- CONTRACCOLPO "SU' DI GIRI" Tener presente che l'effetto più comune e pericoloso dovuto all'assuefazione da neurolettici (Haldol Serenase Largactil Entumin Risperdal Zyprexa Abilify Seroquel ..) è l'effetto di CONTRACCOLPO, che NON E' - come molti erroneamente credono - del tipo degli assuefatti di eroina morfina oppiacei - cioè NON E' una forte demoralizzazione ed insicurezza, ma AL CONTRARIO SI VA "SU DI GIRI" si crede di essere ONNIPOTENTI che TUTTO VA BENE che DIO E' CON VOI -- salvo credere poco dopo di non riuscire a realizzare queste grandiosità perché qualcuno o molti VI PERSEGUITANO ... Se vi succede questo cercate di dormire di non fare niente di impegnativo di distrarvi in cose semplici, di non telefonare a cento persone chiedere cento cose .., di non chiedere quasi niente a familiari a conoscenti ad altri. TENERE UN BASSO PROFILO. FATE PASSARE IL TEMPO SENZA FARE E CHIEDERE E PROPORRE NIENTE ANCHE SE VI PARE DI AVER IL MONDO IN TASCA.
E' solo un effetto della assuefazione, che dopo qualche settimana - talvolta ahimé due tre mesi - vi passa (se non vi ha rifregato prima la psichiatria ..!)

11)- ALTRI EFFETTI DI DISMISSIONE Dovete aver studiato (in internet, dal gruppo di supporto exutenti, ..) quali possibili effetti dovuti all'assuefazione dei vostri particolari farmaci vi possono venir fuori durante la dismissione e nei mesi subito dopo (vedi ...)[possibili: capogiri, svenimenti, saliva eccessiva, tremori alle mani, bocca secca, insonnia, ..,] dovete aspettarveli, aver già pensato a come farvi fronte. Tener in ogni caso presente che dopo qualche mese, due tre mesi al massimo, quest possibili effetti scompaiono completamente, come neve al sole, non spaventarvi, tenete duro.

12)- INSONNIA Un effetto molto comune è l'insonnia, per cui dovrete quindi premunirvi. Un sistema può essere non di restare svegli a rigirarvi a letto, ma fare qualcosa come leggere un libro leggero, disegnare, scrivere, .. : così risulta in genere più facile che dopo un po' il sonno sopravvenga.
Comunque è assolutamente necessario che dormiate una normale quantità di ore giornaliere; se non ci riuscite all'estremo è meglio riprendere un tranquillante leggero tipo benzodiazepina (Valium ..)(di solito un tranquillante leggero - benzodiazepina - lo psichiatra lo prescrive quasi sempre insieme ai farmaci più forti, tenetevi qualche confezione). Ma questo tranquillante NON PER DUE GIORNI DI SEGUITO né a dosi troppo alte o vi prende o riprende l'assuefazione [L'assuefazione da benzodiazepine è pericolosa fortissima, paragonabile se non peggiore di quella da alcol]

13)- DICHIARATE DISMISSIONE GIA' EFFETTUATA Dopo qualche mese della totale dismissione dite chiaramente allo psichiatra che da tot mesi avete dismesso i farmaci e non intendete più prenderli, ma che intendete continuare a frequentare regolarmente il Centro, anzi ancor più di frequente di prima, purché non insista a ridarvi farmaci.

14)- SGANCIAMENTO DAL CENTRO DSM CSM SE siete riusciti a smettere i farmaci TOTALMENTE ed avete continuato a frequentare il Centro (Diurno, CSM, ..Casa-famiglia) per come sopra consigliato ALMENO PER UN ANNO dopo la totale dismissione, potrete a questo punto non andare più al Centro Diurno/CSM dichiarando che da oltre un anno state bene ed avete smesso i farmaci.

15)- NOTE GENERALI UTILI (gruppo di sostegno, psichiatra aiutante ?, ripensare Tso):

-- gruppo di sostegno: Questa strategia o sistema per sganciarsi funziona meglio se avete il contatto e il sostegno di un gruppo non-psichiatrico di exutenti/ utenti locale oppure antipsichiatrico locale, o al limite tramite internet o telefonino con ex-utenti che hanno già dismesso.
Comunque responsabile delle decisioni e di tenerle ferme siete e sarete soltanto voi.

-- psichiatra che aiuta?: Molti utenti cercano affannosamente uno psichiatra o un medico che li aiuti nella dismissione, non si azzardano a farlo senza, anche perché scottati da precedenti esperienze negative. Purtroppo tali professionisti non risultano esserci in Italia [eccez. Mariano Loiacono .. ma di difficile attuazione] e comunque uno psichiatra privato non si azzarderà mai ad aiutarvi alla dismissione se non dopo che vi conosce bene cioè dopo parecchie visite ..

-- Ripensare i Tso/tsv Parallelamente a quanto sopra, RISULTA OPPORTUNA ANZI ESSENZIALE una VOSTRA COMPRENSIONE ed eventualmente AUTOCRITICA e SUPERAMENTO dei modi molto spesso esagerati che avete messo in atto nelle settimane e giorni immediatamente precedenti i vostri ricoveri in SPDC. Ripensare quelle Vostre convinzioni e soprattutto quel che avete fatto in quei giorni E' ASSOLUTAMENTE OPPORTUNO NECESSARIO.
In proposito va fatta una netta distinzione tra le vostre convinzioni personali (anche molto divergenti dall'usuale) e i vostri tentativi di coinvolgere altre persone in tali convinzioni. Avete diritto a vostre personalissime convinzioni, ma un po' meno - anzi molto meno - a volerci coinvolgere terze persone.
Se ricordate e visualizzate bene i giorni precedenti i Tso/Tsv, noterete che è questo secondo aspetto - il voler coinvolgere altri - che vi ha condotto dallo psichiatra. Cercate quindi di evitare di voler coinvolgere altri se cadrete in nuove personali convinzioni del mondo e di Voi nel mondo.
Come anche evitare stati frenetici di voler far tutto in una volta, cento cose in mezza giornata, cento telefonate in due ore, ..
[per avere il supporto di un gruppo di auto-aiuto non psichiatrico vedi ..
Comunque se si ha poco aiuto vedi in questo libro Cap 3 Strategie personali .. http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/480 ]

In bocca al lupo.
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Riepilogo:

Punti fondamentali da tener presenti:
a)-NOSTRI ERRORI PRECEDENTI
b)-LO PSICHIATRA BUROCRATE PAUROSO
c)-OPPORTUNA UNA DISMISSIONE GRADUALE
d)-DANNI DA PSICOFARMACI SEMPRE PIu' PEGGIORATIVI LA SITUAZIONE
e)-I FAMILIARI SONO D'ACCORDO CON LA PSICHIATRIA CON LO PSICHIATRA
f)-LA LEGGE VIGENTE NON OBBLIGA AI FARMACI, MA ..
g)-LA LEGGE VIGENTE NON OBBLIGA A FREQUENTARE IL DSM /CSM /CENTRO DIURNO, MA..

Come fare a sganciarsi:
1)-FURBIZIA, NON INTIGNARE
2)-INUTILE FRONTEGGIARE LO PSICHIATRA
3)-MEGLIO FREQUENTARE IL CENTRO TERRITORIALE
4)-SOLO DOPO UN CERTO TEMPO CHIEDERE LA RIDUZIONE DEI FARMACI
5)-STESSA RICHIESTA PER ISCRITTO
6)-COPIA AD AVVOCATO e a DIRETTORI CSM e DSM
7)-INTANTO PERO' FREQUENTATE REGOLARMENTE IL CENTRO
7)b-ATTENZIONE SE FARMACI DEPOT
8)-PER PASSARE A ZERO FARMACI E'NECESSARIA UNA VOSTRA DECISIONE/ INIZIATIVA
9)-ATTENZIONE RICADUTE !!
10)-CONTRACCOLPO "SU' DI GIRI"
11)-ALTRI EFFETTI DI DISMISSIONE
12)-INSONNIA
13)-DICHIARATE DISMISSIONE GIA'EFFETTUATA
14)-SGANCIAMENTO DAL CENTRO DSM CSM
15)-NOTE GENERALI UTILI (gruppo di sostegno, psichiatra che aiuta?, ripensare i propri Tso/Tsv)

STAMPATE QUESTO BRANO (cliccando "versione stampabile"), STUDIATEVELO BENE, ESEGUITELO senza dimenticanze e variazioni sostanziali

(versione con piccole correzioni del 13 marzo 2009 - Sandro C.)

Gruppi italiani locali di ex-utenti critici della psichiatria, gruppi antipsichiatrici, .. gruppi di mutuo-aiuto, .., anche di aiuto-sostegno per dismissione farmaci.

(1agosto 2007)

Questo è l'elenco messo a punto (inizio 2007) con contatti controlli diretti da Peter Lehemann. Peter Lehmann è della direzione dell'Enusp - www.enusp.org - e l'elenco è stato redatto specialmente per segnalare gruppi che aiutino alla dismissione degli psicofarmaci, da allegare al suo libro traduzione italiana di "Coming off Psichiatric Drugs" . Qui l'elenco è stato aggiornato con l'aggiunta dei gruppi di Torino e di Piacenza. (Circa la dismissione farmaci e i gruppi di auto-aiuto ed antipsichiatrici vedi nota in fondo)

Telefono Viola: Difesa da abusi psichiatrici. · Publications: web www.ecn.org/telviola · Contact: eMail telviola@ecn.org.
FIRENZE, tel. 055.2345268, merc. 19-21, segret. tel. 24 su 24, violettavangogh@inventati.org, www.inventati.org/antipsichiatria
MILANO, tel. 02.2846009, merc. 17-20, segret. tel. 24 su 24, Via dei Transiti 28, telviola@ecn.org, telviola_t28@inventati.org, telefonoviola1996@yahoo.it
BOLOGNA, tel. 339.3040009, telviola@yahoo.it, segret 051.341704, (Carlo Marchetti) cmarchett738@aliceposta.it

* A.I.S.ME. (Associazione Italiana per la Salute Mentale). Activities: Mental Health promotion initiatives (Mental Health Day, Mental Health Week); promotion and support of self-help groups for users and relatives; building relationships with services, local governments and other organisations · Contact: AISMe, c/o Casa delle Cultura, Via Forlanini 164, I-50100 FIRENZE, tel. +39 0338.2998938, tel. / fax +39 055.414309, eMail centrosh@tiscali.it, contact persons: Donatella Miccinesi, Pino Pini. Information in the English language / Informatione in Italiana

No!Pazzia: Informazione, controinformazione, dibattito sulla pazzia; collegarci, azioni, tra noi per noi ex 'pazzi' e 'pazzi'. Publications: web site http://www.nopazzia.it · Contact: eMail redazione@nopazzia.it
No!Pazzia - sez. di ROMA, Incontri presso la "Libreria Anomalia", Via dei Campani 73, 00185 - Roma. Per contatti: eMail rusadriano74@yahoo.it, tel. Adriano 347.8577224
No!Pazzia - sez. JESI/ANCONA - diamo assistenza (non medica) a coloro che desiderano smettere gli psicofarmaci, attualmente contatto personale solo nella zona JESI / ANCONA, tel. Sandro Cappannini 349.8857323 email sacappan@tiscali.it

Collettivo Antipsichiatrico Violetta Van Gogh: "A FIRENZE è nato il gruppo Violetta Van Gogh, un nome come un'altro per vedersi e scambiare idee su come combattere l'impostura psichiatrica. Di fronte alla pretesa scientificità della psichiatria noi denunciamo l'arbitrarietà e la barbarie di strumenti come il trattamento sanitario obbligatorio (il T.S.O. è un sequestro di persona legalizzato che impone a chi lo subisce un bombardamento di farmaci deleteri per il fisico e per la psiche, in non pochi casi somministrati a persone legate al letto di contenzione) l'elettroshock e le puerili forme di rieducazione (nei centri di recupero) offensive della dignità della persona. Per non parlare del marchio infame e degradante che viene incollato addosso per sempre a chi subisce trattamenti psichiatrici" · Publications: web site www.inventati.org/antipsichiatria/ · Contact: eMail violettavangogh@inventati.org

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud - PISA: Ci proponiamo di fornirne: un aiuto legale, informazione sui farmaci e sui loro effetti collaterali, diamo assistenza a coloro che desiderano smettere gli psicofarmaci, denunciare le violenze e gli abusi della psichiatria. Chiunque è interessato può intervenire alle nostre assemblee che si svolgono tutti i giovedì alle 21:00 c/o L'AULA R della facoltà di scienze politiche in via serafini 3 a PISA · Blog web: http://www.artaudpisa.blogspot.com Contact: eMail antipsichiatriapisa@inventati.org

Associazione Penelope: L'associazione Penelope è un'organizzazione di volontariato che si batte contro ogni forma di emarginazione psichiatrica, fornendo rifugio e appoggio concreto a quanti vogliono fare a meno della psichiatriaPublications: web site www.associazionepenelope.it · Contact: Associazione Penelope, via Villamena 18, 98030 Gaggi (MESSINA), tel. 0942.550056, fax 0942.47420, eMail ass.penelope@tin.it

Comitato d'Iniziativa Antipsichiatrica: Il Comitato d'Iniziatia Antipsichiatrica è un'organizzazione di volontariato che fornisce assistenza legale alle vittime degli abusi psichiatrici e supporta le persone che vogliono fare a meno della psichiatria. Publications: web site www.ecn.org/antipsichiatria/ · Contact: Comitato d'Iniziativa Antipsichiatrica, Via dell'agro 3, 98028 S. Teresa di Riva (MESSINA), tel. 0942.630069, fax 0942.47420, eMail bucalo@tao.it

Il nido del cuculo · Publications: web site www.club.it/cuculo/

Social Forum CECINA: Ci occupiamo di svariate tematiche socio-ambientali, di solidarietà con i popoli oppressi nonche' di antipsichiatria · Contact: eMail spaziodidocumentazione@supereva.it, mari41@interfree.it

* Gruppo Auto-Aiuto di Cafaggio, via De Gasperi 67, Quartiere PRATO Est, I-59100 PRATO (FI), Tel. +39 0574 52702, Fax +39 0574 527040, eMail centrosh@tiscali.it

* Gruppo Auto-Aiuto MASSA CARRARA

* Gruppo di Auto-Aiuto MERANO, Raffeingasse 1, I-39011 LANA (BZ)

Zona Temporaneamente Libertaria - RIMINI : Associazione culturale che ha tra le sue attività anche quella di apprendere e diffondere la capacità dell'auto-mutuo-aiuto e di tutelare da soprusi psichiatrici. Diffusione e elaborazione di materiale di controinformazione antipsichiatrica. Stiamo cercando di acquisire e trasmettere capacità di difesa ed auto-aiuto. eMail z_t_libertaria@libero.it

Associazione A.M.A. MILANO - MONZA - BRIANZA: AMA significa AUTO-MUTUO-AIUTO, un modo di far fronte a diverse problematiche, difficoltà ed esperienze di vita in cui la condivisione dell'esperienza in gruppo sviluppa solidarietà e aiuto reciproco. Publications: web www.automutuoaiuto.com · Contact: tel. 339.1073732, eMail autoaiuto@virgilio.it

Osservatorio Italiano Salute Mentale - TORINO e Gruppo antipsichiatrico e di mutuo aiuto - tra utenti/exutenti - TORINO - organizzato da Tristano Ajmone, un 'sopravvissuto alla psichiatria' - Il gruppo gestisce anche la trasmmissione radiofonica "Il nido del Cuculo" su Radio Blackout 105.250 FM ogni giovedì ore 16,00-17,00 # Torino. Email: nidodelcuculo@anti-psichiatria.com (il finale .com sta per compagni e non per commerciale!) presidente@oism.info

Gruppo Antipsichiatrico di Piacenza (GAP) - PIACENZA . Email: Cino cinocino@gmail.com

Breve nota sui gruppi di auto-aiuto, dismissione, antipsichiatria:

Molti sedicenti falsi gruppi di auto-aiuto tra utenti sono stati approntati dalle strutture psichiatriche statali e private in Italia. Falsi perché non autonomi dalla psichiatria, più rivolti a fare l'interesse della psichiatria dell'industria farmaceutica - tenerci per sempre buoni per sempre attutiti dagli psicofarmaci - che non i nostri. I nostri interessi sono di tornare completamente validi e noi stessi : i farmaci ci debilitano gravemente, ci deteriorano gravemente sempre più quanto pù a lungo li si prende, quindi per fare il nostro vero interesse dobbiamo tornare senza alcun farmaco !
(Nell'elenco soprastante ci sono gli indirizzi di alcuni gruppi di utenti organizzati dalla psichiatria di orientamento basagliano, che non conducono una aperta battaglia contro gli psicofarmaci per anni, ma comunque cercano di aiutarci. Ma ci sono in Italia anche moltissimi gruppi di utenti (sedicenti "gruppi di auto-aiuto psichiatrico" - sono falsi gruppi di auto-aiuto) organizzati dalla psichiatria tradizionale, che hanno proprio lo scopo di convincere e controllare ai farmaci-per-sempre: noi non li elencheremo certamente mai qui !! Purtroppo la psichiatria tradizionale è maggioritaria in Italia e nel mondo, ed è non basagliana - nemmeno della psichiatria basagliana noi di No!Pazzia ci fidiamo molto, ma questo passa il convento! )

Per ritornare pienamente noi stessi senza farmaci si deve fare una difficile intelligente battaglia contro lo psichiatra dell'Usl, spesso anche contro i familiari, tutti ci vogliono costringere a farmaci-per-sempre, dato che se siamo attutiti dai farmaci secondo loro combiniamo "meno guai". Il farmaco non cura, solo attutisce, ma questo gli psichiatri non sempre lo dicono, spesso ci mentono. Ci mentono anche che ci sia una vera malattia del cervello, non risulta. Se è vero che possiamo essere "andati su di giri' oppure 'giù a terra', questo è dovuto ad una situazione sociale e personale momentanea, non al cervello; e la situazione cambia, perché dobbiamo restare 'attutiti' - e debilitati fino a resi disabili - dai farmaci psichiatrici per anni ed anni, per sempre?.
Però su questo non possiamo fare ciascuno individualmente una battaglia personale dato che parallelamente alla psichiatria c'è da combattere l'assuefazione ai farmaci, quasi sempre ben presto conseguita , nonché c'è la possibilità di tornare 'fuori di testa' a causa di gravi problemi di vita difficile se sono ancora in piedi. Per questa battaglia su più fronti l'individuo isolato di solito non ce la fa, di solito soccombe cadendo in un ricovero dietro l'altro; diventa un rottame drogato da psicofarmaci, a vita. E' appunto per questo che un gruppo non psichiatrico di amici contattabili personalmente, cioè un gruppo non-psichiatrico di auto-mutuo-aiuto locale tra utenti ed ex-utenti è opportuno. (Potrebbe essere di aiuto contro le prepotenze psichiatriche ricorrere ad un legale, ma facilmente gli avvocati diffidano di noi dato che non ci ritengono pienamente capaci "di intendere e di volere", e se si va in causa quasi sempre i giudici danno ragione agli psichiatri, specialmente se costoro hanno l'appoggio dei familiari, ...)

Spesso nelle città grandi ci sono gruppi antipsichiatrici già costituiti che possono dare una mano. Ma a giudizio di no!pazzia e degli altri 'sopravvissuti alla psichiatria' europei e mondiali gli antipsichiatri non-ex utenti possono aiutarci sì ma non sempre capirci. Chi non ha mai 'udito le voci' non capisce chi ora 'ode le voci'. Chi non si è mai 'montato la testa' su qualcosa non capisce, può essere spaventato, da chi attualmente è in una situazione esasperata e per risolverla si è 'montato la testa' .. . E di solito ahimé qualsiasi gruppo antipsichiatrico non di utenti/exutenti segue piuttosto i suoi interessi particolari (politici o di lavoro/guadagno o di setta) che non i veri interessi degli utenti-loro-malgrado della psichiatria.
Quindi è opportuno costituire in ogni città un gruppo di sostegno di utenti /exutenti, critici non-succubi della psichiatria, contattabili localmente personalmente. E un coordinamento nazionale ed internazionale di tutti tali gruppi.
Se nella tua città un tal gruppo non c'è, è opportuno crearlo, incomincia tu stesso insiame agli altri utenti /ex-utenti che conosci. Per creare un gruppo di sostegno tra pari basta scambiarsi il numero di telefonino, incontrarsi ogni tanto, informarsi ed informare, .. . Non aspettare la manna dal cielo, da fuori! Darsi da fare personalmente, anche a piccoli passi!

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Se altri gruppi di base critici della psichiatria desiderano essere segnalati, ben volentieri li aggiungeremo a questo elenco. Li contrassegneremo in particolare come "gruppo di base di utenti ed ex-utenti non psichiatrico" se rispettano le tre condizioni :

Esplicitamente i membri del gruppo cercano di darsi una mano l'un l'altro, alla pari - non ci sono leader e dirigenti precostituiti. E' consuetudine: frequentarsi di persona; informarsi/ informare su psichiatria psicofarmaci 'pazzia' e leggi, su come svincolarsi dalla psichiatria; aiutare a smettere gli psicofarmaci chi lo decide. Collaborare al collegamento tra gruppi (scambio di informazioni azioni ..).
L'adesione l'aiuto è gratuito libero, non vincolante. Ma c'è un obbligo morale a fornire a sua volta aiuto chi lo ha ricevuto.
Non si tratta di un finto aiuto, non è ammesso lo scopo di farsi pubblicità, convogliare su cliniche private, su psicoterapeuti a pagamento .. . (Pubblicheremo eventualmente un altro distinto elenco di professionisti e cliniche che effettivamente aiutano su remurazione professionale a liberarsi dagli psicofarmaci).
LINKS

materiali sui gruppi di auto-aiuto:

- Stefania Dei (utente di Prato): Relazione al WAPR: http://www.nopazzia.it/stellawarp.htm

- Judi Chamberlin (sopravvissuta Usa): Autocoscenza e...: http://www.nopazzia.it/dirittichamberlin.html

-Tristano Ajmone (sopravvissuto Torino): A proposito/contro i gruppi di auto-aiuto psichiatrici: http://www.oism.info/it/societa/dissenso/il_mutuo_auto-aiuto_%28libertar...
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[Questo brano è la copia di http://www.nopazzia.it/gruppiitaliani.html ]

Cap 3 - Strategie personali rivelatisi Utili per difendersi

Negli anni ed anni di tentativi di difendersi dalla attuale sopraffazione psichiatrica in Italia dopo l'entrata in vigore della legge 180/833 del 1978,
sono stati approntati alcuni metodi o strategie per difenderci, alcuni che richiedono un supporto di associazione antipsichiatrica, molti un supporto di avvocato, altri più semplici anche attuabili personalmente senza supporto.

In questo capitolo raccoglieremo le strategie personali rivelatisi utili.

Per favore inviare proprie esperienze/strategie rivelatisi utili.

registrare con un registratore tascabile il colloquio con lo psichiatra

Questa strategia è stata applicata da Laura P. a Roma quasi senza pensarci e si è rivelata molto utile nel suo caso ma anche per altri utenti-loro-malgrado.

Laura era incappata nelle maglie della psichiatria e costretta dal Centro di Salute Mentale e dai familiari a frequentare ogni settimana circa il locale Centro Diurno di quartiere a Roma.

Al solito senza nessun risultato pratico specialmente al suo problema principale di trovare un lavoro.
La "Assistente Sociale" alle sue richiesta di farle frequentare corsi di qualificazione e avviamento lavoro non forniti da tale Centro Diurno (ma qualcosa da altri Centri romani e Regione) risponse "Ma non trova lavoro nemmeno mio figlio, vuoi trovarlo tu? va al colloquio con lo psichiatra e basta!"
Lo psichiatra non so di cosa parlassero ma era obbligata ad andarci a parlare regolarmente altrimenti telefonate a casa ai familiari e minacce di Tso.

Laura era è appassionata di canzoni e si portava spesso appresso un registratore portatile a cassette. Molto arrabbiata con i familiari e tale Centro per la costrizione di dover frequentare il Centro senza risultati, pensò e fece di registrare col suo registratore sia gli uni in una cassetta che gli altri in un'altra.

Teneva il registratore non in vista, dallo psichiatra acceso nella sua borsa sul tavolo.
Dopo qualche mese rinfacciò allo psichiatra che non aveva mantenuto non so quali promesse ed accese il registratore facendogli risentire la registrazione.

Lo psichjiatra non telefonò più insistendo molto ai familiari e dopo un pò più affatto. Da allora Laura non è più andata oramai da parecchi anni al Centro e non l'hanno più scocciata.
(C'è da precisare che già in precedenza era riuscita a farsi dismettere tutti i farmaci escluso una benzodiazepina di cui nemmeno gli psichiatri sapevano che si era fatta prescrivere anni addietro dal medico personale contro l'insonnia a cui era ed è tuttora pesantemente assuefatta con difficoltà a svegliarsi ed ad agire la mattina dopo, disturbi tuttora da luci e rumori ..)

Questa tecnica di registrare il colloquio obbligato con lo psichiatra è stata poi adottata da altri utenti-loro-malgrado, ad es. da Adriano che ha usato un registratore ancora più piccolo di tipo lettore MP3 (ce ne sono anche molto economici).
Anche Adriano è riuscito prima a farsi ridurre a zero i farmaci che era costretto a prendere da parecchi anni, poi a sganciarsi completamente dal CSM.

Lo psichiatra prima padreterno, di fronte al sapere poi della registrazione dei colloqui si fa guardingo, aumenta la sua considerazione rispetto il 'paziente', più facilmente cede.

Forse le registrazioni, in particolare delle false promesse sui risultati delle 'cure', delle minacce di Tso chiaramente pronunciate dagli psichiatri se non si prende le 'cure', potrebbero / possono essere usate legalmente, non so,

ma è un fatto/risultato che lo psichiatra che sa di essere o essere stato registrato sta più attento ci tiene più in considerazione.

E del resto mi pare che noi abbiamo il pieno diritto a registrare qualsiasi colloquio, senz'altro anche con lo psichiatra.

senzafini
del gruppo di auto-aiuto non psichiatrico di Roma

Ritorno alla vita - storia personale di Anna Fiori

Anna Fiori ci ha inviato questo brano, originariamento scritto per l'edizione italiana di "Coming off Psychiatric Drugs" Peter Lehmann edit., libro di cui attualmente disperiamo poterlo vedere stampato.
La redazione di No!Pazzia redazione@nopazzia.it www.nopazzia.it
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Ritorno alla vita

Biografia:

Anna Fiori ha 30 anni ed è laureata in ambito umanistico. La psichiatrizzazione è avvenuta nei primi anni di università e nei periodi migliori ha comunque portato avanti gli studi, laureandosi in ritardo. Attualmente lavora in ambito editoriale/ culturale e arrotonda le sempre magre finanze con lavoretti occasionali di quasi qualunque tipo.

Elenco farmaci:

Neurolettici: Zyprexa, Trilafon, (Akineton).
Antidepressivi: Anafranil, Seroxat, Elopram, Prozac, Remeron.
Ansiolitici: Xanax, Lexotan, En, Tavor.
Ipnotici: Minias, Nopron.
Antiepilettici: Topamax.

Dopo anni di psichiatri, cliniche, ospedali e psicofarmaci la decisione di smettere è nata dal sentimento di assurdità che provavo per tutto quello che stavo vivendo. Nel corso del tempo i farmaci continuavano a cambiare, a crescere in quantità, a mescolarsi in nuovi cocktail, ma tutto quello che vivevo era sempre e comunque la desolazione, il vuoto, e la parte più vera di me, se mai si era manifestata, era semplicemente scomparsa.
Ora, a distanza di alcuni anni, vedo le cose con molta più chiarezza, anche se recuperare certi ricordi rimane molto doloroso. E dolorosa è soprattutto la consapevolezza del tempo perso e dei danni subiti inutilmente.
Nonostante siano due anni ormai che non assumo più psicofarmaci, sento che il mio corpo e la mia mente non hanno ancora completato il processo del risveglio e a volte ancora mi stupisco di come si possano “sentire” certe sensazioni che prima erano attutite, ovattate o più semplicemente cancellate. In sostanza mi sono trovata a dover imparare a vivere, mentre prima a malapena vegetavo. E non è facile.

La decisione di smettere è nata verso la fine dell’ultimo ricovero che, se pur risulta formalmente volontario, nei fatti è stato come un T.S.O. Mi hanno infatti minacciata dicendomi che se non avessi accettato di buon grado di rimanere lì mi avrebbero fatto un T.S.O e mi avrebbero legato al letto. L’esperienza di questo ricovero mi ha tolto l’ultima dignità, mi ha annullato come persona, mi ha privato quasi della libertà di pensare. E intorno a me vedevo altre persone nelle mie condizioni o addirittura in condizioni peggiori.
A parte l’ambiente, gli strumenti di contenzione, lo scherno di certi medici e infermieri, sono stati sicuramente i farmaci a ridurmi in quello stato. Neurolettici, antidepressivi, ipnotici. Anche prima prendevo farmaci, a volte in dosi pesanti, ma questo nuovo cocktail era stato il colpo di grazia a tutta la mia persona. In particolare non avevo mai preso l’Olanzapina.
Più tardi, molto più tardi, ho capito che i neurolettici vengono somministrati appositamente per piegare la volontà, per cambiare il modo di pensare. Allora, mentre li assumevo, non lo sapevo e sentivo che le ultime mie forze psichiche mi abbandonavano. Credevo che fossero i sintomi di un’imminente follia. Mi sono ridotta ad una larva, ad una bimba bisognosa della mamma. Non pensavo a nulla, non provavo nulla, non sentivo nulla. Sulla cartella clinica di quel periodo leggo: “vacua, infantile”. E sicuramente apparivo così, ma non certo perché la mia vera indole fosse così.
L’antidepressivo che mi veniva somministrato aveva come effetto collaterale il farmi aumentare l’appetito in modo spropositato. In quel periodo tra l’altro soffrivo di disturbi alimentari e quel farmaco ha avuto l’effetto di esasperarli. Naturalmente all’epoca non sapevo neppure questo. Non sapevo di questo effetto collaterale, non sapevo neppure che farmaci mi venivano somministrati o a cosa servissero. Di nuovo ho pensato che quell’improvvisa brama ossessiva di cibo fosse “colpa” mia. Il che in una persona che ha problemi a rapportarsi all’alimentazione scatena l’inferno.
Nel mese del ricovero e nei successivi mesi di assunzione del farmaco sono ingrassata di 24 kg, per poi perderli di colpo non appena cambiato antidepressivo. Gli effetti di tutto questo sulla mia psiche sono stati a dir poco devastanti.
Mentre ero ricoverata ero sola, isolata da tutti. Per volere dei medici non potevo ricevere visite, a parte quella dei miei genitori, ma anche questo all’epoca non lo sapevo. Io credevo che nessuno avesse desiderio di venire a trovarmi, mi sentivo abbandonata. Ora so che anche quello era parte di una strategia volta a “piegarmi”, come mi dicevano.
Nelle nebbie del mio cervello e dei miei sentimenti pian piano si faceva strada solo un pensiero. Questa non è vita. È questo che mi fa male, sono i farmaci, gli psichiatri, gli ospedali che mi stanno distruggendo. Devo riprendere in mano la mia vita, pensando con la mia testa, sentendo con il mio corpo.
Avevo dei problemi prima di incontrare i farmaci, e i farmaci non li avevano certo risolti, anzi li avevano peggiorati.
In quel reparto ho visto persone di 40-50 anni che avevano passato tutta la vita nella condizione nella quale io ero in quel momento. Ho visto uomini, donne, vecchi, giovani che erano stati costretti con la violenza a rassegnarsi a quello che ormai consideravano il loro destino. Del resto erano solo dei pazzi, giusto?

Non so cosa mi ha dato la forza di prendere la mia decisione, forse la disperazione, forse un estremo istinto di vita che credevo di non avere più. Vivere a quel modo era equivalente a non vivere. Non avevo più niente da perdere.
Per uscire da questa situazione che sentivo totalmente assurda ho provato a parlare ai medici, che non mi ascoltavano e non mi ricevevano (n.b.: la mia “diagnosi” in quel luogo era stata fatta senza avere neppure un colloquio con me). Ho provato a parlare ai miei genitori che si rifiutavano di starmi a sentire. Tanto ero pazza! Sia ai medici che ai genitori dicevo di voler provare a ridurre i farmaci, perché volevo vivere con le mie forze, pensare e sentire con le mie facoltà. Ho provato a spiegare che sentivo che i farmaci mi facevano male. In quei giorni svenivo spesso.. a volte facevo fatica a trattenere la saliva, mi sentivo come avvolta nell’ovatta.
Inutile dire che tutti hanno considerato questo pensiero malato. Un altro sintomo, semplicemente.
All’inizio ho odiato i miei genitori, poi ho capito che ci vuole una forza di volontà e un coraggio enorme per liberarsi dalla psichiatria, visto anche lo strapotere che ha nella nostra società.
Ho odiato anche i medici, sordi e insensibili, ingabbiati nelle loro teorie preconfezionate e incapaci di vedere gli esseri umani che avevano di fronte. Tutt’ora provo rancore per quei medici, per le cose che mi hanno detto e fatto e che qui non è luogo per raccontare. Ad oggi credo che sia estremamente difficile pensare con la propria testa quando sei inserito in un sistema che ti dice come e cosa pensare. La vita sembra più semplice, ma non ti rendi conto di quante esistenze stai invece distruggendo.

Ho preso da sola la mia decisione, è stata la più saggia che abbia mai preso e ancora oggi mi stupisco di come abbia potuto, nella prostrazione più totale in cui ero, formulare un pensiero così coraggioso.
Sono sempre stata una persona sincera e trasparente, convinta che l’inganno non porta da nessuna parte, ma a volte la vita ti porta a valutare altre strade… Ho deciso che avrei semplicemente finto. Ho cercato di capire cosa gli psichiatri volevano da me e cosa avrebbe fatto loro piacere che facessi o dicessi.
Con la nausea dentro di me e un senso di repulsione per le parole che mi uscivano dalla bocca, per giorni ho ripetuto che mi ero pentita dei comportamenti che mi avevano portato al ricovero. Ho ringraziato i medici perché mi avevano fatto capire che ero sulla cattiva strada, ho detto che volevo collaborare, che volevo “diventare una persona normale” (ho detto proprio così… io…) , che volevo risolvere i miei problemi con il loro aiuto. Col passare dei giorni si sono ammorbiditi. Cercavo di girare per il reparto e partecipare ad alcune insulse attività proposte. In una decina di giorni sono riuscita a farmi dimettere.
Inutile dire che alla sofferenza che provavo per i miei problemi, si aggiungeva la fatica della continua menzogna.
Appena uscita mi sono documentata su quella che era la mia diagnosi. Ricordo che è stata formulata senza mai parlare con me… e per molto tempo mi sono chiesta se le diagnosi le decidessero estraendo un bigliettino da una ruota.
Su questo voglio fare una precisazione. Nel corso di 6 anni di psichiatrizzazione mi sono state fatte almeno 8 diagnosi diverse, e il medico successivo negava sempre la diagnosi del medico che lo aveva preceduto.

Ad ogni modo mi sono informata sulla diagnosi, DSM alla mano, ho letto anche alcuni semplici saggi scientifici, ho visto quali erano i sintomi e gli indicatori di guarigione. E così ho preparato la mia maschera.
Ogni volta che andavo ai colloqui ai quali ero obbligata a recarmi mi inventavo un pezzettino della mia guarigione, raccontavo dei piccoli progressi.. Non sempre ci riuscivo, a volte la sofferenza mi schiacciava.
Ho iniziato anche ad adulare sottilmente la psichiatra che mi seguiva e ho scoperto che è una cosa che ai medici fa enormemente piacere. Secondo me si sentono quasi divini, possedendo la Verità sulle nostre menti.
Con il passare del tempo ho chiesto di ridurre i farmaci, che era il mio obiettivo primario (il mio obiettivo a lungo termine era di liberarmi completamente sia dei farmaci che dei controlli psichiatrici e fare finalmente la mia vita).

I farmaci sono stati ridotti una prima volta di molto poco e lì non ho sentito grossissime variazioni, o forse solo variazioni a livello di chiarezza mentale. Ero un po’ meno “larva”, pensavo un pochino di più.
Il momento peggiore è stato dalla seconda riduzione in poi. Il secondo giorno di scalaggio sono stata così male da dover andare al pronto soccorso. Avevo tolto una mezza compressa (sempre su indicazione della psichiatra) alla sera. E il pomeriggio di due giorni dopo ho cominciato a vomitare, per ore, e non riuscivo a stare in piedi. Mi faceva male la pelle di tutto il corpo (difficile immaginarlo se non ci si è passati). Mi sono fatta portare al pronto soccorso, dove hanno detto che non c’erano cause evidenti per quello che mi era successo. Un medico poi mi ha chiesto se prendevo farmaci.. e gli ho fatto la lista. Mi ha detto che la causa potrebbe essere da cercare proprio nei farmaci, sosteneva che probabilmente mi facevano male.
Riferito l’episodio alla psichiatra, mi ha risposto che forse era influenza intestinale, che quel medico del pronto soccorso non capiva nulla e di continuare a prendere con fiducia i farmaci...
Da parte mia continuavo con le mie letture sui farmaci e la psichiatria. Dopo un paio di settimane mi sono resa conto che forse quella che avevo avuto era stata una piccola crisi di astinenza. Mi sono spaventata per la potenza che avevano quelle piccole pasticchine sul mio corpo e sulla mia mente. È stato da quell’episodio in poi che ho cominciato a riappropriarmi veramente di me. Forse quell’ulteriore scalaggio mi ha fatto tornare al di qua del mio personale limite, quel limite oltre il quale il farmaco ti annienta.

Nei giorni successivi a questo episodio mi sentivo sensibilissima. Sono sempre stata una persona molto sensibile, ma questa situazione sfiorava il parossismo. Qualsiasi cosa mi toccava, mi feriva, mi irritava, sia nella mente che nel corpo. Fare una passeggiata e vedere le foglie cadere dagli alberi mi commuoveva fino alle lacrime. Un abbraccio di mia nonna mi faceva sentire un senso di affetto quasi opprimente, una sensazione di amore universale e totale. Anche sul lato corporeo sentivo tutte le sensazioni amplificate. Un giorno stavo riempiendo una cesta con dei legnetti per accendere il caminetto, erano piccoli e leggeri e me ne è caduto uno su un piede. Avendo le scarpe non avrei dovuto neppure sentirlo. Eppure ho sentito un dolore così forte da tapparmi la bocca per non urlare.
A volte mi toccavo un braccio e mi stupivo di sentire così fortemente che il mio corpo mi apparteneva. Anche le sensazioni di fame e sazietà erano piuttosto normali. Il ciclo, che durante il periodo di assunzione dei farmaci, era sempre sballato, si andava regolarizzando. Rinascevo.
Uno dei problemi principali era il sonno: nel periodo di psichiatrizzazione più intensa ero arrivata a dormire anche 19 ore al giorno, per poi stabilizzarmi sulle 12. Con lo scalaggio ho cominciato a dormire sempre meno. Per mesi ho dormito 4/5 ore a notte, a volte solo 3, continuando a dire alla psichiatra che dormivo un po’ meno, ma che era tutto ok. Ovviamente non era tutto ok, la mancanza di sonno, unita forse all’astinenza, mi faceva diventare nervosa, irritabile, contratta. In certi periodi mi sentivo come un drogato che aveva bisogno estremo della sua dose. E a pensarci bene era esattamente così. Giravo per la mia stanza o per casa (quando non c’era nessuno…) come un uccello in gabbia. Più volte sono stata tentata di prendere dei farmaci per sentirmi meglio.
In quel periodo ho avuto molti mutamenti fisici. Con i farmaci che prendevo prima soffrivo costantemente di una forte stitichezza. Dallo scalaggio in poi, soprattutto verso la fine, avevo spesso diarrea. Facevo fatica ad assimilare il cibo ed ero dimagrita ulteriormente (complice il nervosismo e la mancanza di sonno). Durante il periodo di assunzione di farmaci avevo la pressione sempre molto bassa, ora anche quella stava tornando a livelli normali.
Vivevo sopraffatta dalle sensazioni emotive e corporee, sperando solo di trovare un equilibrio, nel terrore che la prolungata assunzione di farmaci lo avesse distrutto per sempre.

Pensandoci adesso mi rendo conto che i ricordi della mia vita sotto farmaci non sono simili ai ricordi di altri periodi di vita in cui non li assumevo. Sono diversi come quantità e come qualità. Ricordo molte meno cose e soprattutto le ricordo in forma diversa. Ricordo eventi, ma non mi ricordo le sensazioni collegate a quegli eventi. Oppure mi ricordo solo delle sensazioni di malessere e disagio, ma non di quelle piacevoli. È come se il farmaco mi avesse tolto una parte della capacità di sentire spontaneamente, mi avesse portato via una parte di me, mi avesse spenta, strappandomi i fili che collegano tutti noi alla vita. Il farmaco mi abbassava la soglia della percezione, livellava la mia vita emotiva, eliminava intere gamme di sfumature.
A ripensarci, in tutti quegli anni non ho mai provato curiosità o stupore, non mi sono mai innamorata, non mi sono mai commossa per un film.
In quegli anni ho anche preso decisioni che ora so che non avrei mai preso se non fossi stata sotto l’effetto di farmaci. Guardando indietro e pensando alle cose che ho fatto capisco quanto una sostanza chimica ti possa cambiare radicalmente la personalità e rovinare la vita.

É difficile rendere a parole quel periodo e ancora più difficile era fingere con la psichiatra che andasse tutto bene. Essendo le mie sensazioni, emozioni e pensieri così intensi, anche i miei problemi mi sembravano amplificati. Le cause del mio malessere mi opprimevano.
La mia fortuna è stata che i colloqui con la psichiatra duravano 20 minuti ed erano molto formali e standardizzati. Cercavo di rilassarmi prima, mi facevo una forte camomilla, magari andavo a correre per sfogarmi… in modo da non far trapelare niente che non volessi mostrare.
Ogni volta che ripenso al mio stato di allora e alla mia finzione, mi chiedo se sia possibile che la psichiatra non si sia mai accorta di niente. Questo per me rimane un mistero. Sicuramente a lei non importava personalmente di me, era solo il suo lavoro, ma era davvero una persona così poco acuta?
Forse semplicemente la mia voglia di libertà era così forte da trasformarmi per quei 20 minuti in una perfetta attrice. Mi stupivo che fosse così facile.

Seguendo questa strategia ho smesso lentamente quasi tutti i farmaci (in tutto ho impiegato un anno a smetterli del tutto). Alla fine mi sono trovata da sola con i miei problemi, che ora almeno vedevo e sentivo nella loro autenticità. Ora mi era chiaro che nessun farmaco avrebbe potuto migliorare la mia condizione. Quello che avevano fatto le pilloline miracolose era stato annullarmi, prostrarmi, annientare i miei pensieri e i miei sentimenti. Un automa non ha problemi: più semplice di così...
Quello è stato il periodo più difficile: ero quasi senza farmaci e tutto quello che i farmaci avevano sedato per anni era tornato prepotentemente a farsi sentire.
Nonostante tutto è stato allora che sono stata giudicata “guarita” e ho chiesto alla psichiatra di non andare più ai controlli. Mi sono voluta però togliere una curiosità. Prima di andare via per sempre da quello studio le ho chiesto: “La diagnosi che figura sulla mia cartella clinica è stata fatta dopo 9 giorni dal mio ingresso in ospedale. Nessuno psichiatra ha mai avuto un colloquio con me in quei giorni. Com’è possibile formulare una diagnosi senza mai parlare con il paziente?” Lei mi ha risposto: “Quando ricoveriamo una persona siamo costretti (per politica ospedaliera) a formulare una diagnosi. Nel tuo caso l’abbiamo fatta solo guardandoti, ma ne potremmo aver formulata ugualmente un’altra diversa, ad esempio sarebbe andata bene anche questa (...) o quest’altra (...)”.

In quel periodo mi facevo forza sulla convinzione che io non ero malata di una qualche malattia mentale. Non ho mai creduto al mito della malattia mentale, né per me, né per nessun altro. Io avevo solo dei problemi e avevo bisogno di risolverli. Ma avevo una mia dignità, i miei pensieri e le mie sensazioni erano degne di esistere, erano reali e vere e non banali “sintomi”. Mi sono insomma autolegittimata. Se nessuno mi dava dignità di essere quella che sono, mi davo questa dignità da sola.
Mi ha aiutato moltissimo anche entrare a far parte di una community on line dove si discuteva delle esperienze con la psichiatria. Dove per la prima volta ho scoperto che non ero la sola a pensare che l’impianto psichiatrico fosse dannoso, assurdo e offensivo per la dignità delle persone. Un posto dove altre persone cercavano di recuperare la propria vita senza psicofarmaci. Questo mi ha dato un’enorme forza, sentire che le mie idee erano condivise, che qualcun altro le portava avanti mi ha dato fiducia. Parlare con altri che condividevano quello che dicevo, che mi ascoltavano senza darmi della pazza è stata per me una marcia in più. Ho scoperto un mondo sommerso che criticava la psichiatria ufficiale, in modo coerente e organizzato, con precise basi scientifico-filosofiche. Un pazzo da solo è solo un pazzo, ma cento pazzi insieme possono ancora essere chiamati solo pazzi?
Grazie a questo sito internet ho cominciato a leggere alcuni scritti di autori dell’antipsichiatria e ad ascoltare qualche conferenza dove si dibattevano esattamente i problemi che io mi ponevo in quel periodo. In particolare ho trovato interessante il pensiero di Giuseppe Bucalo (ad esempio: Sentire le voci. Guida all’ascolto; Dietro ogni scemo c’è un villaggio. Itinerari per fare a meno della psichiatria; Malati di niente. Manuale minimo di sopravvivenza psichiatrica) e di Giorgio Antonucci (ad esempio: Il pregiudizio psichiatrico; Pensieri sul suicidio). Per me è stato importante anche il sito di Peter Lehmann e il materiale che vi ho trovato, come pure la lettura di un libro di Ronald Laing, L’io diviso. Studio di psichiatria esistenziale.

La mia ipersensibilità continuava, spesso scoppiavo a piangere per un nonnulla o avevo fortissimi dolori alla schiena, agli arti, all’addome. Di nuovo ero tentata di assumere farmaci. Non solo, alcune volte ho avuto il dubbio che forse quei farmaci mi “servivano” e che non avrei mai potuto vivere senza.

Qualche mese dopo ho avuto l’enorme fortuna di conoscere un medico che mi ha decisamente cambiato la vita. Mi è stato presentato da un amico comune che, senza che io gli chiedessi niente, mi ha detto: “Vai e parlaci. Non è un medico come tutti gli altri”.
Si trattava di uno psichiatra fuori dal comune, che non mi ha mai prescritto farmaci sia per mio volere sia perché mi ha detto: “Tu non hai bisogno di psicofarmaci, tu hai bisogno di parlare”.
E così è stato, ho parlato tanto con lui. Finalmente mi sentivo libera di essere me stessa senza fingere e semplicemente mi sono sentita accolta per quello che ero. Non avevo paura che mi costringesse a prendere farmaci o che mi ricoverasse.
Gli ho parlato della dismissione dei farmaci e delle difficoltà fisiche che avevo avuto (ipersensibilità, nausea, dolori). Il medico sosteneva che questi problemi erano in parte frutto del rebound e in parte erano emozioni che si ripercuotevano sul corpo.
Ho provato a prendere degli antidolorifici, ma non mi facevano praticamente niente. Mi è stato consigliato di svolgere attività fisica, di fare lunghe passeggiate, cose insomma che mi rilassassero e distraessero. Quando stavo molto male cercavo di parlare con qualcuno per sfogarmi e buttare fuori tutto il cumulo di emozioni che non ero più abituata a sentire e che quindi mi scombussolavano. Piangere mi faceva stare meglio, e anche scrivere. Ho fatto un ciclo di agopuntura, e ho provato dei preparati erboristici rilassanti.
Tutte queste cose insieme hanno un pochino alleviato i dolori e i disturbi. Sono cose semplici, quasi banali, che però sono servite ad ascoltarmi, a sentirmi di più e a non combattere con il nuovo essere con il quale mi trovavo ad avere a che fare. Non c’è sicuramente stata una cosa miracolosa che mi ha fatto sparire i dolori, le ansie, le paure. Un po’ è stato il tempo: a mano a mano che il corpo si disabitua ai farmaci e perde la dipendenza riprende a funzionare da solo.. e a me già questo sembrava un miracolo. Un’altra parte importante ha avuto la presa di consapevolezza del mio corpo, dei miei pensieri e dei miei sentimenti. Per anni mi sono sentita dire dagli psichiatri che in me c’era qualcosa che non andava, tutto veniva letto come sintomo di varie malattie mentali, come devianza dalla norma. Ora finalmente provavo ad accettarmi così com’ero. Non mi importava più se ero diversa o strana, ero semplicemente in un dato modo, e questo modo di essere era rispettabile come qualsiasi altro. Questo valeva anche per il corpo: accettare di avere questi dolori e non combatterli me li ha fatti sopportare più facilmente.

La cosa più importante comunque è che sono andata alla radice dei miei problemi, cosa che non avevo mai fatto. Nessuno più ha badato ai “sintomi”, ma centrale era solo la storia di vita e l’unicità della persona. Non ho mai sentito parlare di diagnosi, il dialogo era alla pari.
Affrontare i problemi non è stato facile, parlare di certe cose ancora meno. Non vorrei che sembrasse una passeggiata. Nel periodo in cui ho parlato e parlato di tutto, la paura e l’angoscia erano così forti che ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. Quel medico mi ha prescritto dell’Alprazolam, ma solo in caso di bisogno, precisando che non doveva essere una “cura” continuativa. L’ho preso solo 3 o 4 volte in quei mesi, quando proprio non ce la facevo più, e poi altre 2 o 3 nel successivo anno.
Con l’andare del tempo sentivo molto prima quando era in arrivo una crisi e ho imparato ad evitarla ascoltandomi di più, capendo cosa mi faceva male ed evitandolo, scrivendo, oppure telefonavo al medico. Usavo spesso preparati naturali con erbe rilassanti, uniti a delle tecniche di rilassamento mentale. Una di queste consisteva più o meno in questo: quando sentivo che l’ansia si trasformava in panico e il panico cresceva, mi isolavo, mi stendevo sul letto e mi mettevo le mani sulla pancia. Immaginavo la paura come un’ondata alla quale il mio corpo e la mia mente non dovevano opporsi, semplicemente la lasciavo fluire, crescere e poi decrescere. Mi facevo degli automassaggi, mi coccolavo. Insomma, accettavo la paura.

Sono convinta che sia stato il dialogo che mi ha salvato. L’assumere psicofarmaci non ha fatto altro che peggiorare la situazione, perchè mi ha impedito di pensare e sentire cose che dovevo elaborare: esattamente il contrario di ciò di cui avevo bisogno.
Ma alla psichiatria questo non importa: essa è un grande apparato che controlla la vita delle persone al fine di uniformarla ad un modello. Tutto ciò per poterla più facilmente gestire. E il pensiero autonomo è un pericolo.

Ormai sono 2 anni che non assumo psicofarmaci e ho imparato a gestire i miei malesseri e i miei problemi con le mie forze. A volte chiedo aiuto agli amici e soprattutto il parlare mi fa un gran bene. Non mancano i momenti di crisi, ma questi vanno via via diradandosi. Trovo una grande differenza tra le crisi che avevo quando ero sotto farmaci e quelle che ho ancora adesso (sempre più rare). Prima, quando ero in crisi, la sofferenza mi sembrava senza fine, eterna, non vedevo uno spiraglio di luce. Ora invece so che le crisi passano, che sono un momento, solo un momento nella vita. Soffro comunque, ma so che questa sofferenza finirà. Attribuisco questa differenza alla maggiore lucidità, alla maggiore autoconsapevolezza che mi dà il vivere libera dai farmaci.

Ho un grosso rimpianto per il tempo perso, per quel tempo che non ho vissuto perché avevo la mente e il corpo legati da questa camicia di forza chimica che sono gli psicofarmaci. Io credo che quando passi un periodo di vita sotto psicofarmaci è come se quel tempo venisse messo tra parentesi. E infatti ho molte cose da imparare e da capire che in quegli anni non ero in grado neppure di cogliere. Ho passato l’adolescenza e la prima giovinezza in quello stato e ora mi trovo adulta solo anagraficamente, senza il bagaglio di esperienze che dovrei avere.

La psichiatria ha in mente un certo modello di persona, vuole che tutti pensino e si comportino in un determinato modo. Chi esce da questi schemi è malato e quindi è lecito usare ogni tipo di violenza per riportarlo “sulla retta via”. Mi sento diversa da questo schema (psichiatrico) di persona, ma per me non è (più) un problema. Non mi interessa conformarmi ad un modello standard in cui non credo, perchè non ha niente di reale. E soprattutto è dannoso e limitante per la libertà delle persone. Dalla mia storia ho imparato che per quanto io sia strana, atipica, e a volte faccia fatica a fare cose che dovrebbero essere naturali.. vado bene così. E nessuno ha il diritto di affibbiarmi una diagnosi e provare a cambiarmi. Perché credo che alla fine sia esattamente questo che fa la psichiatria: usare i farmaci e la forza (la violenza) per cambiare le persone, così come richiesto dal sistema. Se ora mi sento libera è solo perché ho detto addio ai farmaci e alla psichiatria.

una dritta per sganciarsi da psichiatria e psicofarmaci, senza o con poco supporto

Se avete poco o nullo supporto esterno, potete tentare lo stesso procedimento generale di "una dritta per sganciarsi .. "
http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/450

possibilmente con più pazienza ed attenzione.

In tale "dritta" è consigliato utilizzare il supporto di gruppi di auto-mutuo-aiuto non psichiatrico o di gruppi antipsichiatrici.

Capire bene perché serve questo supporto esterno:

Questo supporto è opportuno sia per sostegno psicologico diretto personale incoraggiamento a tener duro non mollare ai primi possibili "effetti dannosi", che per informazioni sui possibili effetti negativi nella dismissione.
Ma SOPRATTUTTO il gruppo esterno è opportuno quale sistema di controllo dall'esterno per nuovo possibile "su di giri" (effetto 'rebound' cioè 'contaccolpo') di cui da dentro non ce se ne accorge, tutto sembra andar bene, anzi benissimo -- però è appunto l'effetto rebound non ci accorgiamo sottovalutiamo le difficoltà e gli ostacoli: i familiari si spaventeranno chiameranno molto probabilmente gli psichiatri che ci giudicheranno avere una 'ricaduta' ed obbligheranno ad un nuovo ricovero in SPDC, o ricominciare a prendere i famaci a dosi alte.
Dovremo invece stare a contatto col gruppo di controllo di amici e se questi ci giudiucano "su di giri" cercare di dargli retta, mantenere un basso profilo, non voler strafare 'tutto e subito' distrarsi invece dormire concedere un pò di tempo ( da giorni a settimane a mesi) a 'non fare niente'.

Se ancora si sta dismettendo, ritornare eventualmente al gradino precedente, o allungare i giorni di permanenza in ogni gradino.

Se si è finita la dismissione, va tenuto presente che c'è il 50% di probabilità di ricaduta con nuovo ricovero entro sei mesi dopo la dismissione completa dei farmaci, il 70% dentro il primo anno. Quindi dovete stare molto attenti al 'rebound' e alle 'ricadute' nei primi sei mesi, ancora attenti per i sei mesi successivi. ma poi siete ragionevolmente salvi fuori da ricadute (solo il 30% di probabilità negative). Quindi un gruppo di amici che vi controllano da fuori per il primo anno, a cui darete retta se vi segnalano che siete un po' "su di giri", è molto molto utile.

Se questo gruppo esterno locale che vi aiuta/controlla non ce l'avete, come fare?

Cercare almeno di averlo via internet oppure o anche via telefonino, qualcuno a cui tenervi in contatto e a cui comunicare vostri stati d'animo eccessivi o problemi.

IN PARTICOLARE FARE ATTENZIONE AI STATI D'ANIMO SINTOMI E PROBLEMI SIMILI A QUELLI CHE VI HANNO CONDOTTO A PRECEDENTI TSO/TSV...
Ecco alcuni casi (da evitare) possibili:
C'è chi ritiene di essere quasi infallibile e che tutti in casa debbano dargli retta.
C'è chi va in paranoia rompe le scatole a tutti i medici sospettandosi tutte le malattie possibili immaginabili.
Chi va in paranoia perché si droga con droghe da discoteca.
Chi crede di poter vivere senza dormire.
Chi ritiene che un digiuno ad oltranza lo purifichi. ..
Chi ritiene di essere un mago e di poter volgere le cose a suo favore con la magia.

Tutte cose che vi invitiamo eventualmente a perseguire MA SOLO DOPO ALMENO UN ANNO DALLA DISMISSIONE.

Potete all'estremo fare dismissione e sganciamento anche da soli, ma il rischio è più grande. Fatelo quindi solo se avete una grande determinazione.
Prendete in ogni caso misure preventive contro gli effetti più facili e probabili quali capogiri svenimenti panico insonnia (vedi il brano citato).
Se vi pare di aver trovato una grande importante soluzione che risolverà tutti i vostri problemi, non precepitatevi subito ad essa, dormitici sopra almeno una notte intera almeno otto ore di sonno.
Un giorno a settimana di far niente compreso non pensare non progettare è sempre caldamente raccomandato.

Per il resto il procedimento consigliato è lo stesso di "una dritta per sganciarsi dagli psicofarmaci e dai Servizi di Salute Mentale Territoriali"
http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/450

In bocca al lupo
Sandro C.

Cap 4 - Perché No la psichiatria

Capitolo che contiene materiali più o meno ufficiali e contributi di esperienze personali del perché la psichiatria e i suoi 'trattamenti' non sono buoni
(eventualmente poi sdoppieremo questo capitolo in due: personali ed ufficiali di esperti o gruppi uno e secondo testimonianze personali)

Ricopiare qui documenti importanti citando chiaramente la fonte; ed esperienze personali significative ben scritte del perché no la psichiatria -

Non vorremmo far crescere a dismisura questo capitolo, perché scopo principale di questo "libro in collaborazione" è/vorrebbe essere non tanto "PERCHE' NO la psichiatria" quanto piuttosto trovare soluzioni a "COME DIFENDERSI dalla psichiatria" (Il perché no potrà senz'altro essere più ampiamente sviluppato in un nuovo libro; giustamente qualcosa va messo anche in questo; ma ora ci appare /è molto più urgente trovare e pubblicare COME)
(le esperienze personali che forniscono soluzioni VANNO quindi DI PREFERENZA MESSE NEGLI ALTRI CAPITOLI)

Confessione di uno psichiatra

(originariamente inviato da double)
Qui di seguito una dichiarazione anonima di uno psichiatra di una Istituzione. Molti potranno contestare la scelta di non dichiarare l’autore dello scritto.
Ma la sottoscritta e' stanca di combattere e confrontarsi con la psichiatria... la vivo come un'ulteriore umiliazione e perdita di tempo. Non voglio curare la psichiatria! Trovo piu' utile cercare e offrire testimonianze per migliorare la qualita’ della vita di tutti.
(La testimonianza puo' apparire falsa perche’ scritta in modo piuttosto impreciso. In realta’ le dichiarazioni sono state raccolte velocemente durante una telefonata, anche piuttosto faticosa. Semmai per la fretta ho dimenticato di appuntare qualcosa. E’ tutto assolutamente vero.
Mi scuso anticipatamente per alcuni termini impropri e offensivi)

''Anche se ci troviamo di fronte a una grave malattia mentale il farmaco non e’ la soluzione, in quanto in questo modo si va a curare il sintomo ma non viene risolto il problema che ha scatenato la malattia.
Il problema infatti richiede altri tipi di soluzioni purtroppo inesistenti, come la collaborazione della famiglia che spesso si rivela un intralcio e/o della societa’, che dovrebbe riuscire a superare difficoltà e pregiudizi e aiutare l'individuo a reinsersi nel meccanismo che regola gli scambi sociali di chi vive in comunita’.
E' deleterio offrire alla persona che affronta un conflitto, la reclusione in residenze di cura e terapie strettamente psichiatriche, noi psichiatri, infatti, assistiamo ad una regressione e ad un accentuarsi dei disturbi, ed oggi, purtroppo, stiamo verificando il riemergere di una concezione del tutto biologico-medica della malattia mentale.
Tutto questo rappresenta un grave pericolo per tutti, proprio perchè sempre piu’ si e’ portati ad escludere soluzioni solidali alternative.
Il grande ostacolo e’ rappresentato da una questione strettamente legata a un discorso economico-politico, un vero e proprio giro di affari che serpeggia intorno alle cure farmacologiche.
Le multinazionali sfornano in continuazione nuovi farmaci per il solo profitto, fatturando ogni anno enormi quantita’ di denaro.
I politici alimentano questo giro: creano residenze sanitarie, mettono in commercio i farmaci, a loro volta si arricchiscono.
Noi medici ci troviamo impotenti, costretti a stare al gioco, privati da altri sistemi alternativi di cura, ci adeguiamo e prescriviamo farmaci e mandiamo i malcapitati nelle strutture psichiatriche.
Gli psicofarmaci sono oggi il rimedio piu’ usato per la cura dei disturbi mentali, ma di fatto non si conosce l'effettivo meccanismo di azione sugli esseri umani in quanto possono essere sperimentati solo sugli animali e non ‘’in vivo’’ come gli altri farmaci.
Sulle malattie mentali c'e’ scarsissima conoscenza, di conseguenza non sappiamo gli effetti che il farmaco puo’ produrre ma, nonostante cio’, si continua a prescrivere moltissimi psicofarmaci, anche per problematiche molto semplici, risolvibili con metodologie alternative.''

Lo psichiatra di base miope burocrate pauroso

Lo psichiatra di base miope burocrate pauroso

E' importante capire il meccanismo di base dello psichiatra curante, quello dell'Usl/Asl in particolare, per capire il perché tale psichiatra insiste a vederti periodicamente, a controllarti, a non smettere mai i farmaci.

C'è prima di tutto da tener presente che il sistema attuale della 'Salute Mentale' territoriale statale funziona su un elenco. Un elenco di 'pazienti' in carico per zona territoriale, formato da tutte le persone che abitano nella zona che sono state ricoverate in precedenza in un SPDC (cioè nel reparto psichiatrico di un ospedale statale). Gli psichiatri dell'Usl/Asl, sezione Distretto/ Centro di Salute Mentale (DSM/CSM), si ripartiscono tale elenco, cosicché ogni ex ricoverato in SPDC avrà/ ha da quando esce dal reparto in poi un determinato psichiatra del DSM/CSM competente per territorio quale psichiatra responsabile/ curante. Tale psichiatra ha per compito del suo servizio di 'seguire' 'controllare' di fatto - non di regola - 'tenere sotto cura' farmacologica tale paziente abitante nella zona, anche a casa.
Anche se la persona vive a casa propria, anche se è completamente autosufficiente, anche se da anni non ha più subito ricoveri in SPDC, tuttavia avrà/ ha questo 'angelo custode' psichiatra dell'DSM/CSM sempre alle costole.

Non sarà non è facile scrollarsi di dosso questo controllo e controllore. E' legale questo agire dell'Usl? C'è rispetto dei diritti fondamentali e di privacy? Secondo noi exutenti ed antipsichiatri no, ma il DSM/CSM farà di tutto per starti addosso.

In realtà questo essere nell'elenco dell'Asl o Usl (sezione Distretto o Centro di Salute Mentale DSM / CSM), non è un provvedimento legislativo, ma solo amministrativo, un provvedimento che dovrebbe aiutare l'ex ricoverato in SPDC non controllarlo poliziescamente e farmacologicamente. Ma invece è un controllo poliziesco che avviene con telefonate, con visite a casa, con minacce se non si prende i farmaci, se non ci si fa vedere regolarmente .. .

Quasi sempre questo controllo è prevalentemente esclusivamente rivolto a che si prendano farmaci antipsicotici (i pericolosi e alla lunga molto dannosi neurolettici Haldol Moditen Entumin Serenase Largactil Risperdal Zyprexa Abilify Seroquel ..). Ma a questo proposito dei farmaci imposti per anni interviene un secondo meccanismo, poco o non previsto dal provvedimento che ha istituito i DSM e CSM, precisamente la paura burocratica dello psichiatra di possibili danni al posto e alla carriera.

La stragrande maggioranza degli psichiatri di base, quelli delle Asl statali, sono estremamente timorosi della carriera. Abbastanza giustamente, come giustamente è timoroso della carriera un qualsias impiegato pubblico o privato.
Ma nel caso degli psichiatri del DSM e CSM si innesca un meccanismo perverso, di fatto estremamente dannoso per i 'pazienti'.

Meccanismo perverso dovuto da una parte allo strapotere senza controlli che la psichiatria di base ha sui suoi 'pazienti'(anche ricordiamolo mediante il Tso lo psichiatra ha il potere legale di privazione della libertà, di costrizione ai farmaci, ..), da un'altra parte al persistere nella società, nei familiari, ma anche negli stessi psichiatri, dell'immagine negativa del 'malato mentale' o 'pazzo', con la convinzione diffusa di una sua possibile pericolosità sociale.

L'immagine del 'pazzo' pericoloso, che compie atti violenti, è sempre messo in prima pagina su giornali e televisione, così tale immagine/ concezione negativa - chiamata 'stigma'- è continuamente alimentata. Nonostante non risulti statisticamente una percentuale di fatti delittuosi commessi da 'malati mentali' sostanzialmente diversa da fatti delittuosi commessi da 'normali'(*1).

Ma l'immagine negativa del 'pazzo' è diffusa ovunque e in parte prende e influenza condiziona gli stessi psichiatri.
Se pure ce ne sia qualcuno di psichiatra che non abbia paura degli atti 'inconsulti' del 'malato mentale' di cui è responsabile tuttavia avrà/ ha somma paura di danni alla carriera, teme per il proprio posto di lavoro. Posto che risulterebbe minato da possibili 'atti inconsulti' del paziente; Carriera in cui sarebbe sopravanzato da un collega meno risparmioso di farmaci.

Così lo psichiatra preferisce non tanto effettivamente curare il suo paziente, ma agisce invece di tenerlo stabilmente 'attutito' mediante farmaci. 'Sedato'(cioè farmaci a dosi alte o più farmaci simultaneamente) se lo sopetta violento, altrimente comunque 'attutito' da farmaci a dosi medie.
Anche perché di vere 'cure' la psichiatria anche internazionale attuale è priva e le 'cure' prospettate ed iniziate dalla psichiatria d'avanguardia negli anni '70 (R.D. Laing in Inghilterra, Franco Basaglia in Italia, Loren Mosher negli Usa) prevedevano e prevedono tutte la libertà come terapia di base. Proprio quel - la libertà senza controlli - che questi psichiatri di base attuali temono più di tutto.
Gli stessi familiari spingono nella stessa direzione, chiedono sempre anche ossessivamente allo psichiatra curante che il paziente sia 'tenuto ben calmo' dalle cure, sempre 'sotto controllo'.

E non è raro incontrare psichiatri curanti di carattere personale molto pauroso, che danno corpo alle ombre, si autoingigantiscono i minimi sospetti che il paziente possa combinare chissaché. Cioè psichiatri prossimi al panico. Questo psichiatra appena entra nel reparto un assistito, domanda all'infermiere di turno << costui, è ben attutito dai farmaci? Mi raccomando ..>> [Abbiamo testimonianze in proposito di operatori ed infermieri]. La riabilitazione, il ripotenziamente 'empowerment' del 'paziente' con tali psichiatri va a farsi benedire.

Lo psichiatra che ha incarichi di direzione nel DSM/CSM spesso non mostra paura anzi mostra una cordiale sicurezza ai familiari, ma si guarda bene dal permettere che i farmaci siano smessi.

E in più la psichiatria d'alto bordo, quella universitaria e delle riviste mediche, conferma lo psichiatra di base in questo, appunto che è opportuno che gli psicofarmaci non siano mai smessi. Questi psichiatri d'alto bordo sono tutti 'luminari' molto poco interessati a smuovere le acque delle competenze e cure, a controllare e mettere in dubbio il valore medico di tali competenze e cure, tengono care le deleghe legali e i privilegi storicamente ricevuti. Molti 'luminari' se non tutti sono più o meno direttamente collusi con l'industria farmaceutica [vedi brano ..]
A causa di questa conferma ai farmaci della psichiatria d'alto bordo, se lo psichiatra di base riducesse od annullasse gli psicofarmaci rischierebbe la carriera per eventuali 'misfatti' senza minimamente essere coperto dalla associazione degli psichiatri.

In più c'è l'assuefazione ai farmaci. E è proprio l'assuefazione che rende molto probabile un nuovo 'fuori di testa' se il paziente autonomamente facesse/ una dismissione troppo rapida degli stessi. Anche talvolta con una dismissione lenta una 'ricaduta' è probabile per problemi di vita non ancora risolti. Ma la 'ricaduta' è ancor più probabile con una dismissione rapida. Però gli psichitri non aiutano mai ad una dismissione dei farmaci, né informano, né agevolano una dismissione graduale.

Gli psichiatri NON DISMETTONO MAI I FARMACI, per farlo dobbiamo prendere noi l'iniziativa e spesso senza informazione di come correttamente dismettere.

Anzi che il paziente dismetta autonomamente i farmaci diventa un'altra loro grande paura.

Perciò per evitare questo rischio della dismissione autonoma dei farmaci da parte del paziente, il bravo burocrate-psichiatra di base utilizza oramai di routine farmaci 'depot' cioè una iniezione a lento rilascio che contuinua a funzionare ad attutire per alcune settimane.
E dopo tali settimane si presentano puntualmente gli infermieri a casa per una nuova iniezione, pena minacciono e spesso abbastanza illegalmente fanno, un nuovo Tso.
Quello delle iniezioni periodiche o 'depot' risulta un sistema semplice ed efficiente di tenerci 'attutiti' per anni col minimo sforzo. Ma le iniezioni 'depot' 'buttano parecchio giù' i primi giorni e sono impossibili da dismettere gradualmente; diventano una trappola/ prigione di cui non si vede bene le sbarre dato che non c'è la costrizione dei farmaci da prendere due o tre voilte al giorno, ma è una trappola/prigione efficientissima ad annullarci.

Comunque non esiste in Italia una struttura - quali le Case Soteria originarie Usa o la Weglaufhaus di Berlino (*2), in grado di assistere supportare un 'fuori di testa' senza attutimento farmacologico.

RISULTATO: lo psichiatra di base costringe in tutte le maniere il paziente a prendere farmaci attutenti - sedanti - i cosiddetti antipsicotici - neurolettici e stabilizzatori dell'umore'- in tutte le maniere in buone dosi per anni ed anni. E' pressoché l'unica attività vera della psichiatria territoriale DSM CSM Centri Diurni .., le altre che pure mostrano di fare nelle strutture (colloqui, gruppi di auto-aiuto, formazione, ..) sono attività di fatto false dato che da pazienti attutiti o sedati si può ottenere poco o niente di consistente umano autonomo.

LO PSICHIATRA DI BASE COSTRINGE E MENTE in tutte le maniere:
-- Mentendo spudoratamente sui veri effetti dei farmaci, sui danni a lungo termine prodotti, sulla assuefazione. Sull'incapacità di combinare alcunché di impegnativo (lavori impieghi ..) se sotto farmaci antipsicotici.
-- Controllandoci poliziescamente con visite e telefonate a casa; facendoci controllare dai familiari.
-- Con minacce di Tso spesso effettuati senza vero motivo di 'situazione grave'.
-- E di fatto hanno il ricatto delle piccole sovvenzioni monetarie, dei certificati per ottenere pensioni d'invalidità.

Altro personale non psichiatrico
Ma non solo lo psichiatra di base delle strutture statali, cioè del SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura ospedaliero, dei Centri di Salute Mentale, dei Centri Diurni, applica impone personalmente questa direttiva di farmaci attutenti per decenni a tutti i pazienti, ma costringe anche l'altro personale di tali servizi, gli infermieri, gli assistenti sociali, i facilitatori, spesso anche gli psicologi, a subire le sue decisioni imposizioni farmacologiche.
Così si hanno dei Centri Diurni, delle Case-Famiglia,.., in cui operatori non psichiatrici si arrabattono con grande fatica ad ottenere qualche risultato terapeutico, ma il risultato è quasi sempre annullato, reso pressoché del tutto impossibile, dato che il paziente imbottito dai farmaci è poco più che un automa.

Gli psichiatri privati non si discostano di molto dalla linea sopra detta, per quanto talvolta - raramente - risulta che dopo anni che conoscono il paziente sono un pò più disponibile a ridurre anche a zero i farmaci ..

Di fatto lo psichiatra di base, preso dal cerchio di ferro rischio carriera, attutimento farmacologico a portata di mano, richiesta di controllo fatta dalla società e dai familiari, conferma della opportunità delle 'cure' dalla psichiatria d'alto bordo, leggi che gli concedono una delega assoluta, ..
rinuncia completamente al giuramento medico ippocratico di non danneggiare i pazienti, se ne frega della salute fisica dei pazienti, rinuncia completamente a migliorare la 'salute mentale' dei pazienti, li danneggia gravemente a man salva con i farmaci psichiatrici per anni ed anni.

E nonostante che nemmeno risulti chiaramente che tali farmaci riducano il rischio di atti violenti (anzi si hanno indicazioni che tutti gli psicofarmaci aumentino la probabilità dei suicidi, e alcuni se assommati ad alcool od altro anche degli omicidi)(*1).

Ma lo psichiatra di base, burocrate piccolo piccolo, merda come medico, preferisce mettersi nella botte di ferro di costringere ai farmaci per-sempre. Lui così non rischierà niente, dato che ha 'curato' secondo l'"arte psichiatrica" corrente.

Note
(*1) Non maggiore pericolosità dei 'malati mentali': vedi http://www.macarthur.virginia.edu/risk.html parzialm. tradotto in http://www.nopazzia.it/nonpericolosi.htm
(*2) Alternative non psichiatriche vedi in www.nopazzia.it Contenuti Prospettive od anche libro http://www.nopazzia.it/PLehmann/alternative_oltre.html

Vedi anche: "La psichiatria d'alto bordo" ..

Cap 5 - Qualcosa su stato leggi diritti - noi capro espiatorio ?

Può essere opportuno conoscere un po' la situazione delle leggi vigenti. Quali invece i diritti secondo formulazioni internazionali (Onu) o altro. E motivi di critica al sistema stato/leggi/psichiatria.

Magari utili semplici chiarificazioni e commenti.

Aggiungeremo qui tale materiale.

Per le leggi accettando preferibilmente formulazioni non proprio complete ma chiare (non siamo non intendiamo e non possiamo essere tutti giuristi ed avvocati)

Diritti dei Malati

Carta dei diritti del malato

1. DIRITTO AL TEMPO
Ogni cittadino ha diritto a vedere rispettato il suo tempo al pari di quello della burocrazia e degli operatori sanitari.

2. DIRITTO ALL'INFORMAZIONE E ALLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA
Ogni cittadino ha diritto a ricevere tutte le informazioni e la documentazione sanitaria di cui necessita nonché ad entrare in possesso degli atti necessari a certificare in modo completo la sua condizione di salute.

3. DIRITTO ALLA SICUREZZA
Chiunque si trovi in una situazione di rischio per la sua salute ha diritto ad ottenere tutte le prestazioni necessarie alla sua condizione e ha altresì diritto a non subire ulteriori danni causati dal cattivo funzionamento delle strutture e dei servizi.

4. DIRITTO ALLA PROTEZIONE
Il servizio sanitario ha il dovere di proteggere in maniera particolare ogni essere umano che, a causa del suo stato di salute, si trova in una condizione momentanea o permanente di debolezza, non facendogli mancare per nessun motivo e in alcun momento l'assistenza di cui ha bisogno.

5. DIRITTO ALLA CERTEZZA
Ogni cittadino ha diritto ad avere dal Servizio sanitario la certezza del trattamento nel tempo e nello spazio, a prescindere dal soggetto erogatore, e a non essere vittima degli effetti di conflitti professionali e organizzativi, di cambiamenti repentini delle norme, della discrezionalità nella interpretazione delle leggi e delle circolari, di differenze di trattamento a seconda della collocazione geografica.

6. DIRITTO ALLA FIDUCIA
Ogni cittadino ha diritto a vedersi trattato come un soggetto degno di fiducia e non come un possibile evasore o un presunto bugiardo.

7. DIRITTO ALLA QUALITA'
Ogni cittadino ha diritto di trovare nei servizi sanitari operatori e strutture orientati verso un unico obiettivo: farlo guarire e migliorare comunque il suo stato di salute.

8. DIRITTO ALLA DIFFERENZA
Ogni cittadino ha diritto a vedere riconosciuta la sua specificità derivante dall'età, dal sesso, dalla nazionalità, dalla condizione di salute, dalla cultura e dalla religione, e a ricevere di conseguenza trattamenti differenziati a seconda delle diverse esigenze.

9. DIRITTO ALLA NORMALITA’
Ogni cittadino ha diritto a curarsi senza alterare, oltre il necessario, le sue abitudini di vita.

10. DIRITTO ALLA FAMIGLIA
Ogni famiglia che si trova ad assistere un suo componente ha diritto di ricevere dal Servizio sanitario il sostegno materiale necessario.

11. DIRITTO ALLA DECISIONE
Il cittadino ha diritto, sulla base delle informazioni in suo possesso e fatte salve le prerogative dei medici, a mantenere una propria sfera di decisionalità e di responsabilità in merito alla propria salute e alla propria vita.

12. DIRITTO AL VOLONTARIATO, ALL'ASSISTENZA DA PARTE DEI SOGGETTI NON PROFIT E ALLA PARTECIPAZIONE
Ogni cittadino ha diritto a un servizio sanitario, sia esso erogato da soggetti pubblici che da soggetti privati, nel quale sia favorita la presenza del volontariato e delle attività non profit e sia garantita la partecipazione degli utenti.

13. DIRITTO AL FUTURO
Ogni cittadino, anche se condannato dalla sua malattia, ha diritto a trascorrere l'ultimo periodo della vita conservando la sua dignità, soffrendo il meno possibile e ricevendo attenzione e assistenza.

14. DIRITTO ALLA RIPARAZIONE DEI TORTI
Ogni cittadino ha diritto, di fronte ad una violazione subita, alla riparazione del torto subito in tempi brevi e in misura congrua.

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IL CONSENSO DEL PAZIENTE E LA RISERVATEZZA DEI DATI

Aspetti legali in psichiatria:

IL CONSENSO DEL PAZIENTE E LA RISERVATEZZA DEI DATI

di Claudia Giovannelli, Infermiera CSM Aprilia, Az.USL Latina

IL CONSENSO IN PSICHIATRIA

Il termine consenso informato deriva dall’inglese informed consent. La dottrina del consenso informato ha iniziato a diffondersi con la Dichiarazione di Ginevra (1948) ed entrò nel lessico legale solo nel 1957 negli Stati Uniti. Sebbene sia al centro di molti pronunciamenti etico-sanitari e medico-legali, il termine "consenso informato" in realtà non ha significato univoco nelle diverse legislazioni internazionali e può assumere, ad oggi, connotazioni in parte diverse anche da stato a stato.

Dall’entrata in vigore della L.180/78, il paziente psichiatrico, se non interdetto, ha il diritto di decidere circa la propria salute, qualora non sussistano gli estremi che legittimano l’imposizione dell’obbligo di farsi curare (TSO), questo pone il malato in una posizione centrale rispetto alla cultura paternalistica del passato.

Ma quali sono realmente i diritti del malato mentale, e come è possibile rispettarli? Fino a dove si può sottoporre un individuo a un trattamento contro la sua volontà? Quando il trattamento rischia di divenire da terapeutico a illegale - cioè, quando si violano i diritti di autonomia e dignità del paziente psichiatrico?

Il consenso in psichiatria assume talvolta valenza particolare poichè può risultare problematico instaurare una terapia che non sia solo “sulla mente”, ma “con la mente”. Il dilemma emerge quando il paziente psichiatrico non può esprimere alcuna volontà, oppure la manifesta in opposizione al giudizio del medico: in questo caso è necessario trovare una soluzione alternativa all’idea del consenso esplicito come requisito indispensabile per l’intervento. Una di queste è il cosiddetto contratto di Ulisse, ovvero l’accordo tra l'equipe sanitaria e il paziente psichiatrico, in base al quale il paziente acconsente di sottoporsi in futuro a determinati trattamenti, nonostante egli preveda che, nei momenti di crisi, potrà non manifestare il proprio consenso, oppure opporsi a quei trattamenti.

In sostanza, due sono le situazioni in cui il parere del paziente non ha valore:

quando il paziente è giuridicamente interdetto

quando verte in condizioni permanenti o transitorie di incapacità di intendere e di volere rispetto al trattamento terapeutico propostogli.

Pur essendo possibile per i pazienti psichiatrici il ricorso a trattamenti sanitari obbligatori, quando vi siano "alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici" (sulla base degli artt. 34 e 35 della n. 833/78), i medici dovranno sin dal primo momento ricercare il consenso del paziente al trattamento (come prevede espressamente la legge), cercando così di rientrare, in tutti i casi in cui sia possibile, nella regola generale.

Requisiti del consenso:

In ambito sanitario il consenso per ritenersi valido deve essere:

Personale = indica che non è ammessa la rappresentanza di terzi (eccetto per i minori di 18 anni e soggetti interdetti)

Libero e spontaneo = deve essere frutto di una scelta non condizionata o vincolata, senza errori o inganni, libero da coartazione, dalla dipendenza terapeutica e dalla supremazia dell’operatore;

Cosciente = deve essere personalizzato, basato sulla valutazione dell’informazione, sulle possibili conseguenze di trattamento e di non trattamento e di alternative tra cure possibili;

Attuale = va dato ogni volta, prestazione per prestazione, prima di essa e revocato in qualsiasi momento dall’interessato

Manifesto = va acquisito con passi chiari e precisi e che non è sufficiente l’assenza di dissenso o la presenza di un consenso tacito né è ritenuto implicito nel rapporto tra medico e paziente;

Richiesto = da parte del medico il quale ha il dovere di fornire tutti gli elementi necessari perché le caratteristiche del consenso siano tutte rispettate;

Recettizio = (art. 1334 codice civile) perché ha effetto nel momento in cui il medico destinatario ne viene a conoscenza.

Essere informati, inoltre, è un diritto e non un obbligo. Un paziente può esplicitamente rinunciare al diritto di essere informato circa la sua esatta diagnosi, prognosi o terapia e chiedere solo di essere assistito. Si parla, in tal caso, di assenso, ovvero quando siamo in una sorta di accettazione passiva alla proposta di cura del medico, in condizioni in cui il processo attivo del consenso è almeno inizialmente difficoltoso, come nel caso di pazienti psichiatrici che, motivati alle cure, ricercano spontaneamente, presso un ambulatorio, un contatto terapeutico, ma a causa del loro stato di sofferenza psichica non sono in grado di affrontare completamente l’impegno del processo attivo dell’informazione e del consenso. Sebbene di indubbia utilità in ambito clinico, il concetto di assenso lascia aperti molti problemi sugli esatti compiti e confini del medico, sulla effettiva diminuzione della libertà psichica connessa con determinati stati di malattia o disturbi psichiatrici, sulla definizione dei confini rispetto al vero e proprio consenso.

Casi specifici:

Nel caso della minore età (tra i 14 e i 18 anni) il consenso informato deve essere espresso dai genitori o in loro assenza dal tutore (ad eccezione della interruzione volontaria di gravidanza, su semplice autorizzazione del giudice tutelare). L’informazione deve essere data anche al minore, perché esprima un suo parere.
Per quanto riguarda gli interdetti l’informazione e il consenso sono compiti del tutore che prenderà le decisioni a riguardo per la persona sotto tutela. Il paziente interdetto va comunque informato poiché la sua partecipazione alle cure è fondamentale.
Gli inabilitati sono invece autonomi nel dare o meno il loro consenso.
Gli incapaci naturali infine sono quei soggetti che, se pur non interdetti, si trovano per qualsiasi causa in condizioni tali da non essere in grado di dare un consenso o di esprimere un dissenso validi.

Presupposti giuridici:

Il consenso al trattamento si fonda principalmente su:

Costituzione (artt. 32 e 13) afferma che nessuno è obbligato ad un trattamento sanitario se non per disposizione di legge e che la libertà personale è inviolabile.

Codice penale (art. 54) fa riferimento allo stato di necessità, collocandolo tra le cause di non punibilità. “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o gli altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”

Codice Deontologico dell’infermiere

1.4. Il Codice deontologico guida l’infermiere nello sviluppo della identità professionale e nell’assunzione di un comportamento eticamente responsabile. E’ uno strumento che informa il cittadino sui comportamenti che può attendersi dall’infermiere.

4.2. L’infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e consentire all’assistito di esprimere le proprie scelte.

4.3. L’infermiere, rispettando le indicazioni espresse dall’assistito, ne facilita i rapporti con la comunità e le persone per lui significative, che coinvolge nel piano di cura.

4.4. L’infermiere ha il dovere di essere informato sul progetto diagnostico terapeutico, per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona.

4.5. L’infermiere, nell’aiutare e sostenere la persona nelle scelte terapeutiche, garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere. Si adopera affinché la persona disponga di informazioni globali e non solo cliniche e ne riconosce il diritto alla scelta di non essere informato.

Codice Deontologico medico (1998) si fa espressa chiarezza al consenso dell’informazione al paziente nel capo IV agli artt. da 29 a 34; in particolare si sollecita il medico a fornire un’informazione ampia, completa, esaustiva, per quanto attiene la prognosi, prospettive, eventuali alternative diagnostiche e terapeutiche e conseguenze delle scelte operate.

L’art. 29 dichiara che "Il medico ha il dovere di dare al paziente, tenendo conto del suo livello di cultura e di emotività e delle sue capacità di discernimento, la più serena e idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive terapeutiche e sulle verosimili conseguenze della terapia e della mancata terapia, nella consapevolezza dei limiti delle conoscenze mediche, anche al fine di promuovere la migliore adesione alle proposte diagnostiche-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve comunque essere soddisfatta".

L’art. 31, Consenso informato, evidenzia il necessario rapporto tra informazione al paziente (consenso) e qualunque azione diagnostica o terapeutica da parte del medico: "Il medico non deve intraprendere alcuna attività diagnostico-terapeutica senza il consenso del paziente validamente informato".

L'art. 32, afferma che "in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona".

Il Comitato Nazionale per la Bioetica ("Informazione e consenso all'atto medico", 1992, p. 30), limita "la sussistenza di un dovere di intervenire (solo) laddove lo stato di salute del singolo possa ledere la salute degli altri."

La carta dei servizi dei cittadini (241, 1990) e della Legge sulla Privacy (657, 1996) ha dato avvio a un processo di sensibilizzazione verso il rispetto dei diritti dei pazienti, e ha sollevato alcune questioni di natura etica. Il consenso a fornire informazioni (come la cartella clinica) e la riservatezza sono problemi complessi, così come la possibilità di scelta da parte del paziente del medico di servizio, la gestione dei reclami, etc.

Linguaggio e capacità di comunicazione:

"L’informazione va modellata caso per caso, deve essere dettagliata e motivata, ma anche cauta e prudente … intelligente" (Barni).

Si sottolinea l’importanza del “modo” con cui l’informazione avviene e del “contenuto” essenziale di essa. Il "modo" può riguardare la comunicazione e il "contenuto" l'informazione. Esiste una differenza tra informazione e comunicazione. Mentre l'informazione può risultare vera o falsa, completa o parziale, più o meno comprensibile, la comunicazione comprende un insieme di ulteriori messaggi che veicolano l’informazione con una partecipazione attiva del comunicante all'interno della relazione umana. Se l’informazione riesce meglio al medico per le proprie competenze tecnico-professionali, la comunicazione può riguardare maggiormente tutte le altre figure e persone che ruotano intorno al paziente.

L'informazione può anche prevedere la possibilità di svelare i limiti dell'arte medica, e il rischio che si può incorrere a difesa di ciò, potrebbe essere la convinzione dell'onnipotenza nell'operato clinico. Un clima particolarmente autoritario, fondato spesso su un'illusoria e smisurata fiducia nella clinica o, al contrario, una banalizzazione o minimizzazione al problema, potrebbero compromettere “ab initio” una relazione.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica propone alcuni standards per fornire le informazioni al paziente:

Uno standard professionale: ciò che la comunità scientifica ritiene essenziale – generalmente la comunicazione, data secondo un linguaggio tecnico-medico, diviene incomprensibile e inadeguata all’uomo "medio" poiché richiede un livello di conoscenze che quasi nessun paziente possiede;

Uno standard medio: forma comunicativa diretta alla persona culturalmente “media” della comunità; si basa sull’informazione che una persona comune può voler sapere e potrebbe comprendere.

Uno standard soggettivo: E' diretta a dare le informazione che il paziente riesce a comprendere, in base alle quali possa decidere. Concerne l’informazione adeguata e soggettiva che rischia di pendere verso una deformazione paternalistica e un'incompletezza scientifica dei contenuti informativi. Gli attuali orientamenti tendono a prediligere questo ultimo tipo di standard.

SEGRETO PROFESSIONALE E PRIVACY (Legge 675/96)

Costituisce segreto ciò che non deve essere divulgato e, in particolare, quelle informazioni che una persona vuole sottrarre alla conoscenza degli altri (Puccini).

Un tenace filo conduttore lega la sfera del consenso a quella del segreto professionale.

Il segreto professionale ha assunto negli anni un diverso significato, testimoniando una mutata sensibilità sociale e professionale, specie dopo il codice del 1995 relativo alla riservatezza sulla sieropositività da HIV, che vide una discrezionalità molto più ampia al fine di garantire la salute e la vita di terzi.

Inoltre la nascita di nuove figure di supporto all’interno dei servizi sanitari (tirocinanti laureandi e specializzandi, volontari psicologi, volontari del Servizio Civile, della Croce Rossa e altre figure transitorie) ha reso il concetto della riservatezza molto più flessibile.

Autorizzazione al trattamento dei dati:

Ogni trasmissione di informazioni che riguarda il soggetto in cura deve avere il consenso del paziente, per questo è d’obbligo che questo, all’ingresso in un Servizio Psichiatrico, firmi un documento nel quale possa indicare le persone autorizzate a ricevere cose, informazioni o notizie che lo riguardano (certificati, cartella clinica, comunicazioni varie) e modificarne i nomi nel corso del trattamento.

Le comunicazioni su stampa, posta, fax, e mail, pubblicazioni scientifiche, delibere, etc. relative al paziente in cura devono essere garantite nella privacy sostituendo al nome le iniziali. Qualora le circostanze permettano una esplicita identificazione del paziente per la sua storia particolare, o se in caso di foto, è necessario chiedere il consenso della pubblicazione così come prescritto dalle raccomandazioni internazionali in materia (International Committee of medical journal of the American Medical Association, 277, n°11, 1997)

Il personale sanitario, prima della raccolta dei dati anagrafici e sensibili, deve informare il cittadino sullo scopo della raccolta, sulle figure del titolare, del responsabile e degli incaricati al trattamento, sulle limitazioni del trattamento stesso e sui diritti nel pieno rispetto del principio del consenso informato.

Gli organismi sanitari pubblici possono trattare i dati senza il consenso dell’interessato, qualora vengono chiamati in causa per tutelare la salute o l’incolumità fisica di terzi o della collettività. Mentre negli enti privati è d’obbligo ricevere il consenso dell’interessato alla manipolazione dei dati sensibili.

Presupposti giuridici:

Codice penale (art. 622): “Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione od arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento...”

Codice Deontologico dell’infermiere:

4.6. L’infermiere assicura e tutela la riservatezza delle informazioni relative alla persona. Nella raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che e pertinente all’assistenza.

4.8. L’infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l’assistito ripone in lui.

Codice deontologico medico: ribadisce l’obbligo della riservatezza dei dati personali e della documentazione in suo possesso anche se affidata a codici e sistemi informatici per fini epidemiologici.

L’art. 9 esplicita che non è deodontolicamente corretto fornire , in corso di testimonianza, informazioni ottenute nell’ambito del proprio rapporto professionale con il paziente.

Così anche per l’art. 11 che fa obbligo, nella comunicazione dei dati ad Enti ed Istituzioni, di porre in essere ogni precauzione atta a garantire la tutela del segreto professionale.

Codice di procedura penale, art. 200 lascia al medico la facoltà di non testimoniare in sede giuridica.

DPR 28 luglio 99 n. 318: specifica che la necessità di disporre di una parola chiave per l’accesso ai dati informatizzati, fornendola agli incaricati del trattamento. Individuare per iscritto i soggetti preposti alla loro custodia o che hanno l’autorizzazione ad accedere a tali informazioni. A ciascun incaricato viene attribuito un codice identificativo personale.

Esclusione del consenso:

Art 12 della L 675/96

· Il consenso non è richiesto quando il trattamento, finalizzato unicamente a scopi di ricerca scientifica o di statistica epidemiologica, utilizzi i dati anonimi.

· In base alla stessa Legge 675/96 e all’autorizzazione 2/98 è possibile trattare i dati per tutelare l’incolumità fisica e la salute di terzi e della collettività, su autorizzazione del Garante, se l’interessato non abbia prestato il proprio consenso per iscritto o non possa prestarlo per effettiva irreperibilità, per impossibilità fisica, per incapacità di intendere o di volere. In ambito psichiatrico può verificarsi che gli operatori vengano a conoscenza di intenzioni manifestamente aggressive di un paziente verso terzi. Da un lato vige l’obbligo della riservatezza, ma dall’altro, sulla base della 765/96, si è autorizzati ad evitare danni ad ulteriori persone o alla collettività.

DLsg n.135/99 e autorizzazione del Garante n.2/97: “i dati generici sono passibili di rivelazione anche in mancanza di consenso, ma solo con lo scopo di tutelare l’incolumità pubblica o la salute di terzi o della collettività e solo previa autorizzazione specifica del Garante”.

Il Garante:

Art 30 della L 675/96 definisce il Garante un “Organo Collegiale costituito da 4 membri, eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato”. Essi eleggono un Presidente il cui voto prevale in caso di parità. Il Garante opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione. Ha il compito di garantire e tenere un registro generale dei trattamenti sulla base delle notificazioni ricevute; controlla se ii trattamenti sono effettuati nel rispetto delle norme di legge; segnala ai relativi titolari o responsabili le modificazioni opportune al fine di rendere il trattamento conforme alle disposizioni vigenti, promuove, nell’ambito delle categorie interessate, nell’osservanza del principio di rappresentatività, la sottoscrizione dei codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, predispone annualmente una relazione sull’attività svolta che è trasmessa al Parlamento e al Governo.

CONCLUSIONI

L’attuazione della legge 675/96 e delle Autorizzazioni successive, unitamente a quanto esplicitato nel codice penale e nel codice deontologico, stabilisce limiti e rapporti tra il diritto alla riservatezza dei cittadini e il diritto all’informazione oltre che all’esercizio delle attività di ricerca scientifica ed elaborazione statistica: si conferma infatti che il segreto professionale investe realtà sempre più complesse come quelle afferenti alle patologie psichiatriche, e pertanto necessitanti di una disciplina sempre più completa e precisa.

Ci auguriamo, pertanto, che nel rispetto dei diritti del malato, e di fronte a problematiche derivanti da trattamenti coercitivi particolari, le autorità sanitarie possano continuare a calarsi in riflessioni sempre più ricche e poliedriche circa l'autonomia o l'eteronomia del paziente.

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· DL 30.06.03 n°196 - GU n. 174 del 29 luglio 2003 - Supplemento Ordinario n. 123 - Codice in materia di protezione dei dati personali

· Decreto Legislativo n° 467 del 28.12.2001 - Disposizioni correttive ed integrative della normativa in materia di protezione dei dati personali

· DLgs n. 282 del 30 luglio 1999 - Disposizioni per garantire la riservatezza dei dati personali in ambito sanitario

· Legge n. 675 del 31.12. 1996 - Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali pubblicata sulla G. U. n. 5 dell'8 gennaio 1997 - Supplemento Ordinario n. 3

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Bibliografia:

“Medicina legale in psichiatria”- Francesco de Ferrari e Alfredo Carlo Altamura

"La questione etica in psichiatria" - Mariano Bassi, Sergio De Risio, Massimo di Giannantonio- Roma, Il Pensiero Scientifico, 2000

Webliografia:

"Il consenso informato al trattamento in caso di pazienti psichiatrici gravi" - Pensiero.it. - Studi in psichiatria - Volume 1 - Numero 3 - 1999
"Il consenso al trattamento in psichiatria" - Sopsi - Roma 8/9 maggio 1998
"Il codice deontologico dell'infermiere e l'etica infermieristica in una prospettiva storico giuridica nei servizi di salute mentale". Valter Fascio, pubblicato su www.infermierionline.net

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Pubblicato su InfermieriOnLine il 14.04.04

Modello per richiedere la Cartella Clinica

Modello per richiedere la Cartella Clinica
Submitted by dr.schizofrenico on Dom, 28/09/2008 - 19:01.
Anche se teoricamente per avere la propria cartella clinica è sufficiente andare presso direzione amministrativa dell'ASL di competenza e pagare un tiket di circa €16, molto spesso vi fanno grossi problemi sia per avere la cartella clinica che per cambiare medico.
Ricordate che comunque la vostra cartella clinica è un documento amministrativo che nessuno vi può negare e che teoricamente dovrebbero pure notificarvi e quì di seguito vi allego un modulo da presentare manualmente alla segreteria amministrativa avendo cura di farsene rilasciare una copia protocollata e controfirmata per ricevuta, o in casi estrami inviare per raccomandata ricevuta di ritorno.

Richiesta di accesso ai documenti amministrativi (legge 241/90)

AL__________________________
_____________________________
_____________________________

IL/LA SOTTOSCRITT __

Cognome e nome Luogo di nascita Data di nascita

In relazione al procedimento concernente __________________________________________________________(1)

C H I E D E

Ai sensi dell'art.22 della legge 7 Agosto 1990, n.241 di prendere visione / avere copia / avere copia autentica (2) dei seguenti atti (3) :
________________________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________

A tal fine fa presente che la situazione giuridicamente rilevante (comma 1, art.22, legge 241/90) che determina l'interesse per i citati documenti deriva dalla seguente motivazione (4) :
________________________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________
Allega:
________________________________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________
Ai sensi dell'art. 10 lettera b) presenta le seguenti memorie scritte, documenti, fa i seguenti rilievi:
________________________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________________________

Indirizzo per eventuali comunicazioni : ____________________________________________________________ ___________________________________________________ tel. _____________________ .

Data ______________
Firma _________________________________________

Note:
(1) Indicare lo specifico procedimento;
(2) Depennare le ipotesi che non interessano;
(3) Indicare con chiarezza gli atti richiesti;
(4) Indicare quale situazione determina l'interesse per i documenti richiesti.

dr.schizofrenico

Testamento Psichiatrico

SIGNIFICATO TERAPEUTICO DEL TESTAMENTO PSICHIATRICO.
Remigio Raimondi 1
Introduzione
Fin dall'antichità la storia della follia è narrata attraverso l'uso di metafore allusive/collusive che nascono e si consolidano come credenze sui punti di vista dominanti di chi si considera appartenente alla parte sana del gruppo sociale. Queste narrazioni hanno il potere di decontestualizzare, alienandole, le storie personali d'uomini prigionieri di un dolore non visibile, che è appannato da comportamenti marginali, ritenuti a torto incomprensibili e perciò minacciosi.
Quando questo dolore negato conduce ad atti estremi, fuori regola, a causa di un disgoverno delle emozioni eccessivamente protratte da affetti laceranti, si creano inevitabili fratture nelle relazioni interpersonali. Quando un progetto mondano, immaginario, si raffigura come reale nella mente del singolo, salificandolo in orizzonti senza senso, il suo mondo interiore diventa inconciliabile con quello dei più perciò si eclissa ogni intermediazione. Per autoproteggersi i più esorcizzano come disumana quella sofferenza mentale che è descritta e tramandata come categoria particolare, l'alienazione, in cataloghi speciali, e chi sperimenta questa condizione viene ridotto ad uomo diverso con diritti diversi. Viene privato, dalla norme comunitarie, della libertà anche se è senza colpe, e reso innocuo attraverso trattamenti sanitari per presunta sua incapacità volitiva e intenzionale.
E' questo un tempo in cui viene sospeso il diritto fondamentale della persona malata di mente di poter disporre della propria persona; l'esercizio di questo diritto è delegato senza regole e consenso ad estranei, nella fattispecie agli psichiatri e agli operatori della salute mentale del SPDC. In questo tempo sospeso l'alienato soggiace all'arbitrio d'estranei che decidono quale destino assegnargli agevolando o limitando con le loro prescrizioni il governo delle sue relazioni e la tutela dei suoi interessi materiali.
In carenza di un dispositivo di legge, che espliciti le modalità coerenti di tutela durante il periodo della presunta incapacità per malattia, gli utenti dell'associazione dell'Auto-mutuo aiuto psichiatrico di Massa e Carrara hanno ricercato soluzioni autotutelanti con ostinata coerenza per dieci anni, avvalendosi di consulenze tecniche qualificate.

1-Responsabile DSM AUSL l di Massa e Carrara
Cronistoria di un percorso.

Nel 1990 Massimo Belfiori e David Verner Foster, due soci del "Gruppo di Autoaiuto psichiatrico" di Massa Carrara, ricevono mandato dal direttivo dell'European Network of(ex) Survivors of Psichiatry (la Rete Europea degli utenti) di realizzare in Italia, per frantumare lo stigma sociale pregiudizievole sui malati di mente, percorsi di autotutela dei diritti fondamentali della persona mentalmente disagiata, studiando e individuando gli strumenti di garanzia giuridici più adatti. La prima possibilità esplorata dal gruppo fu di verificare se la legge 180/78 integrata nella legge di riforma sanitaria 833/78 con gli articoli 33,34 e 35, che regolamentano i TSO e gli ASO, fosse in contrasto con i principi costituzionali che tutelano il diritto all’indisponibilità della propria persona. Contattarono il Presidente del Tribunale di Pisa, un costituzionalista di riconosciuto valore e persona molto sensibile alle problematiche dei malati di mente, per acquisire il suo parere esperto. Le evidenze, da cui partivano per esperienza personale i pazienti, erano determinate dalla consapevolezza che le decisioni dei sanitari di proporre un ricovero in regime di obbligatorietà nel SPDC fossero pesantemente condizionate dall'allarme sociale, attivato dal comportamento reattivamente difensivo del disagiato psichico, e non sempre dalla necessità di curare il disturbo psicopatologico acuto o riacutizzato. Il controllo sociale, a loro parere, prevaleva significativamente nel giudizio medico e prevaricava la necessità di cura. La loro preoccupazione reale era che lo stigma sociale non rendeva visibili i bisogni soggettivi dei pazienti. Il parere del costituzionalista fu che, nonostante le evidenze dimostrabili della violazione dei diritti costituzionali sulla persona, definita alienata dal giudizio medico, insite nel dispositivo di legge, il legislatore aveva ope legis ritenuto necessario e prevalente tutelare la sicurezza sociale del collettivo, ritenuta minacciata dal comportamento disordinato, quando è considerato dal medico derivabile da un disturbo mentale grave e per tale presuntivamente diminuente le capacità soggettive. Il legislatore, comunque, aveva introdotto dispositivi procedurali che limitavano gli abusi possibili sulla persona con manifestazioni psicopatologiche acute, quando queste riducevano o abolivano le capacità volitive e intenzionali del singolo. Un ricorso, come proposto dall'associazione degli utenti, sulla incostituzionalità degli articoli 33-34 e 35 della legge 833/78 alla Corte Costituzionale avrebbe avuto poche possibilità di buon esito. Consigliò al gruppo degli utenti che sarebbe stato più praticabile individuare strumenti di tutela della persona in ambito civilistico e li affidò alla competenza del professor Luciano Bruscuglia, ordinario della cattedra di Diritto Civile dell'ateneo pisano. I rappresentanti del gruppo di Autoaiuto relazionarono al direttivo europeo sugli esiti del loro impegno e sulla impraticabilità di un ricorso alla Corte Costituzionale per far riconoscere incostituzionale. L’obbligatorietà del ricovero senza consenso. Ricevettero un nuovo mandato dal direttivo della Rete europea: farsi carico di lavorare sulla stesura e l' adottabilità del Testamento Psichiatrico, che in altre nazioni (Inghilterra, Germania e Olanda) era stato individuato dalle associazioni degli utenti come strumento di anticipazione di volontà sui trattamenti cui erano costretti a sottoporsi in caso di diminuita capacità decisionale per l'insorgere della fase acuta della malattia. E per la messa a punto di tale strumento giuridico il gruppo elesse come consulente il prof. L. Bruscuglia.

2) E' il coordinamento europeo delle Associazioni degli utenti ed ex utenti psichiatrici. Hanno propri rappresentanti al Parlamento europeo. Si battono perché i Parlamenti Regionali si dotino di un sistema di garanzie e contrastino i processi di emarginazione diffusi nei confronti del malato di mente. Il Direttivo ha rappresentanti delle Associazioni dei vari Paesi aderenti alla Comunità Europea. La rappresentanza più radicale è queHa inglese che fa riferimento alla cultura cosiddetta Antipsichiatrica di Laing, Cooper, Szasz, Schatzeman, Wing, Mosher, Basaglia, Foucault. In Inghilterra questa associazione, attraverso finanziamenti statali, realizza percorsi di trattamenti autonomi con proprie strutture, propri psichiatri e psicologi, operatori deHa salute mentale e volontari, addestrati in tecniche di relazioni, con precedenti esperienze di sofferenza mentale. I rappresentanti di questo gruppo nel Direttivo Europeo si sono alleati ed hanno ispirato i rappresentanti di Massa e Carrara verso scelte radicali e autonome.
Un aspetto, ritenuto importante dal gruppo,fu quello creare le condizioni tecnico-giuridiche di adottabilità dello strumento da parte dell'azienda USL l di Massa e Carrara. Per tale ragione elessero come interlocutore privilegiato il direttore del DSM' Tennero distinte e distanti le consulenze legali del prof Bruscuglia dalle consulenze medico-legali in materia psichiatrica del direttore del DSM. Volevano essere i soli decisori sullo strumento legale che intendevano strutturare. La loro preoccupazione era che, se i due professionisti avessero lavorato di concerto, i loro bisogni concreti, vissuti drammaticamente quando diventavano attori di un processo coercitivo, sarebbero stati sacrificati alle opportunità politiche. Il gruppo degli utenti individuò tre aree su cui strutturare lo strumento di tutela: a) area di trattamento psicofarmacoterapico; b) area di gestione transitoria patrimoniale e di riservatezza sui dati personali; c) area fiduciaria delle relazioni interpersonali. In altri termini negoziavano le procedure per un consenso informato esteso e sussunto dalla reciprocità, delimitavano il ruolo dell' amministratore provvisorio del proprio patrimonio e selezionavano le persone di cui fidarsi allorché la riacutizzazione della malattia avrebbe potuto alterare lo stato di coscienza, impedendo l'esercizio delle capacità volitive e intenti ve. Il professor Bruscuglia fin dall'inizio si rese conto della complessità giuridica del problema di cui gli si chiedevano indicazioni per una risoluzione compatibile con il diritto in carentia legis.La prima stesura del Testamento Psichiatrico, predisposta dal gruppo degli utenti, risultò molto ideologizzata, quasi una replica delle posizioni sostenute dell'ala radicale inglese. L'atto esordiva con una premessa che metteva in discussione l'attendibilità scientifica che orientava il giudizio medico sulla necessità del TSO. Fin dall'esordio della crisi acuta, nelle procedure elaborate e proposte, il testatore chiedeva che fosse presente nel proprio domicilio o sul luogo della crisi un proprio psichiatra di fiducia e ne indicava il nome. Questa premessa vincolava la decisione dei medici pubblici sulla necessità della proposta sanitaria da inviare al sindaco, indispensabile per l'emissione dell'ordinanza di TSO, subordinandola all'assenso dello psichiatra eletto fiduciario e questi non coincideva necessariamente con un sanitario della struttura pubblica. Successivamente il testatore entrava in merito ai trattamenti che era disposto ad accettare nel caso che lo psichiatra di fiducia concordasse sulla necessità del ricovero obbligatorio. Il testatore indicava, allora, se era consenziente o no a sottoporsi ai trattamenti farmacologici e, se sì, indicava quali farmaci accettava e quali rifiutava. In alternativa al trattamento farmacologico si riservava l'opzione di indicare un trattamento psicoterapico, scegliendo la tecnica e lo psicoterapeuta fiduciario. Tra le opzioni indicavano anche il rifiuto di ogni trattamento, indicando nel ricovero ospedaliero il luogo dove lasciare alla natura di fare il suo decorso. Comunque erano esclusi dai trattamenti accettati i cicli di elettro shock, i neurolettici depot, gli antiepilettici e i sali di litio. Questa prima parte del Testamento è stata oggetto di una lunga negoziazione con l'Associazione degli utenti perché si avventuravano in una tematica complessa e delicatissima,"in quanto una simile dichiarazione anticipata o attuale di rifiuto assoluto di ogni cura importerebbe l'inefficacia della medesima in quanto contra legem perché in assoluta contraddizione con il trattamento sanitario obbligatorio cui il paziente per legge deve necessariamente sottoporsi"(L. Bruscuglia). Un altro punto che fu oggetto di trattativa era la richiesta del testatore di poter scegliere gli operatori della salute mentale cui affidarsi nel periodo della degenza ospedaliera obbligatoria.

3) Dato che appare difficile prevedere idonei strumenti di tutela dell'infermo di mente nella fase critica della malattia.( ... ) mi sono chiesto se non fosse il caso di tracciare e percorrere una via diversa dall'interdizione e inabilitazione (inadeguati perché si concretano in eccesso di tutela ). Ho ipotizzato una tutela che potremmo denominare anticipata o preventiva, da sottoscrivere prima dell'insorgere della fase acuta della maIattia.""(Bruscuglia, Relazione sul Testamento Psichiatrico, presentata a Convegni e Tavole Rotonde a Genova 1998, Lucca, Pesaro, Perugia (1999).

Nel testamento veniva introdotto così un criterio selettivo e un giudizio di merito sulla professionalità degli operatori da partedi chi non era in possesso di strumenti tecnici di valutazione delle competenze. Invece le sezioni del Testamento che siriferivano alla gestione patrimoniale, alla privacy e alla gestione dei dati sensibili, alla identificazione dei soggetti della rete direlazioni da coinvolgere furono considerate legittime e adottabili da entrambi i consulenti. Dal 1993 si sono susseguite una decina di stesure di Testamenti. Ma ogni volta, a parere dei consulenti, non adottabili perché includevano opzioni che ne minavano la legittimità. Ad ogni stesura il gruppo maturava posizioni di maggior criticità e diminuiva la diffidenza nei confronti dell'Istituzione Pubblica. Nel 1999, grazie all'impegno tenace del Presidente dell' Associazione degli utenti Franco Colomani e dell'infermiere psichiatrico Giorgio Fabbricotti fiduciario del gruppo, si giunse alla stesura finale del Testamento su cui fu raggiunta la piena condivisione tra il consulente legale del gruppo il professor Bruscuglia e il direttore del DSM dr. Raimondi, consulente specialista del gruppo e delegato del Direttore Generale dell' AUSL dr. Magnani, sulla sua legittimità. Fu ritenuto strumento perfezionato di dichiarazione anticipata di volontà del paziente e perciò adottabile con atto formale da parte delI'AUSL. Per maggiore garanzia si sottopose l'atto al parere della dottoressa Maria Cristina Failla, Procuratore Capo Aggiunto della Procura presso il Tribunale di Massa, ed esperta di Diritto Pubblico. Il Procuratore Failla, esaminando la proposta di Testamento psichiatrico da far adottare all' Azienda Sanitaria espresse i suoi dubbi non sulla necessità di disporre di uno strumento legale che tutelasse il malato per l'intera durata dell'obbligatorietà alla cura, anzi valutò lodevole ciò che si proponeva in carenza legislativa, ma sulla sua praticabilità giuridica attraverso un atto pubblico.
In buona sostanza tre furono i dubbi espressi dal magistrato:
a) Dato che il testatore è malato di mente chi e attraverso quale valutazione garantirà la sussistenza delle capacità volitive e intenzionali del richiedente al momento della sottoscrizione dell'atto?
b) Non trova riscontro giuridico un atto di volontà espresso ora per allora.
c)Un atto che contiene disposizioni attuali diventa inefficace con il passare degli anni, a differenza del testamento in ambito ereditario, in quanto gli eventi della vita (compreso l'andamento della malattia mentale) si modificano e influenzano anche le volontà della persona. A questi dubbi aggiunse un giudizio di merito sulla validità di escludere l'uso dell'elettroshock come possibilità terapeutica. Nel frattempo il Direttore Generale dell' AUSL aveva affidato incarico all'ufficio legale aziendale di attivare le procedure per l'adozione del T estarnento psichiatrico quale atto integrante della documentazione sanitaria relativa all'utente, da custodire nella cartella psichiatrica in adozione del Dipartimento di Salute Mentale. Il Responsabile dell'Ufficio legale, venuto a conoscenza delle obiezioni del Procuratore Capo Aggiunto e dopo un colloquio con lo stesso, si espresse per la non adottabilità dell'atto 4. I dubbi espressi dalla dottoressa Maria Cristina Failla erano stati assunti dall'Ufficio legale dell' Azienda come indicatori di illegittimità dell'atto proposto. I due consulenti dell' Associazione, dI. Raimondi e prof Bruscuglia entrarono in contatto per la prima volta, per richiesta esplicita dell' Associazione degli utenti, che temeva il vanificarsi di anni di lavoro e di speranze per motivi formali, a loro parere pretestuosi. I due professionisti si raccordarono per studiare le soluzioni tecniche per dirimere i dubbi di natura giuridica e medico-legali espressi dal magistrato.

4 "Devo dire che il documento è stato accolto con qualche perplessità soprattutto da parte di alcuni membri dell'Ufficio legale dell' Azienda (che si sono espressi sia pur non ufficialmente, ma in incontri privati preparatori, in termini di inutilità del documento o manifestando una certa inquietudine: forse in tale direzione facendosi portatori di imprecisate preoccupazioni dei sanitari)". Bruscuglia

Dalla loro concertazione scaturirono le seguenti soluzioni:
a) Per avere la certezza della sussistenza delle capacità di intendere e di volere del testatore al momento della sottoscrizione dell'atto l'Azienda avrebbe dovuto indicare nel Direttore dell'D.G. di Psichiatria, suo massimo esperto tecnico per accertare le capacità di intendere e di volere del testatore, l'unico suo rappresentante alla cui presenza l'atto si sottoscrive.
b) Il Testamento psichiatrico sottintende la volontà di attribuire alle disposizioni in esso contenute una forza tendenzialmente vincolante alla stregua delle note disposizioni di ultime volontà con efficacia dopo la morte dell'autore conosciute in ogni ordinamento giuridico; quindi denominate ultime in quanto espresse prima dell' eventuale perdita delle capacità di intendere e di volere a causa dell' acuir si della malattia mentale. La legittimità dell'atto è sottesa alla sua assimilabilità, come specificazione, al cosiddetto testamento biologico( living will). Tale atto è stato introdotto in Germania nel 1990 mediante una modifica diretta delle norme del codice civile e nella provincia del Québec in Canada nel nuovo codice civile (arti. 2166-2174). L'adozione legislativa in questi paesi fa dedurre che il principio giuridico dell'assimilazione sussiste.
c )Per essere coerenti alla modificabilità delle situazioni in Germania 1'atto deve essere reiterato annualmente pena la sua inefficacia. Sul giudizio di merito sulla limitazione imposta al medico su una scelta di cura, qualora ritenuta utile, attraverso il rifiuto da parte del testatore di essere sottoposto a trattamento curativo con terapie elettroconvulsivanti si è fatto riferimento alla non certezza degli esiti vantaggiosi dei trattamenti elettroconvulsivanti rispetto ai trattamenti farmacoterapici sulla scorta della letteratura internazionale e alle evidenze scientifiche. Le implicazioni dell'uso di una tecnica traumatica come gli ESK riguardano la persona e il rispetto della sua dignità. Il principio costituzionale impone nel trattamento sanitario obbligatorio dei malati di mente di rronte a prevedibili risultati fungibili la scelta di un trattamento psicofarmacologico piuttosto che una terapia elettroconvulsivante in quanto quest'ultima si presenta oggettivamente e soggettivamente come meno rispettosa della dignità della persona. Comunque poiché tale terapia viene indicata dalla letteratura internazionale, in rare manifestazioni neuropsichiche, come salvavita, solo in quel caso residuale estremo il medico è autorizzato dal testatore a fame uso sulla sua persona. A fronte di tali argomentazioni il Procuratore Capo Aggiunto, soddisfatto, scioglieva le sue riserve sulla legittimità dello strumento anche se continuava a nutrire qualche perplessità sul valore giuridico della volontà anticipata dall' adesso per allora. Ma le sue conclusioni furono che in carenza di un dispositivo di legge è meglio che un'istituzione deputata alla cura si doti di uno strumento di tutela imperfetto che non prevederlo per niente, affidandosi e fidandosi del solo buon senso e delle sensibilità dei suoi operatori. La posizione modificata del Magistrato autorizzò l'Ufficio legale dell' AUSL ad attivare le procedure per l'adozione dell'atto da parte dell' Azienda USL. In data 4 marzo 2000 in seduta pubblica il direttore generale Pietro Giorgio Magnani, alla presenza di autorità pubbliche, funzionari regionali, difensori civici, deputati, dirigenti sanitari e amministrativi, associazioni degli utenti, dopo aver ascoltato le relazioni del prof Luciano Bruscuglia, del Procuratore Capo aggiunto dotto Maria Cristina Failla, del Responsabile del DSM dr. Remigio Raimondi e del Presidente dell'" Associazione Auto-mutuoaiuto psichiatrico" di Massa Carrara sig. Franco Colomani, alle ore 12 con deliberazione n.258 adottava il Testamento Psichiatric05.

5 Hanno contribuito a vario titolo per la creazione e l'adozione del Testamento Psichiatrico: Pier Paolo Balestracci, Massimo Belfiori, Maria Grazia Bertelloni, Femando Bertola, Ettore Biagini, Franca Brizzi, Luciano Bruscuglia, Maria Giuseppina Cabras, Andrea Calcagno, Franco Colomani, Franco Coloretti, Elena Cordoni, Pier Paolo Dalle Lucche, Aldo Dell' Amico, Tarquinio Dell' Amico vulgo Patapin, Fabio Evangelisti, Maria Cristina FailIa, Romano Fantappiè, Giorgio Fabbricotti, Stefania Ferrari, Enrico Ferri, Marzia Fratti, Piero Frediani, Vittorio Gasparrini, Anna Maria Glavina, Mario Guastalli, Alessandro Guidi, Maria Leone, Pietro Giorgio Magnani, Andrea Macuzzi, Paul Mariotti, Davide Marchini, Ugo Marchini, Carlo Martini, Enzo Mazzini, Maria Franca Menconi, Corrado Merlini, Diana Mirabili, Roberto Pucci, Remigio Raimondi, Marco Rossi, Lucio Segnanini, Marco Vanelli, Elio Veltri, David Vemer Foster.

Significato terapeutico del Testamento.
I ventun pazienti, che hanno partecipato alla realizzazione del progetto "Testamento Psichiatrico';, per un arco di tempo decennale hanno sperimentato un percorso terapeutico che ha consentito a ciascuno di essi di raggiungere il livello individuale di emancipazione sociale e lavorativa più soddisfacente, di stabilizzare a livello sotto soglia i disturbi psicopatologici che in precedenza li inducevano ad un isolamento stigmatico, e di maturare una personale percezione di utile coesistenza nel mondo degli altri. Hanno trovato nella propria interiorità e nelle relazioni intersoggettive di reciprocità, costruite sulla solidarietà e la cooperazione, gli strumenti mentali e i valori sociali adatti a contrastare l'andamento naturale della malattia, migliorando così la qualità della loro vita e realizzando una prospettiva concreta d'uscita dal dolore morale e di reinserimento attivo nella vita sociale per se e per gli altri. Le tre sezioni di cui si compone il Testamento Psichiatrico, strumento adottato dal DSM, rispecchiano esemplarmente il percorso terapeutico compiuto dal gruppo. La prima sezione contiene l'esplicitazione consapevole e matura che la propria malattia mentale può recidivare in acuzie e la recidiva può manifestarsi con una gravità tale da compromettere le capacità di comprensione. A causa di un' alterazione, seppur transitoria, dello stato di coscienza può diminuire o abolire transitoriamente la critica e, di conseguenza, la decisionalità del sofferente. E' questa e non altro la ragione che induce i medici a decidere che esistono i presupposti di un trattamento sanitario, reso obbligatorio dal sindaco, nell'interesse della salute del malato. Il passaggio dall'atteggiamento di negazione di malattia a quello di consapevolezza di malattia è stato punteggiato da almeno dieci stesure del documento che il gruppo di volta in volta proponeva di adottare. Nelle prime stesure del documento la malattia veniva indicata come causata dal pregiudizio emarginante sociale e di conseguenza l'obbligatorietà al trattamento sanitario, che comporta sempre privazione di libertà fisica, era dichiarata, nell'atto proposto, come una violazione bruta della dignità personale del deviante, lesiva del suo diritto all'autodeterminazione curati va. Il non riconoscimento di cittadinanza umana per il malato di mente era l'alimentatore collettivo di diffidenza e autocommiserazione. Aleggiava tra i pazienti del gruppo una sfiducia totale nei coooonti delle politiche del Servizio Pubblico e dell' agire terapeutico dei suoi psichiatri. Nei loro vissuti le esperienze dei precedenti ricoveri erano state rielaborate come esecuzioni di violenza gratuita che il braccio secolare dell'intolleranza sociale agiva in nome della sicurezza sociale dei benpensanti. Nel Testamento Psichiatrico volevano trasferire i loro desideri di emancipazione e le speranze di cancellare insieme stigma e malattia per essere riconosciuti persone tra persone. Ci sono voluti numerosi incontri formativi/informativi perché riesaminassero criticamente le loro posizioni con elementi certi, messi a loro disposizione, delle evidenze scientifiche. Il loro pregiudizio iniziale, difensivo e totalizzante, era di forza pari e opposta a quella che il campo sociale esibiva come credenze storicamente radicate sulla pericolosità sociale connessa alla follia. Con il passare degli anni sono stato testimone di profondi mutamenti interiori di questi pazienti. Hanno abbandonato le paure e la diffidenza evocate dalla memoria dei loro vissuti tragici e solitari. Hanno elaborate tematiche di solidarietà consolidate e concrete.Le hanno rese esplicite, chiare e coerenti nelle dichiarazioni anticipate poste nel loro Testamento. Un altro punto, difeso con incredibile ostinatezza, era determinato dal desiderio di condizionare selettivamente sia il trattamento medico sia la scelta del medico a cui affidarsi e di cui fidarsi in caso di perdita delle facoltà decisionali. Volevano essere certi che il proprio destino non dipendesse dalla casualità allorché dovesse accadere una recidiva drammatica lungo il loro percorso esistenziale. Ma il giudizio esperto di Bruscuglia sulla necessità di definire uno strumento di tutela compatibile con gli ordinamenti giuridici da una parte e le conoscenze scientifiche rese fruibili con un linguaggio comprensibile da parte di Raimondi dall' altra, limitarono le richieste di opzionalità del testatore, da includere nel documento, alle sole terapie elettroconvulsivanti. In tal modo salvaguardavano il principio di critica esercitabile dal testatore sulle metodiche terapeutiche brutalmente passivizzanti e rivalutavano i vantaggi dei trattamenti psicofarmacologici, come scelta necessaria fatta dal medico per limitare il persistere delle disabilità psicosociali come esito della malattia non trattata. Un altro aspetto significativo che il Testamento rende visibile è la rete di relazioni interpersonali che i pazienti hanno voluto che risaltasse. Dalla loro esperienza veniva rimarcato il problema della solitudine estrema con cui si vive l'angoscia dell'uscita dal mondo reale durante l'esperirsi della crisi psicotica. Durante tale esperienza solo la presenza di chi ha condiviso la comunanza di affetti e di idealità può essere accettato o tollerato. E' il tenue filo di Arianna, invisibile e inesplicato, che residua in un labirinto mentale senza orizzonti e che promette possibili vie d'uscita. A queste persone il paziente affida la gestione dei suoi pochi averi e li rende depositari delle confidenze intermediate dai curanti. Sono i soli a cui viene consentito il mantenimento di una relazione fatta di incontri anche se difettosi e parziali. Sono questi fiduciari che, se mobilitati dagli operatori sanitari precocemente quando si presenta una fase critica del disturbo psicopatologico, possono trasformarsi in intermediari preziosi per scongiurare l'inevitabilità del TSO. La richiesta da parte del paziente di sottoscrivere il Testamento Psichiatrico non può essere ridotta ad una mera formalità burocratica. E'un atto di grande valenza etica, giuridica e terapeutica. Il Responsabile del DSM, all'atto della sottoscrizione, è tenuto a informare il testatore e i suoi testimoni del significato delle dichiarazioni anticipate, del loro senso profondo e delle ricadute operative connesse. Il Testamento Psichiatrico da strumento di tutela si trasforma in potente strumento terapeutico perché definisce una strategia di evitamento della drammaticità dell'evento di cui dovrà divenire tutelante. Sono queste le ragioni etiche, sociali e terapeutiche per cui questo strumento è stato sposato con forza dal nostro DSM e adottato con atto pubblico dalla Direzione Aziendale della nostra USL.
Regione Toscana - Azienda USL 1 di Massa e Carrara Dipartimento di Salute Mentale

Testamento Psichiatrico 1
Dichiarazioni Anticipate
lo sottoscritto .
Nat.. a ~ , .
Residente in Via , , .
Comune Cap Prov .
Tel. .
Nella pienezza delle mie facoltà mentali dichiaro che questo documento rappresenta la manifestazione delle mie volontà in relazione:
a) in primo luogo ai trattamenti sanitari che fin d'ora consento che vengano eseguiti sulla mia persona nel caso in cui le mie condizioni psichiche non mi permettessero in futuro di esprimermi in modo cosciente e consapevole;
b) ed in secondo luogo per la tutela dei miei interessi in caso di un ricovero in regime ospedaliero di TSO oTSV.
? NON CONSENT02 O CONSENT02
che sulla mia persona siano adottate come trattamento curativo terapie elettro convulsivanti o Elettroshocks salvo l'uso residuale salvavita.
? NON VOGLIO D VOGLIO
che la ilÙa malattia, il ricovero, i trattamenti sanitari adottati nei miei confronti, si portino a conoscenza verbalmente o per iscritto all'esterno ovvero si diano informazioni da parte di chiunque ad alcuno se non alle persone sotto indicate:
a) Al ilÙo medico curante Dr. .
Residente in Via N .
Comune Cap Provincia .
Tel. .
b) Sig .
Residente in Via N .
Comune Cap Provincia .
Tel. .
c) Signor. .
Residente in Via N .
Comune Cap Provincia .
T el. , .
O I MIEI EFFETTI PERSONALI (il mio portafoglio, la chiave di casa, i documenti in mio possesso) dovranno essere consegnati al:
Signor.
residente Tel. . ~2) Barrare il quadrato relativo all'opzione
) Signor ________________________________________________________
Residente______________________________________________________
Tel. ______________________________________________________________
c) Signor. …………………………….. .
Residente ………………………………………
Tel .
Le persone suddette, appena contattate, si occuperanno di tutti i miei interessi per l'intera durata del mio ricovero ospedaliero o residenziale.
o SOLO LE PERSONE sotto indicate hanno diritto di prendere visione della documentazione medica ospedaliera che mi riguarda:
a)Signor. _______________________________
b)Signor.________________________________
c)Signor. _______________________________
o NON ACCETTO durante il mio ricovero le visite delle persone sotto indicate:
a) Signor
b)Signor.
c)Signor. .
o AL TRE DICHIARAZIONI
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

"Sono stato informato che l'ASL n.1 di Massa e Carrara tratterà i miei dati personali nel pieno rispetto della Legge 675/96 come successivamente integrata e modificata e che in ogni momento potrò esercitare i diritti previsti dall'art. 13 della suddetta legge che conferisce all'interessato, tra l'altro, la facoltà di conoscere l'origine dei dati nonché la logica e la finalità su cui si basa il trattamento; di ottenerne la cancellazione, la trasformazione in forma anonimia o il blocco dei dati trattati in violazione di legge; di ottenere l'aggiornamento, la rettificazione o, se vi è interesse, l'integrazione dei dati; di opporsi, per motivi legittimi, al trattamento stesso.
Pertanto, io sottoscritto acconsento al trattamento, sia manuale che informatizzato, dei miei dati personali inerenti la salute da parte del personale di codesta ASL e la trasmissione ad altri soggetti in base ad obblighi di legge.
Firma .
?DICHIARO che al momento della sottoscrizione del presente TESTAMENTO sono presenti i seguenti Testimoni:
a) Signor. .
Residente in Via N .
Comune Cap Provincia .
b) Signor. , .
Residente in Via N .
Comune Cap Provincia .
c) Signor. .
Residente in Via N .
Comune Cap Provincia
D Si sottoscrivono anche le persone soprannominate e identificate come Testi.
Data . “Il testatore”
(Atto deliberativo di adozione del TESTAMENTO)
REGIONE TOSCANA AZIENDA UNITA' SANITARIA LOCALE DI MASSA E CARRARA
IL DIRETTORE GENERALE

DELIBERAZIONE n. 258 del 4 marzo 2000
OGGETTO: Dipartimento Salute Mentale -Adozione Testamento Psichiatrico-
L'anno duemila, il giorno quattro del mese di marzo, alle ore 12, nella sede dell' Azienda USL 1, IL DIRETTORE GENERALE (Dr. Pietro Giorgio Magnani), prende in esame l'argomento di cui all'oggetto e assume la sottoriportata deliberazione. E' coadiuvato, a norma dell'art. 3 comma 4°, del D. Leg.vo 30/12/92 n. 502, e dell'art. 19 della L.R.T. 29 Giugno 1994, n. 49, da:
Direttore Amministrativo Dr. Enzo Mazzini
Direttore Sanitario f.f. Dr. Andrea Macuzzi
Coordinatore dei Servizi Sociali DI. Mario Guastalli
IL DIRETTORE GENERALE
PREMESSO che il Responsabile del Dipartimento di Salute Mentale Aziendale Dott. Raimondi, dopo un lungo processo di incontri, dibattiti in tema di autodeterminazione del paziente psichiatrico durante le fasi di ricovero ospedaliero, siano esse riconducibili a T. S.O. o T.S.V , con riferimento al trattamento elettroconvulsivante, alla tenuta degli effetti personali e alla comunicazione di notizie cliniche, ha elaborato una proposta di testamento psichiatrico.
CONSIDERATO che la prima stesura del testamento è stata modificata venendosi a superare le iniziali perplessità sorte in merito alla legittimità dell'atto in tema di consenso informato;
RITENUTO di dover precisare che la sottoscrizione del testamento da parte dell'utente deve avvenire in presenza del Direttore dell'U.O. di Psichiatria o di un Dirigente Medico suo delegato munito all'uopo di delega specifica, previa compiuta informazione dell'utente ed accertata ed indiscussa capacità di intendere e di volere dello stesso;
STABILITO che il testamento una volta sottoscritto può essere modificato in ogni momento dall'utente e, comunque, riconfermato con cadenza annuale;
STABILITO altresì che l'atto testamentario è parte integrante della documentazione sanitaria relativa all'utente e che dovrà essere custodita a cura del competente Direttore dell'U.O. di Psichiatria, rilasciandone copia all'interessato;
SENTITO il parere favorevole dei Direttori Amministrativo, Sanitario e dei Servizi Sociali;
DELIBERA
l)di approvare, per le motivazioni richiamate in premessa, "TI Testamento Psichiatrico" così come da modello allegato che costituisce parte integrante della presente delibera;
2) di stabilire che per la esecuzione del Testamento Psichiatrico ci si dovrà attenere a quanto stabilito in premessa;
3) di individuare nel Responsabile del Dipartimento di Salute Mentale, l'esecutore testamentario, nonché di incaricare il medesimo nella continua sorveglianza dell'applicazione di quanto stabilito nel presente atto con l'obbligo di relazionare annualmente al Direttore Generale;
4) di inviare il presente atto, per quanto di competenza, al Comitato Etico Locale, per il parere di competenza.

Cap 6 - La pazzia - o malattia mentale - esiste ?

Questo capitolo è un po' fuori dallo schema del libro, avrebbe bisogno di tutto un nuovo libro [vedi http://nopazzia.anti-psichiatria.com/node/373 ], ma qualcosa va chiarito, altrimenti il "come difendersi dalla psichiatria" senza chiarire conoscere le accuse che la psichiatria la famiglia la società ci fanno, renderebbe il libro zoppicante manchevole. E nemmeno i pazienti-loro-malgrado visitatori di questo sito/libro avrebbero un po' di informazione che invece potrebbe essere molto utile.

Su questo argomento "La pazzia - o malattia mentale - esiste?"
i vari gruppi antipsichiatrici nel mondo sono in disaccordo. Ognuno anche declina svicola in qualche maniera la domanda. Soprattutto perché riconoscere l'esistenza della "malattia mentale" ci manda in pasto alla psichiatria.
Tuttavia è un fatto che da millenni le società le culture riconoscono l'esistenza di 'insanità' 'impazzimento', di 'pazzi' momentanei o permanenti, anche quando la psichiatria non era ancora nata. Non si può quindi nascondere la testa sotto la sabbia.

Il parere del sottoscritto è che l'impazzimento /pazzia esista ma che non sia una malattia in senso medico proprio di difetto del cervello - quindi che la medicina non sia propriamente competente -; e soprattutto che il fenomeno può essere e spesso sia momentaneo e in ogni caso può essere e spesso sarà ampiamente reversibile. Invece il almeno 90% degli psichiatri sostiene che almeno il 90% delle loro "malattie mentali" siano incurabili, siano a vita. Contro questa concezione psichiatrica ci opponiamo strenuamente e sosteniamo, noi antipsichiatri, che senza medici e soprattutto senza le loro medicine si può sempre tornare "con i piedi per terra" sia spontaneamente che con piccoli aiuti amichevoli non medicali; e che invece medici e medicine danno solo sollievi apparenti momentanei ma che simultaneamente rendono molto più difficile tale ritorno. Ma chi non vuole tornarci - con i piedi per terra - riteniamo abbia il diritto dovrebbe avere il diritto di restare dove è.

Comunque questo è solo il mio parere, che eventualmente chiarirò meglio con un brano esteso. Ma altri pareri possono essere sostenuti e qui esposti.

Sandro C (8 genn 2009) (versione leggerm. variata 28 febb 009)

Continua "la malattia mentale esiste?"

Purtroppo ogni atto che si discosta dalla morale, dai costumi sociali e dalla cosidetta "umanità", apparentemente illogico, o atrocemente barbaro viene considerato come qualcosa che non ci appartiene.
Le più grandi doti artistiche di un Van gogh, Dalì, Beethowen, oppure l'atroce infanticidio di un bambino messo a rotolare in una lavatrice insieme ai calzini ed alle mutande da una madre, non viene in realtà riconosciuto come un atto spietato e crudele, o una totale disperazione, ma come una malattia,una patologia che fornisce l'alibi di un'azione tanto cruenta come l'infanticidio o tanto mirabile come una creazione artistica.
Un infanticidio? No, una malattia;
un genio? No, un pazzo.

Giorgio Antonucci ha tentato in mille maniere di descrivere cosa è la malattia mentale: una pura catalogazione di comportamenti, a cui gli si appioppa un nome di un male strano che non si sà neppure da dove arrivi e che non ha nessun riscontro eziologico.
C'è per ora solo un tipo di malattie accertato: le malattie CEREBRALI non le malattie mentali,definizione che di per sè non vuol dire nulla.
Le malattie mentali variano, appaiono e scompaiono dal DSM a seconda del periodo storico e dei costumi sociali che regolano una data società, era considerata malattia mentale l'omosessualità,in seguito cancellata dal dsm non solo per la lampante infondatezza, ma perchè molti psichiatri,uomini politici ed artisti importanti erano omosessuali.

Ma per andare sul pratico formuliamo un esempio concreto:
è gennaio, fa freddo, un uomo si spoglia al lato della strada girando a torso nudo noncurante delle basse temperature: la prima cosa che viene in mente ad un passante che lo incrocia è: "quell'uomo dev'essere pazzo!", la cosidetta pazzia serve culturalmente a definire un comportamento irrazionale o illogico a cui non riusciamo a dare una spiegazione.
Ma la spiegazione c'è sempre, per ogni situazione, per ogni comportamento apparentemente assurdo, ognuno ha le sue ragioni di agire in un dato modo.
L'uomo è quasi sempre in grado di esprimere le proprie emozioni con parole e discorsi, ma quando non ci riesce tenta qualunque strada possibile per comunicare la propria gioia, il proprio dolore o l'impotenza che lo attanaglia. Probabilmente spogliarsi può voler dire che si sente imprigionato nella propria mediocre esistenza,e che vorrebbe essere libero, oppure essendo una persona insignificante agli occhi degli altri vuol farsi notare, ma questa non è affatto una malattia, ma una difficoltà di interagire e comunicare, un puro e semplice disagio sociale o intimo.
Ciò che manca nella psichiatria,(anzi,l'unica procedura e metodologia che dovrebbe adottare per avere senso di esistere come disciplina scientifica) è proprio la preparazione di individui "addestrati" a comunicare con persone che soffrono di questi disagi, non parlo di empatia,sarebbe troppo bello e forse irrealizzabile, ma di logica nell'indagare quali sono le ragioni intime o tangibili che portano gli individui ad uscire così tanto dagli schemi comuni di espressione.
E' facile e comodo definire l'ignoto con l'appellativo di "irrazionale" è altresì faticoso e dispendioso vedere le cose effettivamente per ciò che sono.

Christian Brogi

La pazzia esiste come comportamento estremo non accettato né dalla società né dalla famiglia

inviato da sandro_c maggio 2009

Sono sostanzialmente d'accordo con il brano precedente di Christian Brogi, che ciò che era chiamato nel passato 'pazzia' ed attualmente 'malattia mentale' sia stato e sia tuttora sostanzialmente non compreso, e ingiustamente giudicato totalmente negativo. E ugualmente ritengo una completa ingiustizia medica e legale, che il sospettato o 'diagnosticato' 'malato mentale' sia dato in pasto alla psichiatria quale medicina competente, dato che non risultano danni medici al cervello in nessuna delle peggiori diagnosi psichiatriche.

Non sono però d'accordo con Christian a negare tutto, a negare che ci siano 'comportamenti strani' culturalmente riprovati che invece possano essere con pochi problemi accettati. Secondo me dobbiamo cercare di chiarire per possibilmente cercare di evitare talii "comportamenti strani" non accettati dalla famiglia e dalla società, o almeno se non risulta possibile evitarli, però adoperarsi a ridurli ad accettabili.

Ho visto troppi "malati mentali" costretti rinchiusi o a cure eterne senza che loro riescano a capire a sapere il perché. E nessuno che glielo chiarisce: sono tutti convinti, psichiatri ed operatori attorno a lui, che tanto non capisce, dato che è 'malato' e che caratteristica della 'malattia' è proprio 'non essere in grado di capire' proprio per difetto al cervello. E' vero che di solito ci interstardiamo nelle nostre convinzioni, spesso esagerate e sbagliate, ma è altrettanto vero che psichiatri ed operatori si interstardiscono nelle loro convinzioni, altrettanto esagerate e sbagliate - che ci sia una vera malattia, che le loro 'cure' non creino più danni che vantaggi.
Una cosa è che ci insistiamo nelle nostre convinzioni - di solito insistiamo perchè le consideriamo una via possibile importante su cui intendiamo proseguire -, cosa del tutto diversa è considerare la nostra insistenza e le nostre convinzioni come dovuta a malattia. Molte delle nostre "convinzioni strane" sono state sostenute quasi identiche nel passato vicino o remoto, o anche attualmente in altre culture, da filosofi e religiosi.

La 'pazzia' e le "cure psichiatriche" sono essenzialmente il contrapporsi di due errori, di due opposte concezioni /convinzioni entrambe esagerate /sbagliate. Quella del 'malato mentale' o 'pazzo' di aver trovato una soluzione miracolosa a tutti i mali di se stesso e del mondo; e qualla dello psichiatra di aver davanti uno che non ragiona perché malato, un 'malato' in senso medico certo certissimo di cui egli è lo specialista unico competente valido certificato.

Ma soprattutto la mancanza d'informazione rende più facili molte 'ricadute' che potrebbero invece essere evitate: ho visto molti 'guariti' che non sono quindi del tutto ingenui che dovrebbero aver imparato qualcosa dall'esperienza precedente, ma che dopo un po' "hanno una ricaduta" senza capire che il motivo del loro nuovo ricovero è spesso una stupidaggine che loro considerano senza importanza, ma non i familiari e non gli psichiatri, oppure o anche per aver dismesso di colpo i farmaci senza essere stati informati degli effetti d'assuefazione..

Prima di tutto va comunque assolutamente chiarito reso pubblico diffuso che in corrispondenza alla quasi totalità delle "diagnosi psichiatriche" - peggiori incluse -, NON ESISTE DIFETTO NEL CERVELLO riscontrabile con misure, né da vivi con analisi nelle cliniche universitarie più attrezzate, né in autopsie da morti ( a meno dei danni provocati dai trattamenti e dalle 'cure' messe in atto dagli psichiatri). Che ci siano difetti nei neurotrasmettitori è ugualmente risultato non dimostrato. [vedi a questo proposito nota] Quindi la validità medica delle diagnosi psichiatriche è del tutto arbitraria scientificamente infondata. La Psichiatria una associazione dedita esclusivamente a perpetuare se stessa, il suo potere. L'applicazione di mezzi medici su diagnosticati 'malati mentali' psichiatrici è un abuso medico. Anzi i trattamenti e le 'cure' messe attualmente in atto dalla stragrande maggioranza degli psichiatri risultano compiere un grosso danneggiamento della situazione medica del cervello e generale del 'paziente'.

Ma ciò detto e ribadito, resta il compito delle associazioni di aiuto e di questo manuale di cercare di avvertire i 'pazienti mentali' e il grosso pubblico - tutti ahimé possiamo diventare pazienti psichiatrici - di quali comportamenti ed idee sbagliate ci accusano, cosa è giudicato 'malattia mentale'.

[sarebbe più giusto che il termine 'malattia mentale' non fosse usato dato che può far credere ad una autentica malattia medica, il che ribadiamo non risulta]

Cosa pensiamo o facciamo di sbagliato per cui i familiari e conoscenti chiamano lo psichiatria ?

Quale ex-utente psichiatrico ed attivista di gruppi di mutuo-auto-aiuto nonché - lo riconosco - ex-pazzo, a me risulta che il giudizio di possibile 'malattia mentale' o 'pazzo' sia innanzi tutto un giudizio emessa dalla famiglia e dalla società, su una base di convinzioni radicate culturali e sociali.

Fin da ragazzi si impara a riconoscere il 'pazzo' di quartiere, per il suo essere al margine della vita sociale, per il suo comportamento 'strano' per il suo invetre .. . C'è questa designazione culturale / sociale del 'pazzo', una individuazione sociale radicata che crea un modello culturale di giudizio negativo contrassegnante.

In base a questo modello preesistente la famiglia sta attenta a possibili segni di 'pazzia' di un suo membro. Il rinchiudersi in casa, il sostenere idee religiose esagerate, il sostenere convinzioni magiche esagerate, il non dormire la notte, sono alcuni principali segni di possibile inizio di pazzia.

A proposito di famiglia e pazzia e concezione culturale preesistente di pazzia va rilevato che sono concezioni/situazioni strettamente una causa dell'altra: la famiglia non è in grado o è poco in grado di ammortizzare risolvere con i suoi mezzi il 'comportamento pazzesco' e proprio per ciò c'è la contrassegnazione sociale /culturale del 'pazzo. Lo 'stigma' - cioè la contrassegnazione culturale /sociale negativa del 'pazzo' - è una conseguenza della difficoltà della famiglia - e poi della società - a risolvere dentro sé i comportamenti 'strani' o 'deviati e devianti' di un suo membro. Così per un processo culturale e sociale si crea - si è creato nei secoli - il modello/stigma di cosa è 'pazzia', modello che poi serve già al grosso pubblico ad individuare nuovi casi di 'pazzia'. -- La attuale psichiatria non ha fatto e non fa altro che codicizzare in una struttura 'diagnostica' queste rilevazioni concezioni stigmatiche negative preesistenti sociali e culturali, spacciandole per vere 'diagnosi' mediche.

I primi segni di pazzia sono quelli sopra detti - rinchiudersi in casa, il sostenere idee religiose esagerate, il sostenere convinzioni magiche esagerate, il non dormire la notte, il montarsi la testa sull'aver scoperto una cosa importante, .. - che continuano per settimane e mesi e anzi si accentuano in : pretese di maggior riconoscimento e potere in famiglia, voler assolutamente coinvolgrere familiari od amici nelle proprie nuone straordinarie convinzioni, avere cento idee una dietro l'altra, fare cento telefonate in un'ora, ..

fino a "udire 'voci' " "avere visioni" "avere una missione" "essere perseguitato da nemici" .. , al che le famiglie si spaventano parecchio. [Tuttavia è stato recentamente dimostrato che moltissime persone convivono tranquillamente in particolare con i fenomeni detti 'allucinati' quali 'voci' e visioni ..(**)]

Infine ci può essere il "delirio". Il delirio di solito è tutto insieme le convinzioni 'strane' sopraaccennate precedenti in un rapido susseguirsi di esaltazioni e paure; oppure o anche è delirio una nuova concezione manifestamente strana ed infondata ma dichiarata come assoluta assolutamente da perseguire.
Il "delirio" è effettivamente una manifestazione che accompagna molti stati medici autentici gravi, non associati a 'pazzia', quali stati di malattia grave con temperatura corporea alta (oltre i 39 °C), oppure intossicazioni gravi da sostanze, anche stati deliranti postoperatori dovuti ad anestesia ancora in circolo.

VA TENUTO ASSOLUTAMENTE PRESENTE che:

  • una cosa sono le convinzioni le idee, abbiamo il diritto ad averle e manifestarle quali che siano
  • altra cosa sono il volerle imporle a familiari ed amici, il pretendere riconopscimenti .. questo NON POSSIANMO PRETENDERLO
  • assolutamente da evitare comportamenti prepotenti e violenti - con tali comportamenti dagli psichiatri saremo inevitabilmente marchiati e drogati a vita con farmaci fortemente debilitanti.

E' opinione di chi scrive che l'impazzimento sia solo un modo estremo esasperato di trovare un nuovo ruolo personale nel mondo, e sarebbe molto meglio nella famiglia e nella società di considerarlo come tale e non come malattia da cuirare.

..

Quali "sopravvissuti alla psichiatria" non possiamo che mettere in guardia i nuovi possibili designati 'malati mentali', che è per i comportamenti sopra accennati che noi siamo stati diagnosticati 'malati mentali' dagli psichiatri.
Per le idee le convinzioni i nostri comportamenti esasperati.
Non per il riscontro di difetti medici al nostro cervello, dato che in corrispondenza alle peggiori diagnosi psichiatriche il nostro cervello risulta perfettamente sano (*).

Tuttavia va sempre tenuto presente che le attuali leggi - italiane ed internazionali - danno alla psichiatria una delega assoluta. Ingiusta ma assoluta. E in più tali leggi danno alla psichiatria il compito amministrativo burocratico di controllarci, di efficientemente 'renderci innocui' - per quanto furbescamente lo chiamano 'tenerci in cura'.

Alla domanda se esista la pazzia e la malattia mentale va risposto secondo il sottoscritto, che esistono comportamente non accettati - e spesso non accettabili - dalla famiglia e dalla società e che perciò sono contrassegnati stigmatizzati come negativi come 'pazzia'. Il chiamarli "malattia mentale" è fuorviante dato che una malattia autentica non risulta. Se gli psichiatri si facessero da parte sarebbe molto meglio. Anche il chiamarli 'pazzia' è dannoso perché porta con sé il contrassegno negativo. Meglio periodo di 'fuori di testa' o di "arrampicarsi sugli specchi" o "ricerca esasperata di soluzioni estreme" o "momento di abbaglio" o "situazione di forte stress psicologico e saociale" o ..

NOTE

(*) Non danni medici al cervelli per le 'diagnosi' psichiatriche:
può essere controllato in qualsiasi buon manuale di psichiatria universitario; diagnosticano i 'sintomi' ma i danni al cervello non risultano, sono solo ipotesi teoriche che ci siano disfunzioni, teorie teoremi non confermati da nessun riscontro, anzi un susseguirsi di teorie ciascuna smentite da misure dopo pochi anni ..
risultano difetti e danni al cervello solo per le malattie 'neurologiche' (Alzehi,er, Parkinson, cancri al cervello, ictus cerebrali, demenze senili, ..) di competenza dei neurologi.

(**) Convivere tranquillamente con 'voci' e visioni: vedi ad es: M. Romme e S. Escher (a cura di): Accettare le Voci - le allucinazioni auditive: capirle e conviverci; (ediz. it. Giuffré Milano 1997)

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Sandro C. maggio 2009

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la Redazione di NO!Pazzia www.nopazzia.it maggio 2009