NO!PAZZIA ALTERNATIVE

LE  CASE  SOTERIA

Dal sito di Loren Mosher - www.moshersoteria.com - traduciamo l'ampio resoconto giornalistico "Still Crazy After All These Years" prevalentemente dedicato alle "case Soteria". E' un articolo di Jeanette De Wyze, giornalista, che intervista nel 2003 per il "San Diego Weekley Reader" Loren Mosher, l'ideatore e conduttore della sperimentazione universitaria - 1971-1983 - delle "Case Soteria", che è stata una sperimentazione / confronto tra trattamento per primo ricovero per schizofrenia senza psicofarmaci, nelle case Soteria, rispetto a con psicofarmaci, in reparto ospedaliero tradizionale. Il confronto è stato favorevole a senza psicofarmaci, gli psichiatri tradizionalisti non l'hanno mandata giù e Mosher è stato estromesso ed emarginato. Negli ultimi anni della sua vita Mosher si era appunto trasferito a San Diego - California. Mosher è scomparso il 10 luglio 2004.

Aggiungiamo che le ultime versioni delle "Case Soteria" erano non solo per schizofrenici ma per qualsiasi tipo di volontario con qualsiasi 'problema mentale', come si può vedere anche da questo articolo.

L'articolo originale è a http://www.moshersoteria.com/crazy.htm

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San Diego Weekly Reader, Vol. 32, No. 2, Jan. 9, 2003 

Still Crazy After 
All These Years
 

(Ancora pazzo dopo tutti questi anni)

Jeanette De Wyze, reporter

In uno di questi prossimi mesi, il Journal of Nervous and Menthal Diseases pubblicherà un articolo che descrive una non-tradizionale sperimentazione con schizofrenici di nuova diagnosi. Questa sperimentazione assegna casualmente giovani con tale diagnosi ad una o l'altra di due differenti forme di trattamento. Alcuni entrano in un ospedale psichiatrico dove ricevono psicofarmaci che reprimono i loro deliri psicotici. Gli altri vanno in un posto conosciuto come "Casa Soteria". Qui vivono per alcuni mesi insieme ad un piccolo gruppo di altri schizofrenici e un gruppo di supporto di uomini e donne (non medici) che danno aiuto emozionale per tutto il tempo ai disturbati. Lo studio ha seguito i soggetti della ricerca per due anni. Secondo questo articolo, gli schizofrenici che hanno vissuto nella casa terapeutica e non hanno ricevuto farmaci, sono riusciti meglio di quelli che hanno ricevuto trattamenti medicali nell'ospedale. Anzi, ha detto Loren Mosher,"Quelli che sono riusciti meglio sono quelli a cui era stata predetta una prognosi cattiva".

Loren Mosher

Russel Crowe in A Beautiful Mind

Mosher, uno psichiatra di San Diego, è stato il principale architetto della sperimentazione Soteria. Quel che si è dispiegato durante gli anni in cui Moher ha operato (dal 1971 al 1983), ha seguito i contorni della sua concezione della schizofrenia, una condizione che affligge da 1 a 2 americani su 100. Diversamente dalla maggior parte dei suoi colleghi nella professione, Mosher non è mai stato persuaso che il comportamento psicotico fosse dovuto ad anormalità del cervello. Egli perciò è giunto a ritenere che se la schizofrenia non è una malattia di organo deteriorato, allora è sbagliato costringere gli schizofrenici a prendere farmaci che cambiano il loro cervello. Egli è a conoscenza che le potenti medicazioni prescritte oggi per la schizofrenia spesso sopprimono i sintomi della pazzia e rendono le persone disturbate più agevoli da controllare. Ma Mosher argomenta che ci sono vie migliori per aiutare la maggior parte degli schizofrenici a riacquistare la sanità -- concedergli dignità, più umanità e rispetto della libertà, meno devastazioni del corpo e dell'anima.

Il dottore ora 69-enne dichiara che poiché sostiene queste convinzioni, "Sono del tutto emarginato dalla psichiatria americana. Non sono mai invitato ai grandi congressi. Non sono mai invitato a esporre le mie idee. Non sono mai invitato quale relatore di parte a meetings negli Stati Uniti". Tuttavia dal 1968 al 1980, che è l'arco di anni in cui le sue poco ortodosse convinzioni raggiunsero l'apice, Mosher ha occupato una posizione preminente nella comunità della ricerca psichiatrica statunitense. E' stato il direttore del Centro di Studi sulla Schizofrenia al National Istitute of Mental Health di Washington DC. Ha fondato il Schizophrenia Bullettin, di cui è stato il capo editore per dieci anni. La storia di come e perchè è diventato un reietto dalle organizzazioni della sua professione, rivela molto di quanto è cambiata in profondità la concezione della pazzia in America negli ultimi 40 anni.

In Mosher, la sua tendenza ad essere una persona non irregimentata può essere ritrovata fin dall'infanzia. Fu un ragazzo malaticcio che combatté con allergie e asma, perse sua madre per un cancro alla mammella quando aveva 9 anni. Parcheggiato da un parente all'altro, racconta di come raggiunse alla meno peggio i 14 anni. Dal 1949 si sistemò con il padre a Marin County, ma continuò ad avere una grande libertà nonostante ancora adolescente. A 14 anni, aveva già la licenza di guida e un'automobile. Nell'estate esplorò le selve della Sierra Nevada su un vecchio stallone arabo prestatogli da uno zio. Nei due mesi e mezzo successivi al diploma liceale, lavorò duramente come uomo di fatica nei campi di petrolio del Montana e del Wyoming, usando un identità falsa per poter sostenere di avere 21 anni. "Il fatto era che dovevo lavorare dopo il liceo per avere il denaro per andare all'Università di Medicina". La bugia lo trasformò, racconta. Però ben presto cambiai tipo di lavoro, ebbi funzioni di "dottore", per fortuna limitate a solo primo intervento, indisposizioni semplici quali infreddature, e complicazioni sessuali quali piattole e gonorrea" Ma Mosher fu meravigliato e lieto dall'importanza che subito guadagnò agli occhi dei suoi compagni di fatica "perché appariva sicuro e fu ritenuto che 'stava per diventare dottore'."

Mosher ritiene che le credenziali Harvard siano "un molto buon passaporto negli Stati dell'Unione. La vostra abilità ad ottenere qualcosa è esaltata."

Subito poi l'università. Si guadagnò gli studi a Stanford, allora conosciuta come scuola di élite per WASP. Dice che amava l'idea dell'élite ma che dovette lavorare per tutte le sue spese vitali. Mosher riteneva che la laurea in medicina fosse la sua meta essenziale. Aveva ammirato la dottoressa che aveva curato le sue molte malattie nell'infanzia, asserisce che è stata la competenza ed empatia di questa dottoressa che lo ha fatto desiderare di diventare dottore anch'egli. Non accettato dapprima dall'università di medicina di Harvard, frequentò Stanford per due anni, poi stette fuori un anno per lavorare e mettere da parte denaro. A quel punto Harvard ne accettò il trasferimento. "Così la mia laurea -- con lode -- fu dalla Harvard Medical Scool. Il che è importante," dice, con un ammiccamento malizioso."Apre molte porte. Mi sono reso conto che amici hanno avuto danno ad averlo disprezzato." Mosher usò le credenziali Harvard per ottenere una "molto, molto buona presentazione negli stati dell'Unione,.. La Vostra abilità di ottenere cose è esaltata.." Dopo la laurea, fece internato all'Università della California a San Francisco. "Ma poi portai la mia residenza come psichiatra di nuovo ad Harvard."

Perché psichiatria? Mosher puntualizza alcune esperienze durante la scuola di medicina che lo hanno indirizzato in tale campo. Gli capitò "un caso di uno studente di medicina ipocondriaco" abbastanza grave da far richiedere a tale studente aiuto psicologico. "Durante il oltre un anno di psicoterapia, ho sperimentato di prima mano la capacità di guarigione di una relazione umana, curante." Un corso estivo di psichiatria lo introdusse agli psichiatri della visionaria Bay Area quali Gregory Bateson e gli fece intravedere "possibilità umanistiche" in psichiatria che a Mosher apparvero contrapposte agli aspetti meccanizzati e tecnologici delle altre specializzazioni mediche. Inoltre tutti i suoi amici entrarono in psichiatria; egli si accodò.

Dice che l'anno passato nell'internato lo ha aiutato a formare le sue attitudini chiave. Confrontandosi tutti i giorni con "malattie, incurabilità, morte, situazioni su cui aveva poco controllo ed influenza," Mosher si trovò determinato a non pensare ai suoi pazienti come oggetti, come gli appariva che gli altri suoi compagni medici facessero. Trovò ispirazione negli scritti dei pensatori fenomenologici ed esistenzialisti del tempo, quali Rollo May, Soren Kierkegaard, Jean-Paul Sartre, Maurice Merleau-Ponty, e altri. "Il loro pensiero era, fondamentalmente, di essere felici oggi, perché non sei sicuro di svegliarti domani mattina," spiega Mosher. "Ed essi hanno una ben decisa attitudine ad accettare le persone per quel che sono e non giudicarle né rimproverarle né mettele in caselle. Solo tentare ed essere ora e essere al meglio in quel che stai facendo. Quando le persone muoiono intorno a te ogni giorno e non c'è niente che puoi fare, questa è un pò di consolazione, volendo."

Soteria House (La prima Casa Soteria)      

Nel 1962 ottenne un incarico psichiatrico alla Massachusetts Mental Health Center (una istituzione "da tempo nota come 'Psyco' a causa del suo nome precedente, il Boston Psychopathic Hospital"). Qui un tipo con i capelli bianchi, rotondo, simile ad un Babbo Natale "ben presto mi tolse ogni mia residua pretesa di 'curare' pazienti," dice Mosher. Quest'uomo, che fu il direttore di Mosher, esortava i suoi psichiatri interni a dimenticarsi di "far congetture" circa i pazienti. Invece egli chiedeva loro di stare insieme agli individui sofferenti -- comprenderli, accettarli, creare una relazione con essi. "Egli incoraggiava di rapportarsi agli schizofrenici come a persone con molto serie difficoltà di vita, di trattarli concedendogli dignità e rispetto; il tentativo di pensare come essi vedevano se stessi fu un successivo punto critico del mio sviluppo in proposito," asserisce Mosher.

Ma Mosher realizzò anche come la cultura generale dell'ospedale psichiatrico si opponeva a tali linee guida. "I punti di vista sostenuti dallo staff erano giudicati molto più validi di quelli dei pazienti, trattamenti fisici come l'elettrochoc erano applicati per risolvere problemi di relazioni ." Prima che il suo incarico terminasse, aveva sviluppato due differenti serie di convinzioni. La prima era che "una relazione umana è terapeutica anche per quelli che hanno messo in piedi le più abili strategie a mantenersi distanti" -- cioè gli schizofrenici. L'altra convinzione fu che la realtà della vita negli ospedali psichiatrici si opponeva alla formazione di tali relazioni umane.

Mosher non aveva intenzione di far carriera negli ospedali psichiatrici. Egli scelse un percorso che poteva condurlo in evidenza nella ricerca psichiatrica; come primo passo su questo cammino si procurò un posto come "clinical associate" nel National Institute of Mental Health (NIMH). A partire dal 1964, lavorò nella sezione "istituto studi sulla famiglia, scrutinando famiglie da cui erano usciti schizofrenici

"Ricerche su gemelli e schizofrenia erano state fatte fin dall'inizio del 1900," dice. "I tedeschi li hanno studiati per primi." Ma a partire dal 1960, secondo Mosher, molti studiosi stavano asserendo che in circa due terzi dei casi in cui uno dei due gemelli identici era schizofrenico, anche l'altro risultava tale. Se confermato, ciò rappresenterebbe una forte evidenza che ci sia una causa genetica, dato che i gemelli identici hanno la stessa base genetica. Ma già quando Mosher arrivò all'istituto, egli venne a sapere che stava incominciando a venir fuori critiche che mettevano in dubbio la validità degli studi sui gemelli. Infatti più nuovi e metodologicamente più curati studi mostravano un molto minore "indice di concordanza."

Il gruppo a cui si aggregò Mosher non tanto stava studiando queste correlazioni statistiche ma piuttosto stava cercando di capire cosa succedeva nei casi di gemelli discordanti -- cioè quei casi in cui uno dei gemelli risultava pazzo ma non l'altro. "Intendevamo avere sia i gemelli che le loro famiglie nel centro clinico per due settimane circa e studiarli come gruppo." Quel che trovammo, dice Mosher, è che in queste famiglie i gemelli che poi divennero schizofrenici, "erano trattati in molte situazioni in maniera nettamente diversa dal corrispondente gemello."

Adesso Mosher guardando retrospettivamente questa ricerca ci vede "una serie di problemi". Lo studio fatto riguardava solo 16 coppie di gemelli. Il modo in cui era stata fatta la scelta delle coppie da studiare era discutibile, altre concause possono aver influenzato il lavoro. Ma il lavoro "generò alcune interessanti ipotesi," dice Mosher. E i due anni che lo coinvolsero nella ricerca gli diedero le credenziali di promettente giovane ricercatore.

Come passo successivo per il suo perfezionamento professionale, Mosher persuase il National Istitute of Mental Health a inviarlo a Londra, allora uno tra i più attivi centri di fermento creativo nella realtà psichiatrica. Durante il suo anno qui, assorbì un ampio spettro di influenze intellettuali. Come terapista, lavorò in coppia alla Clinica Tavistock dei British National Health Services. "Poi passai alla clinica Anna Freud e trascorrevo i pomeriggi nel suo cosiddetto gruppo borderline, dove si discutevano casi secondo la teoria freudiana," racconta. Un certo tempo lo passava al Maudsley Hospital con un famoso psichiatra genetista, Elliot Slater, "che aveva un orientamento molto, molto biologico." Niente, comunque, impressionò Mosher quanto il frequentare R.D. Laing e e il controverso esperimento in cui Laing era allora immerso.

 

R.D.Laing      

Il carismatico scozzese era stato psichiatra a soli venti anni nell'esercito britannico, ma era diventato famoso nel 1960 a livello internazionale con la pubblicazione del libro L'io diviso. "Egli ha tentato di rendere intelligibile alla gente comune il processo di come si impazzisce," ha scritto uno dei biografi di Laing. La schizofrenia, nella concezione di Laing, è un tentativo di adattarsi ad una situazione insopportabile. Mosher aveva letto L'io diviso appena pubblicato e aveva trovato che rispecchiava molto strettamente le sue esperienze personali con i pazienti "ma mi stupivo che ciò potesse diventare una prigione."

Nel giugno del 1966, Laing fornì al giovane americano aggiornamenti sugli sviluppi raggiunti al Kinglsley Hall. Questo casamento nell' East London, di proprietà di quaccheri, aveva ospitato il Mahtma Gandhi duranti i negoziati con l'Inghilterra nel 1930, e si trovò di nuovo in primo piano mediatico quando i quaccheri lo resero disponibile ad un gruppo chiamato "Philadelphia Association", tra i cui dirigenti era Laing. C'era stato un precedente fallimento (nel 1965), "essi avevano riunito persone che erano state diagnosticate con seri problemi," spega Mosher. "La concezione originale era che i professionisti dovessero vivere là dove erano le persone, "strettamente insieme", dicevano ... L'ambiente stesso è uno strumento terapeutico .., una comunità egualitaria dove i confini tra sano e insano fossero non definiti da gerarchie e ruoli."

Kingsley Hall     

Quando Mosher arrivò a Londra, alcune delle idee iniziali erano cadute a margine. "La maggior parte dei professionisti non volevano vivere là a lungo," Mosher rileva. "Essi non amavano la costante intrusione dei pazzi. Non avevano privacy." Anche un continuo flusso di visitatori si intruppava nel posto." dice Mosher, "era diventato come uno zoo -- dove il visitatore americano pompiere va a vedere gli animali in gabbia." Egli racconta che ogni tanto i residenti del Kingsley Hall si ribellavano, chiedevano che nessuno potesse entrare nella residenza a meno che non invitato dai residenti. Per alcuni mesi, Mosher fu escluso, ma poi fu invitato e ci visse alla pari una settimana.

In quell'occasione, fece una lista di argomenti che lo tormentavano. Egli trovò critico il "pessimo stato di tirar avanti la casa, la caotica disorganizzazione delle questioni monetarie, e il a dir poco il del tutto azzardoso preparare il mangiare e riunirsi a consumarlo". Ritenne anche che l'isolazionismo, spesso anche un atteggiamento ostile, rispetto il vicinato, li avrebbe portati ad essere osteggiati a sua volta. Dentro la casa, guardò con occhio critico alla fede nell'altruismo e nell'amicizia come capaci di generare un avvicinamento interpersonale. "Per quanto lo scopo suonava nobile, il risultato era però che i residenti meno socievoli occupavano gran parte del loro tempo nei loro "viaggi" personali." Mosher trovò comunque che "alcuni dello staff salariato, il cui lavoro consisteva nell'intereagire non aggressivamente con i singoli residenti a turno, ottenevano senz'altro migliori risultati che non a lasciarli nella loro solitudine e miseria."

Nonostante queste sue critiche, il modello sperimentale di trattamento accese l'immaginazione di Mosher. "Decisi, ad es., che la pazzia avesse bisogno di non -- o che probabilmente fosse meglio che non -- fosse trattata in ospedale." Mosher trovò che come minimo Kingsley Hall ha mostrato che gli schizofrenici possono essere guariti in una istituzione aperta dove i ruoli dei residenti non fossero definiti rigidamente e il potere e lo status delle gerarchie fosse minimizzato. Gli aggeggi medici psichiatrici sono "come minimo irrilevanti ma spesso dannosi per il pazzo," concluse.

Più presto di quanto si aspettasse, egli ebbe l'opportunità di mettere alla prova questa convinzione. Lasciata Londra, andò alla Yale University facoltà di medicina, dove un ruolo di assistente lo aspettava. Mosher era stato reclutato dalla Yale nell'aspettativa che egli avrebbe trattato i nuovi metodi basati sulla famiglia che aveva imparato al National Institute of Mental Health. Però, dopo aver sperimentato le vibranti energie controculturali sorgenti nella Londra di fine anni 60, Mosher trovò che nel suo nuovo ambiente di lavoro egli subiva un pesante contraccolpo culturale. Il dipartimento di psichiatria di Yale era "conservativo, psicoanalitico e dominato da potenti professori." Per fortuna, quando un altro assistente fu inviato in Vietnam, si chiese a Mosher di assumere il suo incarico di responsabile in una guardia psichiatrica di venti-letti in un nuovissimo Connecticut Mental Health Center. A Mosher apparve la perfetta opportunità di mettere in pratica le sue non-convenzionali idee.

Il risultato fu un luogo "totalmente aperto, volontario, dove ognuno faceva quel che voleva. Alle persone era permesso di decorare le proprie stanze. Era abbastanza simile ad un dormitorio di college." Mosher mise in piedi solo incontri dello staff; aprì tutte le porte e insistette che i pazienti organizzassero le proprie attività. Lo psichiatra esigeva dal suo staff che essi fossero trattati come clienti anziché come pazienti. Ricorda: "i pazienti amavano questo. E i vecchi residenti psichiatrici che trattai ne furono contentissimi. Questo avvenne sul finire degli anni 60 .. Ci furono tutti i tipi di bizzarre richieste, come quella di un tale che venne con un documento proposta di legge, io mi sedetti con lui e parlanno. Io dissi, " bene, come possiamo aiutarti?" E dato che non trovava niente, dissi, " Se questo non è il posto per te, puoi andartene ." "

Rispetto gli standard di Yale, quello divenne "un luogo di devianza," riconosce Mosher ricordando. "I padiglioni confinanti erano molto differenti -- molto più tradizionali." Dice che già a primavera, la costernazione degli amministratori dell'ospedale era diventata molto intensa. Essi dicevano che questo fare avrebbe condotto ad un aumento dei tentativi di suicidio, di avvenimenti violenti, e pazienti che avrebbero dovuto essere mandati all'ospedale statale. Dopo un anno Mosher fu d'accordo ad andarsene.

 

Loren Mosher        

Una volta andatosene, comunque, egli studiò i dati riguardanti il suo reparto "non formale" rispetto i reparti tradizionali confinanti. Dice che non trovò evidenze che i pazienti del suo padiglione fossero riusciti peggio in qualcosa rispetto gli altri reparti. "Ne consegue che se si permette ai pazienti di essere liberi, essi di fatto si comportano meglio," asserisce Mosher. "Con rilevata probabilità meglio che se tenuti in costrizioni." Dice che questa analisi gli insegnò altro ancora. Finché non aveva analizzato i dati, egli aveva accettato quel che i potenti e rispettati suoi supervisori avevano affermato circa il suo esperimento. "C'è il ruolo del potere e la sua percezione. Se quelli che hanno più potere e posizione dicono che il bianco è nero, siete più portato a ritenere possibile che quel che è bianco sia nero." "Chi è vittima può giungere ad adottare il punto di vista del suo persecutore -- " questo è un paradigma che vale in pieno anche per come si sviluppa la pazzia,"

Mosher a questo punto si rivolse ad un luogo in cui si vantava che l'analisi dei dati scientifici di fondo avevano la priorità, precisamente al National Institute of Mental Health. Il suo precedente lavoro qui gli aveva procurato amici, e al suo cercare un nuovo lavoro capitò qui un'occasione. Nel mezzo dell'euforia dello spendere a piene mani dell'era Lindon Johnson, il Congresso era prodigo di sovvenzionare ogni tipo di istituzioni federali. Mosher dice che i legislatori avevano riservato, nella loro carta organizzativa, uno spazio chiamato Centro per lo Studio della Schizofrenia e allora, dice, 'Riempii questo spazio.' " A 34 anni egli divenne il direttore del Centro. "Arrivai qui nel 1968 e ci rimasi fino al 1980. Non senza grossi momenti di sussulti e sconvolgimenti."

Nonostante che il Centro per lo Studio della Schizofrenia fosse nuovo, il National Institute of Mental Health aveva già messo in piedi un centinaio di studi su questa sconcertante psicosi. Mosher dice che il suo primo pensiero dopo il suo arrivo fu guardare le ricerche sulla schizofrenia sponsorizzate dall'istituto, che erano ancora in corso. Incominciò anche a prendere visione delle richieste di fondi per nuove ricerche, come pure a partecipare a incontri dei comitati di scienziati che controllavano le garanzie fornite per tali ricerche.

Dice che nel 1968 non era convinto che la schizofrenia fosse una malattia organica. "Nel mio pensiero era una specie di questione aperta. C'erano così tante differenze fra i pazienti con questa stessa diagnosi, ciò mi mandava nell'incertezza." La schizofrenia era allora, come è tuttora, considerata come una circonferenza che racchiude una lunga lista di potenziali sintomi (vedi box a fianco). "E si poteva trovare tale diagnosi in qualcuno senza che fosse condiviso nessun sintomo con un altro paziente con la stessa diagnosi," Mosher puntualizza. "Non analisi del sangue né raggi al cervello né nessun altro criterio di convalida strumentale è stato mai trovato. Invece, una diagnosi maturava dall'impressione soggettiva dell'intervistatore." La questione se una persona riceve o no questa diagnosi è "solo una mia designazione, quale diagnostico."

Mosher era incline a ritenere che il comportamento schizofrenico fosse motivato da situazioni psicosociali. Ma oggi insiste che quale direttore del Centro, "Non avevo obbiezioni ad approcci dal punto di vista di malattia organica... Solo ritenevo che entrambi i modelli [modello di malattia organica e modello di cause sociali] dovessero ricevere pari attenzione e pari stanziamento di fondi." Mosher dice che il suo atteggiamento verso le proposte di ricerche di orientamento biologico fu "Pulito. Se si obbedisce ai canoni della scienza e si ottengono delle risposte, questo è buono. E lo stesso verso le ricerche di orientamente sociologico.' Ma ovviamente erano sempre i sostenitori dei motivi biologici e dei farmaci , cioè gli interventionisti, che richiedevano studi su cause o cure."

Durante il suo mandato, dice Mosher, " Ci furono tre o quattro studi di cause e quattro o cinque di cure." Racconta che la cura sempre favorita era la dialisi renale. "Era molto agevole da pianificare," dice con un sorrisetto. "La persona che tirava avanti questa ricerca era un dottore del tipo pastorale. "Egli e il suo staff sistemavano gli schizofrenici in una abitazione piacevole e dotata di conforti; li trattavano con attenzione. "era un grand'uomo, ed i pazienti ebbero ogni riguardo." Ma sottoponeva i pazienti ad una dialisi due volte a settimana, anche se i loro reni erano normali. E quando i pazienti miglioravano, egli proclamava che era per la dialisi. "Soprattutto, essi erano trattati molto bene," dice Mosher. "Ma fu giocoforza al NIMH spendere un paio di milioni di dollari a studiare dialisi non condotte da questa persona. E che si vide? Che non funzionava. Dovetti far rilevare quel che non si voleva. Comunque il NIMH è un animale politico. Così dovemmo rifare studi che tentavano di confermare che la dialisi renale può guarire dalla pazzia.

Sebbene Mosher guardi indietro alla suddetta cura mediante dialisi con una certa tenerezza, ha ricordi molto più neri sulle ricerche su farmaci che trovò attive al National Institute of Mental Health. Nel 1968 la nozione che i sintomi schizofrenici potessero essere curati con pillole (od iniezioni) era appena nota. Smith, Kline & French avevano iniziato a commercializzare ai medici Usa un farmaco chiamato cloropromazina nel maggio 1954 (quando Mosher stava giusto terminando il suo anno di pratica a Stanford). Col nome di Thorazine, fu la prima sostanza commercializzata come medicazione antipsicotica -- e negli anni successivi diventò nella medicina generale comune come la penicillina [In Italia tutt'ora in uso, anno 2005, col nome di Largactil, ndt]

Non appena la "Food and Drug Administration " [ndt: Organismo di controllo Usa su cibi e farmaci] approvò la cloropromazina, Smith Kline produsse una trasmissione televisiva dal nome "La Marcia della Medicina" che suggeriva che la Thorazina fosse una specie di miracolo. Questo programma Tv " fu l'inizio di un innovativo, anche brillante, piano per vendere il farmaco" ha scritto Robert Whitaker, il bostoniano autore di Mad in America: Bad Science, Bad Medicine, and the Enduring Mistreatment of the Mentally Ill [ndt: "Il Pazzo in America: cattiva Scienza, cattiva Medicina, e perdurante Mistrattamento del malato mentale"] una critica bruciante agli attuali trattamenti delle schizofrenia, pubblicata da Perseus Publishing l'anno scorso. Secondo Whitaker, la campagna pubblicitaria della Smith Kline ha utilizzato i principali speakers nazionali "per istruire anche gli psichiatri e gli amministratori di ospedali su quel stavano dicendo alla stampa e agli operatori statali..."Il messaggio che fornivano sosteneva che "vite perdute sarebbero state felicemente recuperate." Whitaker aggiunge, "le compagnie compilarono anche statistiche su come l'uso dei farmaci avrebbero ridotto le spese statali sul lungo periodo -- i turni di ricambio degli operatori negli asili psichiatrici sarebbero stati ridotti perché il lavoro di trattare i pazienti sarebbe stato più agevole, i costi di mantenimento della struttura sarebbero diminuiti e infine, almeno in teoria, molti pazienti così medicati sarebbero stati dimessi. Così fu crata una storia supervincente -- la vita dei pazienti sarebbe molto migliorata e i contribuenti pagato meno tasse."

 

Bob Whitaker   

Nel suo libro, Whitaker sostiene che le evidenze i dati di supporto a questa rosea visione erano al massimo appena delineati. Il Dipartimento dell'Agricoltura Usa aveva usato delle fenotiazine (la famiglia di sostanze che comprende la cloropromazina) nel 1930 come insetticida e come disinfestante dei parassiti suini. Nella decade successiva si trovò che queste sostanze "limitavano nettamente l'attività motoria nei mammiferi, ma senza addormentarli. Topi che avevano imparato ad arrampicarsi su cordicelle per evitare scosse elettriche, non furono più capaci di espletare questa performance dopo somministrazione di fenotiazine." Messi sulla pista da questi risultati, dei ricercatori francesi usarono la cloropromazina come anestetico aggiuntivo per operazioni chirurgiche e poi per pazienti maniacali, che diventavano come zombi sotto l'influenza del farmaco. Il primo psichiatra nordamericano che testò la cloropromazina, la approvò sottolineando che essa "ha dato prova di essere un valido sostituto della lobotomia."

Medici in Europa e in America evidenziarono anche che i pazienti che prendevano il farmaco spesso sviluppavano una camminata strascicante, un aspetto facciale di maschera rigida, e gli altri comportamenti strani che si hanno nella malattia di Parkinson. Altri osservarono che erano ricopiati i sintomi della encefalite letargica (la cosiddetta malattia del sonno). Whitaker commenta che nei primi anni 1950, " questi effetti erano visti come desiderabili." La maggior parte degli psichiatri allora percepivano il coma insulinico, l'elettrochoc, e la lobotomia frontale, come recassero beneficio; questi mezzi rendevano i pazienti quieti, facili da maneggiare. "Circa 10.000 pazienti mentali furono lobotomizzati negli Usa nel 1950 e nel 1951," scrive Whitaker e nel 1954, "gli amministratori degli ospedali stavano ancora lottando contro gli stanziamenti drammaticamente inadeguati e la disperazione riempiva i reparti. Un farmaco che potesse ripetibilmente tranquillizzare i pazienti più distruttivi fu considerato benvenuto."

Avendo fiutato il grosso affare, la Smith Kline corse a tutta velocità a commercializzare il farmaco, e così dapprima la ditta farmaceutica testò il farmaco come agente antiemetico, ricorda Whitaker, che aggiunge, "Raccontando poi tutto, la ditta spese 350.000 $ per sviluppare il farmaco, e fornirlo a poco meno di 150 pazienti psichiatrici per ottenere l'approvazione dell'ente federale farmaci e cibo Usa (FDA)." Una volta approvato, comunque, la Thorazina (e gli altri cosiddetti farmaci neurolettici che seguirono) divennero il soggetto di articoli giornalistici che sovrabbondavano a descrivere come queste medicazioni agivano sui pazzi, non come agente emetico antivomito. In un primo articolo intitolato "Il farmaco prodigioso del 1954 ?" Time magazine descrisse come i pazienti trattati a Torazina "si alzavano in piedi e parlavano sensatamente [quando il dottore entrava nella stanza], forse per la prima volta dopo mesi." U.S. News and World Report suggerì "il farmaco prodigioso" sarà " la nuova cura per la salute mentale." Il New York Times produsse almeno 14 articoli positivi sui neurolettici tra il 1955 e l'inizio del 1956.

Nel mezzo della marea montante dell'iperbole, la spesa federale per la ricerca sulla salute mentale si gonfiò da 10,9 milioni di dollari del 1953 ai 100,9 milioni nel 1961. Whitaker scrive che nel 1963 il Presidente Kennedy annunciò che nuovi farmaci "rendono possibile per la maggior parte dei malati mentali di essere trattati rapidamente e con successo nelle loro stesse comunità e riprendere il loro utile posto nella società." Una serie di rapporti che documentavano una piccola diminuzione dei censiti negli ospedali psichiatrici dal 1955 al 1960 -- gli anni in cui i neurolettici furono introdotti -- sostenevano questa credenza. Whitaker, però, nota che quando il dipartimento di igiene mentale della California andò a guardare ai maschi ricoverati per il primo episodio di schizofrenia negli ospedali della California nel 1956 e nel 1957 e confrontò la durata dell'ospedalizzazione dei pazienti trattati con neurolettici rispetto quelli non trattati, risultò che chi aveva preso i farmaci era restato nei reparti più a lungo. " A dirla breve gli studiosi californiani trovarono che i neurolettici, anziché accelerare il ritorno a casa dei pazienti, secondo le apparenze intralciavano la guarigione. Ma sono stati gli altri rapporti che ottennero tutta l'attenzione del pubblico."

Mosher stava facendo il suo percorso tra gli studi di medicina e gli inizi dell' apprendistato da psichiatra proprio quando il partito vincitore dei neurolettici incominciava a ben girare. Egli prescrisse farmaci durante il suo apprendistato negli ospedali, nessuno dei suoi sostenitori lo ha mai negato. Già l'esperienza al Kinsley Hall era risultata ambigua. Sebbene il punto di vista generale della struttura sperimentale londinese disprezzasse la terapia farmacologica, Mosher asserisce che una parte dei lì residenti prendevano neurolettici prescritti da medici esterni, non affiliati alla Philadephia Association.

Soltanto a Yale i campanelli di allarme cominciarono a suonare alle sue orecchie, egli ricorda, quando i pazienti e gli studenti di medicina gli confidarono la loro convinzione che i farmaci fossero il solo trattamento utile in psichiatria. Questo sembrava estremo, ritenne Mosher, e dice che nei primissimi anni quale direttore del Centro degli Studi sulla Schizofrenia non fece niente per diminuire i suoi dubbi sulla crescente influenza dell'industria farmaceutica dentro la psichiatria americana. Egli pensò che il National Institute of Mental Health stava distribuendo una quantità eccessiva dei suoi fondi per studi che le compagnie farmaceutiche potevano benissuimo far da sole. (L'entrata annuale della Smith Kline, per esempio, passò 53 milioni di $ del 1953 ai 347 milioni del 1979.) La ricerca su farmaci che l'istituto finanziava, per quanto sofisticata, gli sembrava ripetitiva "specialmente in riguardo al fatto che i neurolettici già sviluppati gli apparivano altrettanto validi di quelli nuovi che erano testati più e più volte dispendiosamente con i soldi federali." Appariva più sensato, a Mosher, spendere i soldi delle tasse per valutare terapie psicosociali, dato che queste non avevano patrocini commerciali con tasche capienti.

Così egli appoggiò una proposta di assegnazione fondi che pervenne al suo ufficio un giorno del 1969. Due psichiatri ricercatori del Norten California vennero a chiedere al National Institute of Mental Health fondi per comparare due reparti nell'ospedale psichiatrico statale: uno tradizionale che impiegasse neurolettici e uno senza farmaci ma che offrisse uno speciale ambiente psicosociale. A Mosher questa apparve la perfetta opportunità per stabilire scientificamente come un posto quale Kingsley Hall si comportasse, con controlli statistici, rispetto uno che usasse i farmaci come trattamento principale. Purtroppo, l'amministratore dell'ospedale rinunciò al progetto e i due psichiatri ricercatori persero interesse ad esso.

Ma questa idea continuò a frullare nel capo di Mosher, così egli la rifinì, e giunse ad un piano che proponeva di assegnare con un sistema casuale pazienti schizofrenici nuovi a una di tre situazioni di trattamento: un reparto psichiatrico ospedaliero che fornisse terapia farmaceutica, un centro di trattamento di tipo comunità che usasse farmaci, e un centro di trattamento di tipo comunità dove per quanto possibile i farmaci sarebbero stati evitati.

Nonostante Mosher fosse un membro interno di alto grado, tuttavia non bastava che sventolasse la mano per ottenere il finanziamento del suo progetto personale. Effettivamente lo studio doveva essere prima approvato dal Comitato di Controllo dei Progetti di Ricerca Clinica. E nel 1970, quando Mosher si presentò la prima volta di fronte al fior fiore degli psichiatri accademici, ebbe una accoglienza freddina. Secondo Whitaker, che facendo ricerche per Mad in America controllò i verbali delle sessioni del comitato di controllo, la resistenza del Comitato fu comprensibile. La proposta di Mosher "non poneva solo la questione dei meriti dei neurolettici," scrive Whitaker, "sollevava la questione che persone normali potessero dare più aiuto a persone folli che gli psichiatri altamente addestrati. Questa era una vera questione offensiva."

D'altra parte, buttar giù il direttore del Centro degli Studi sulla Schizofrenia avrebbe comportato disprezzare procedure burocratiche. Così il Comitato fece un compromesso fornendo a Mosher meno di quanto aveva richiesto. Tagliò via dallo studio-progetto uno dei centri di trattamento di tipo comunità e offrì fondi sufficienti solo per gestire il secondo centro (quello senza farmaci) per 18 mesi (anziché cinque anni). Mosher reclama che questo fu una specie di bacio della morte. Ma egli immediatamente incominciò a lavorare per ottenere un aumento dello stanziamento. Mentre si affannava in questo, il progetto, che fu conosciuto col nome di Soteria (una parola greca che significa "deliverance - liberazione"), incominciò a mettersi in marcia.

Nell'aprile del 1971, il progetto era pronto finanziariamente. La casa sarebbe stata fra due case che non c'entravano niente, una vecchia casa di legno del 1912 posta tra un asilo d'infanzia e una casa d'abitazione bifamiliare in una strada congestionata nel settore povero di San Jose. Le 12 stanze del palazzo furono progettate per accogliere un massimo di sei schizofrenici. Due membri a tempo pieno dello staff, più vari volontari ed assistenti a tempo parziale, avrebbero vissuto con loro; un direttore della casa e uno psichiatra avrebbero contribuito come consulenti.

Lo staff e i residenti avrebbero compartecipato al cucinare e agli altri lavori di casa giornalieri, e lo staff "avrebbe mirato a provvedere un ambiente semplice, tipo casa-propria, sicuro, caldo, accogliente, non affrettato, tollerante, non intrusivo," come Mosher ha scritto nella relazione dettagliata del progetto. Molti "lavoravano con turni da 36 a 48 ore per fornire una opportunità prolungata al rapportarsi con continuità ai residenti 'vaganti-fuori' ('spaced-out')(loro termine) per un periodo di tempo relativamente lungo...[Essi] sarebbero stati esploratori di una frontiera non mappata; sarebbero stati in posti dove poche persone senza preconcetti si erano avventurate fino adesso, e ci sarebbero stati senza le usuali trappole per controllare la pazzia." Essi non si sarebbero caricati "delle chiavi altamente simboliche per la libertà. Non ci sarebbero state serrature nelle porte. Non ci sarebbero state siringhe e poche medicazioni; né ci sarebbero stati impacchi freddi, né fasce di costrizione, né stanze di reclusione."

Già come per i residenti (mai chiamati "pazienti"), il progetto richiedeva che tutti fossero giovani, non sposati, e diagnosticati schizofrenici al primo ricovero -- si sa che questo è il sottogruppo con il peggior risultato di guarigioni. Uno alla volta i partecipanti, assegnati casualmente, incominciarono ad arrivare nella casa. Alcuni andavano in giro incespicando e borbottando tra sé e sé o ascoltando voci terrificanti. Altri stavano in pedi muti e paralizzati; altri si dondolavano incessantemente per ore. Una ragazza di 17 anni era regredita a parlare come una bambina piccola. Lei si mostrava nuda in giro per la casa, urinava nel pavimento della cucina, e chiedeva di nutrirsi allattandosi alla mammella. Un giovane insisteva che abitanti di Venere sarebbero venuti a visitarlo.

Mosher dice che lo staff tollerava parecchio i comportamenti eccentrici. Qualcuno accompagnava il giovane che attendeva gli estraterrestri fino al luogo dove egli diceva che ci sarebbe stato il giusto allineamento con i corpi celesti, quindi aspettava con lui, finché egli non riconosceva che dopotutto oramai in quel giorno i vanusiani non sarebbero venuti. Si supponeva che quel che i residenti si immaginavano fosse quello che essi effettivamente desideravano (come opposto e diverso da quel che gli altri si aspettavano da loro). Ma alcune poche regole erano tenute ferme. Violenze erano proibite e droghe illegali erano vietate. Sebbene familiari ed amici potessero far visita, esterni curiosi non erano ammessi nella casa a meno di una concessione speciale. Dopo che una scheletrica giovane donna incominciò a irrompere nuda nelle stanze dei membri maschili dello staff esclamando "Fottiamo!", lo staff istituì anche un "tabù dell'incesto" su sesso tra residenti e staff.

Regole sull'uso di farmaci antipsicotici erano un pò più flessibili. Mosher dice che lo staff faceva ogni sforzo per non somministrare neurolettici o altri tranquillanti maggiori durante le prime sei settimane di ciascuna residenza individuale. Questa decisione era presa talvolta per il tempo necessario ai residenti a formare relazioni o a rispondere all'ambiente psicoterapeutico di Soteria. Soltanto la violenza incontrollabile o minaccia di suicidio o "panico fisico irremovibile" conduceva lo staff a trasgredire la regola del non-farmaci per le prime sei settimane, dice Mosher, e solo se anche i residenti erano d'accordo.

Allo scadere delle sei settimane, ogni progresso del residente era valutato, e se non c'era stato miglioramento, seguiva un tentativo tradizionale con farmaci, sempre che la persona fosse d'accordo. In tali casi, racconta Mosher, i farmaci erano usati moderatamente. Il credo fondamentale della casa era che il supporto psicoterapeutico -- piuttosto che i farmaci -- era quel che avrebbe aiutato i residenti a guarire dalla loro psicosi.

Mosher puntualizza che il tipo di terapia fornita da Soteria differiva profondamente dal lavoro che si faceva nel famoso ospedale posichiatrico di Chestnut Lodges negli anni 50 e 60. Qui gli psichiatri tentavano di curare i pazienti con la tradizionale psicoterapia tipo-freudiana. "Sono sostenitore della tesi che l'ora di 50 minuti non va bene per la psicosi -- dato che questa viaggia sulle 24 ore," dice Mosher. "Perciò è necessario adeguare il trattamento per affrontare il problema." Anziché fissare specifiche sessioni ed incarichi, i membri dello staff Soteria si impegnarono ad essere disponobili per i residenti in ogni momento delle loro ore di lavoro. Mosher rileva che l'andazzo generale in Soteria era simile al "trattamento morale" negli asilum che erano apparsi in America nella prima metà dell' 1800. Piccole, umane e gradevoli, queste istituzioni promuovevano il concetto che molti folli potessero riguadagnare la sanità se il trattamento fosse stato rispettoso, gentile, decente. La peculiarità del riapplicare questa modalità al giorno d'oggi, scrive Whitaker in Mad in America, è che "è risultato che il trattamento morale produsse notevoli buoni risultati." Egli cita dati da cinque asilum con trattamento-morale che mostrano che dal 51 al 91 per cento dei loro pazienti furono capaci di ritornare ai loro normali lavori nelle loro comunità. Questi risultati permisero al soprintendente di uno degli asilum di dichiarare nel 1843 che la follia "è più facilmente curabile di qualsiasi altra malattia di pari gravità ..."

Come questo soprintendente, lo staff di Soteria abbracciò la nozione che "la guarigione dalla psicosi non solo è possibile ma probabile e ce la si deve aspettare," racconta Mosher, e si aggiunse, "è da qui che si parte, e su questa direzione si deve andare avanti sempre dritto per tutto il tempo, " E Mosher andò ancora più lontano. Dai giorni in cui il progetto Soteria incominciò a ingranare, egli pervenne a ritenere che la psicosi anziché essere un inspiegabile mistero, fosse invece un comprensibile meccanismo di far fronte ad un ostacolo, fronteggiare l'ostacolo.

Mosher sottolinea che da questo punto di vista la situazione è simile ad uno shock causato dallo stare sotto bombardamento in guerra. "La persona è in battaglia ma tutti i suoi plotoni stanno per essere annientati, egli vuol sopravvivere anche se è coperto di sangue e budella. E' per questo che va fuori di testa."Il modo in cui questo individuo appare mentre sta delirando esaltato "non è diverso da come appare chi è in psicosi acuta," dice Mosher . "Con la differenza che nel caso del trauma [delle vittime di shock da bombardamento] -- che è un' esperienza sopraffacente -- la causa è facilmente identificabile. E' proprio davanti, facile da identificare."

Invece, il trauma che spinge gli schizofrenici oltre il margine, dice Mosher, "spesso non è facilmente identificabile, anziché essere un singolo evento, molto spesso è l'accomulazione di molti eventi ." Mosher sottolinea che numerosi ben fatti studi scientifici hanno in tempi successivi individuato vari fattori psicosociali. "Talvolta, ma nell'ordine del 60% delle immissioni di adulti nei reparti di guardia medica psichiatrica, si rilevano storie di abusi psicofisici e/o sessuali, " egli dice" ma questo si è incominciato a studiarlo solo negli ultimi 20 anni. " Inoltre, " Ci sono almeno due aspetti della vita familiare che sono stati con consistenza altamente associati a quella che è chiamata schizofrenia. Una è stata chiamata 'comunicazione deviata.' E' semplice. Significa che quando state seduti insieme con questi genitori, non potete capire di cosa essi stanno parlando. Non potete focalizzare gli argomenti. Loro stanno parlando fuori del comprensibile. Ci sono mancanze in quel che loro dicono." L'altro fattore, dice Mosher, che è molto chiaro da questi studi, è che "quando le famiglie sono molto ostili e critiche rispetto la loro prole, non c'è speranza per loro."

Mosher riconosce che non uno solo di questi fattori può essere detto la sola causa della schizofrenia. "Non tutte le persone che sono state fisicamente o sessualmente abusate diventano psicotiche. Alcune si. Ma spesso c'è un insieme di cause concorrenti, e anche di solito un evento scatenante -- un rifiuto amoroso, la morte di un parente, un coinvolgimento eccessivo in droghe d'intrattenimento.-- "Perciò se aggiungete ad un trauma di abuso psicofisico o sessuale, di avere anche una famiglia disunita critica ostile -- e qualcosa vi ha spezzato il cuore -- la vostra probabilità di andare in pezzi è molto alta."

Andare in pezzi è un modo di far fronte alla situazione, polemizza Mosher, perché "Fondamentalmente quel che essi dicono è ' Ohé, amici, io sono fuori di qui, io ora costruisco il mondo che piace a me, e non ho bisogno di prestare attenzione al mondo vostro. Io ora vivo in questo mondo perché fuori di qui mi colpiscono.' Mosher dice che la possibilità di ritornare alla vita normale dipende da quanto lontano essi si sono ritirati. "Alcune persone sono state così ferite dalle relazioni precedenti che hanno perso tutte le speranze. Ma sono una piccola minoranza. La maggior parte tenterà di ritornare di nuovo nel mondo."

Mosher insiste che nessuno è così pazzo che non si possa parlare con lui. "Se voi ritenete che la persona c'è qui, e voi volete realmente parlare con essa, ci sono molte poche occasioni in cui non potete farlo. E' veramente solo questione di atteggiamento." I suoi occhi scintillano quando parla delle esperienze risultate quando faceva questo nelle corsie degli ospedali [quando i medici e gli infermieri fanno la visita in gruppo]. "[Gli altri psichiatri] mi assegnavano sempre la persona che era la più pazza. Io mi sedevo a discorrere con questa molto molto pazza persona, e egli o lei ed io - dopo i primi cinque minuti circa - facevamo una conversazione che poteva essera compresa anche da tutti gli altri membri visitanti. Ma dopo la visita i medici del gruppo dicevano ' Bene, quel paziente è in buona giornata oggi ' "Ma non era affatto così, ritorce Mosher. "E' invece il modo in cui voi vi avvicinate alla persona. Se la trattate con rispetto e dignità e intendete capire ciò che sta dicendo, mettervi realmente nei suoi panni [nelle sue scarpe], potete parlarci."

In questi giorni, egli dice, "Se parlate di 'psicosi', tutti si impuntano e dicono, ' Bene io parlerò con lui dopo che gli avete dato farmaci.' Ma non c'è nessuna gioia poi! Veramente. La maggior gioa che ho avuto nella mia vita è stata proprio di sedermi e parlare per ore con persone che erano fuori di testa. E non c'è bisogno di un addestramento speciale. Quel che necessita è il giusto atteggiamento ed interessamento e compiacenza in modo da riuscire a sospendere il vostro concetto di realtà, e non ci sono problemi."

I membri dello staff di Soteria House coltivavano tutte queste idee guida, Mosher dice anzi che osservavano un modello. Primo uno del personale lavorava per stabilire un legame con il nuovo arrivato, questo poteva abbisognare da due ore a tre settimane. [Secondo], nelle settimane che seguivano, il nuovo arrivato avrebbe gradualmente sviluppato relazioni con gli altri della casa, creandosi un ruolo nella famiglia estesa della comunità Soteria. Queste relazioni stimolavano i residenti schizofrenici a cambiare, ritiene Mosher. " Dato che se avete una relazione con un'altra persona, arriverete a riconoscere che questa persona pensa e si comporta in maniera molto differente da come fate voi. E se avete un pò di affezione per questa persona, allora può diventare possibile di pensare ed agire più felicemente di prima, cioè meno pazzamente e con più saggezza. Come terzo e finale stadio, dice Mosher, i residenti di Soteria diventavano progressivamente più competenti a dirigere le loro vecchie attività e si preparavano a creare la loro vita fuori di Soteria.

Mentre queste trasformazioni di persone sbocciavano, Mosher dice che faceva frequenti viaggi dalla sua casa in Washington D.C., alla Costa Ovest [dove era Soteria, alcune migliaia di Km di distanza, ndt]. "Ho occupato una quantità di tempo ... e pressoché ogni estate per circa quattro anni." Si era dato da fare per ottenere il prolungamento del finanziamento iniziale per Soteria House, e nel 1973 propose di aprire una seconda casa nella Bay Area per dimostrare che l'esperiena Soteria potesse essere replicata. Questa volta egli fece richiesta di finanziamento ad un'altro ramo del National Institute of Mental Health," ed essi dissero che era lo studio di ricerca più elegante che si potesse immaginare. Lo amavano." Questa seconda commessa dava a Mosher abbastanza denaro da poter gestire questa seconda casa per sei anni. Egli la chiamò Emanon, il rovescio di "no name" [senza nome].

"Così dal 1974 c'erano due case che andavano avanti. E per un pò di tempo, eravamo ben coperti."Lo stesso anno egli incominciò a presentare i primi documenti che fornivano i risultati di Soteria. " Avremmo raccolto i dati e li avremmo inviati al NIMH, dove il mio staff li avrebbe analizzati subito man mano che arrivavano," puntualizza Mosher. "E' così che abbiamo prodotto i documenti che dovevamo. E questa è stata la nostra maggiore svista. Abbiamo troppo spesso scritto troppo subito, e i risultati erano molto positivi." Invece di annunciare i risultati come una svolta, il comitato di controllo di Soteria li ridiminsionò dicendo che "la credibilità dello studio pilota è molto basso." Mosher dice che questo studio "ha avuto il decorso più controllato di tutti gli studi del NIMH. E' stato passato al setaccio più volte da più incaricati diversi che mai un altro studio nella storia. Esso metteva in crisi così tante delle certezze psichiatriche più vicine e care al loro cuore. Come che non c'è bisogno di ospedali psichiatrici. Che non c'è bisogno di esperti addestrati. Che non avete bisogno di neurolettici. E che non c'è bisogno del modello medico per spiegare quel che avviene."

Egli dice che la conclusione dello studio incominciò nel 1975, quando il comitato disse che avrebbe continuato a finanziare il progetto solo se il ruolo di Mosher fosse stato minore e il controllo dei risultati effettuato nella Costa Ovest. Whitaker, che controllò i verbali del comitato quando faceva ricerche per Mad in America, scrive, "L'ironia era che Mosher non aveva mai fatto la valutazione dei risultati ... Mosher ben sapeva che il pregiudizio dello sperimentatore regolarmente distorceva gli studi sui farmaci." Egli si era rivolto a valutatori indipendenti per sollevare l'esperimento Soteria da tale problema. Tuttavia Mosher non aveva scelta, ma la ricerca di un suo proprio successore come principale investigatore dello studio, lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.

Tutto questo avvenne nel 1976, "Da questo potete vedere che la mia reputazione al NIMH incominciò a diventare molto controversa." Mosher dice che tre o quattro ben noti professori di psichiatria ci caricarono sopra che il Centro per gli Studi della Schizofrenia non rivolgeva sufficiente attenzione alla neurobiologia, cosicché fu istituita una commissione per investigare le operazioni del Centro. "Se volete impedire a qualcuno di fare un vero lavoro, basta che gli mettete addosso una commissione che lo investighi, " dice Mosher con una certa amarezza. "Questo ferma qualsiasi persona dall' andare avanti."

"Ero molto demoralizzato," egli riflette circa quegli anni. Nonostante che Soteria ed Emanon andassero avanti zoppicando, Mosher si recava in volo nei fine settimana in California [dove erano le due Case, ndt] e "così ci sostenevamo a vicenda, io i matti e lo staff." Durante questo periodo incontrò un giovane psichiatra italiano che passò un anno e mezzo a studiare e lavorare in Soteria. Costui informò Mosher circa una nuova legge appena approvata in Italia che governava il sistema della salute mentale in quel paese. "Era una legge molto rivoluzionaria che potrebbe essere la legge dei miei sogni," dice Mosher. "essa essenzialmente chiudeva la porta ai grandi ospedali psichiatrici -- proprio come Soteria." Affascinatosene, Mosher andò al NIMH a chiedere di inviarlo in Italia per otto mesi così da poter imparare meglio quel che stava là avvenendo. Ma quando tornò indietro nel 1980, egli scoprì che "Essi avevano dato via il mio incarico al mio sostituto. Avevo una scrivania ed un segretario ma non più un titolo ufficiale. Questo ti rende molto chiaro che in quel posto la tua presenza non è più gradita."

Mosher tuttavia non aveva perso il lavoro. Era un impigato del Servizio di Salute Pubblica, che è "come un militare", "spiega. "a meno che non si faccia qualcosa di veramente dannoso, essi non ti possono licenziare, ma ti possono trasferire." Nel suo caso, egli andò a Bethesda, nel Mariland, dove divenne professore a pieno incarico e vice responsabile del dipartimento di psichiatria della scuola di medicina che forma i medici per lavorare nel servizi militari.

Mentre era qui, egli dice che lavorò anche con un gruppo di Washington D.C., per creare una replica di Soteria. Essa era differente dalla istallazione in California per due aspetti chiave "Faceva parte del servizio pubblico, e aveva una restrizione del periodo di soggiorno, circa un mese" (in questo differente dai cinque mesi di media in cui i residenti restavano nella Soteria otiginale). Inoltre, dice Mosher, "prendeva qualsiasi tipo di pazienti -- cioè chiunque fosse giudicato bisognoso di ospedalizzazione in Washington D.C." Per la maggior parte erano "negri, della classe bassa, senza casa, autolesionisti, dediti ad una molteplicità di droghe." Dato che gli utilizzatori tendevano ad essere così nettamente droga-dipendenti, questa istallazione "non si prefisse nessuna grossa meta riguardo le droghe," dice Mosher. "Però il modello di organizzazione -- il posto lo staff -- era una riproduzione della concezione di Soteria." E come Soteria, egli aggiunge, "fu un vero successo. Il novantacinque per cento delle persone ammesse furono reimmesse direttamente nella società senza passare per l'ospedale."

Nel 1988, Mosher cambiò di nuovo lavoro, divenne il direttore medico della Contea di Montgomery, Mariland, nel sistema della salute mentale pubblica. Qui egli mise in piedi un'altra piccola struttura tipo Soteria e ottenne un finanziamento del National Institute of Mental Health [NIMH] per paragonare la riuscita di pazienti assegnati a caso ad essa rispetto un reparto psichiatrico di ospedale generale locale. Anche qui, come già a Washington D.C., "Nessuno era escluso perché era troppo pazzo o troppo con idee suicide o troppo con idee omicide." Le sole persone respinte erano quelle che rifiutavano di essere ricoverate volontariamente. Come a Washington, "Non facemmo esclusioni per che era dedito a droghe," dice Mosher, aggiungendo che nel Mariland gli schizofrenici avevano una durata media di malattia "di circa 12 anni con una media di 17 ospedalizzazioni ciascuno. C'era quindi bisogno urgente di salute mentale."

Mosher dice che questo studio mostrò che gli assistiti da questa replica di Soteria se la cavavano altrettanto bene di quelli che entravano nell'ospedale, e che "in questo tirarli fuori dallo stato di crisi, si aveva una riduzione di costo del circa il 45%. Nell'ospedale essi stavano solo 12 giorni in media ma uscivano fuori prevalentemente con tanti farmaci in corpo che non potevano tenersi dritti in piedi. Da noi non succedeva così. Noi qui tentevamo di ridurre i farmaci, cambiare i farmaci, essere più sensibili. Ed essi riuscivano meglio ed il costo era più ridotto perché usavamo uno staff di paraprofessionali." Su sei mesi, c'era un costo di circa 19,900 $ medio per persona nel trattamento esterno, mentre quelli trattati in ospedale costavano 25,700 $.

Per quanto Mosher ha descritto questi [nuovi] risultati e li ha pubblicati, non ci furono però nuove pubblicazioni circa le ricerche originali Soteria ed Emanon dopo che Mosher lasciò il NIMH. Emanon ha chiuso le porte nel 1980, e Soteria dopo aver inutilmente tentato di trovare nuovi finanziamenti oltre quelli stanziati, raggiunse anch'essa la fine nel 1983. L'Istituto aveva riservato un finanziamento per analizzare i dati ottenuti dal 1976 al 1982, ma i soldi non furono disponibili che nel 1989. Mosher ed uno psicologo incominciarono allora a studiare quanto disponibile, e "Finalmente pubblicammo nel 1995 un documento sulla seconda parte della ricerca. Erano passati parecchi anni."

Mosher dice che attualmente (2003) sono disponibili più di 40 pubblicazioni che hanno descritto la ricerca. Mosher ritiene che "il più limpido ed importante" risultato è stato il confronto delle riuscite tra l'ospedale e Soteria dopo sei settimane (che è il periodo in cui si sa che i farmaci neurolettici raggiungono il massimo culmine a ridurre i sintomi psicotici). Comparando le riuscite a questo momento, si è trovato che i soggetti di Soteria mostravano una altrettanto grande riduzione dei loro sintomi psicotici, di quanto avveniva per i pazienti ospedalizzati, dice Mosher. Mentre tutti i pazienti ospedalizzati avevano ricevuto farmaci neurolettici, solo il 24% dei pazienti Soteria li ricevettero durante l'intervallo di tempo detto, "e veramente solo il 16% ne presero abbastanza e questo solo per poter garantire la possibilità di dare anche a loro un percorso terapeutico -- per due settimane o poco più." Mosher aggiunge che il 76% dei pazienti Soteria che non avevano ricevuto affatto farmaci, riuscirono meglio di chi prese qualche medicazione. Questo per Mosher significa che "Se si costruisce il corretto tipo di ambiente sociale per persone che sono per la prima volta diagnosticate schizofreniche, il 76% di queste persone risponderà a questo ambiente ugualmente o meglio che se avesse ricevuto un trattamento farmacologico."

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                    -- Jeannette De Wyze  - - San Diego California 2003


---(Fine della prima parte della versione integrale No!Pazzia-- Abbiamo arbitrariamente esclusivamente per motivi di presentazione e traduzione, diviso l'articolo originale in due parti: la seconda parte che pubblicheremo prossimamente riguarda comunque non tanto Soteria e varianti quanto successive polemiche con la psichiatria ufficiale e le istituzioni statali ..) ----

Tutto l'articolo originale è disponibile a

http://www.moshersoteria.com/crazy.htm


E' stato successivamente a questo articolo pubblicato in Usa coautore lo stesso Mosher il libro:

"Soteria - Through Madness to Deliverance" di Loren R. Mosher e Voyce Hendrix - 340 pag.; Xlibris 2004; $17,20 Usa

["Soteria - attraversare la pazzia fino a sgravarsene"] il finamente ampio e leggibile da tutti resoconto sulle cliniche o "case Soteria". [vedi segnalazione qui]


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questo articolo è a

http://www.nopazzia.it/LRMosher/pazzo.htm

altri articoli di Loren R.Mosher in no!pazzia:

http://www.nopazzia.it/LRMosher/dimissioni.htm

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http://www.nopazzia.it/LRMosher/mosherrisposta.html