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pubblichiamo la lettera di dimissioni di Loren R. Mosher, psichiatra, dalla American Psychiatric Association, la associazione degli psichiatri negli Usa. Loren R. Mosher è stato l'ideatore e il direttore delle cliniche Soteria, sperimentazione d'avanguardia mondiale (cliniche in Usa, in Svizzera e altrove) in campo psichiatrico, in cui dicono si 'guariscono' correntemente 'schizofrenici' senza psicofarmaci. [puoi vedere nel suo sito  http://hem.fyristorg.com/mosher/   materiale su Soteria, questa lettera e polemiche in botta e risposta in proposito] –[ C'è in italiano un suo grosso trattato sulla psichiatria territoriale …] Le dimissioni sono per il contrasto sostanziale di Mosher - e dello spirito delle sue cliniche Soteria, non farmacologiche - con la psichiatria ufficiale quale organizzata nella American Psychiatric Association -che Mosher giudica in combutta con le industrie farmaceutiche- sugli psicofarmaci come modo principe di cura e sulla teoria biologica sulla pazzia come oro colato. Attualmente L.R.Mosher partecipa attivamente a congressi e riunioni delle organizzazioni di Survivors (ex utenti di linea antipsichiatrica) in Nord America, in particolare di SCI International (sito web MindFreedom vedi in links).
 

Lettera di Dimissioni dalla American Psychiatric Association 
4 dicembre 1998

Loren R. Mosher, dott. in Med. a Rodrigo Munoz, dott. in Med., Presidente della American Psychiatric Association (APA)

Caro Rod,

Dopo circa tre decadi che sono socio, con un misto di dispiacere e sollievo le invio la presente lettera di dimissioni dalla American Psychiatric Association. La ragione principale per questa mia azione è la certezza che con ciò mi sto dimettendo anche dalla American Psychopharmacological Association. E’ una fortunata coincidenza che le due organizzazioni, in verità identiche, abbiano anche lo stesso acronimo. 

Sfortunatamente infatti, APA riflette, e rafforza, a parole e a fatti, la nostra società farmaco-dipendente. E, anche, favorisce la guerra dei profitti sui “farmaci”. Pazienti con una “doppia diagnosi” sono infatti un problema per la professionalità, ma non per questo noi non prescriviamo medicine sempre “buone”. Sono “cattivi” farmaci, essenzialmente, solo quelli che non hanno bisogno di ricetta. Un marxista osserverebbe che dato che l’APA è una organizzazione capitalista, l’APA adotterà prevalentemente quei farmaci da cui può trarre guadagno –diretto o indiretto -. 

L’appartenere a questo gruppo non fa per me. A questo punto della sua storia, secondo me, la psichiatria è stata pressoché completamente comprata dalle compagnie farmaceutiche. L’APA non potrebbe continuare senza il supporto di incontri, simposi, riunioni di lavoro, pubblicità sulle riviste specializzate, gran giri di pranzi, borse di studio a josa ecc. ecc. , fornito dalle compagnie farmaceutiche. Gli psichiatri sono diventati i beniamini delle campagne promozionali delle compagnie farmaceutiche. L’APA, ovviamente, dichiara che la sua indipendenza ed autonomia non sono compromesse da questa situazione avviluppante. Una qualunque persona dotata di un minimo di senso comune assistendo ai meeting annuali osserverebbe invece che le esposizioni dei prodotti delle compagnie farmaceutiche e i “simposi sponsorizzati dall’industria” attirano folle di congressisti con le loro varie forme di allettamento mentre le sessioni scientifiche sono a malapena seguite. L’istruzione psichiatrica subisce ugualmente l’influenza dell’industria farmaceutica: la parte più importante del curriculum dei praticanti è l’arte e la quasi scienza di aver a che fare con gli psicofarmaci, cioè lo scrivere ricette.

Queste limitazioni psicofarmacologiche al nostro essere medici completi limita anche il nostro orizzonte intellettuale. Non più cerchiamo di comprendere la persona nella sua interezza e inserita nel suo contesto sociale – piuttosto stiamo a riallineare i neurotrasmettitori dei nostri pazienti. Il problema è che è molto difficile avere un rapporto di relazione con un neurotrasmettitore- qualsiasi sia la sua configurazione. Così, la nostra acuta Organizzazione ci fornisce spiegazioni, basate sulla sua concezione neurobiologica di fondo, che ci tengono distanti da quei conglomerati di molecole che siamo arrivati a definire come pazienti. Promuoviamo il largo uso e ci perdoniamo l’abuso di sostanze chimiche tossiche nonostante sappiamo che producono seri effetti di lungo periodo – discinesia tardiva, demenzia tardiva e preoccupanti sindromi di astinenza. 

Ora, dovrei io essere succube delle compagnie farmaceutiche che trattano molecole nelle loro formulazioni? No, grazie tante. Mi dispiace che dopo essere stato psichiatra per 35 anni debba decidere di dissociarmi da questa Associazione. Ma essa non rappresenta affatto il mio interesse. Non sono capace di ottenere niente dall’attuale modello riduzionista medico-biologico strombazzato dalla ledership psichiatrica che ancora una volta ci sposa alla medicina somatica. Qui si tratta di moda, politica e, in quanto connessione con l’industria farmaceutica, soldi.

Per giunta, l’APA ha stretto un’indecente alleanza con il NAMI [n.d.t: National Alliance of Mentally Ills, potente associazione di genitori e parenti di pazienti psichiatrici in Usa] (non ricordo se ai soci è stato chiesto di approvare tale alleanza) cosicché le due organizzazioni hanno adottato pubblicamente lo stesso credo circa la natura della pazzia. Nel mentre che si professa “nell’interesse del paziente”, in realtà l’APA difende i non-pazienti, i genitori, nel loro desiderio di tenere sotto controllo, tramite una sottomissione rafforzata legalmente, i loro rampolli cattivi/matti : il NAMI con la tacita approvazione dell’APA, ha adottato una procedura abbreviata di obbligo istituzionalizzato di somministrazione di psicofarmaci neurolettici, procedura che viola i diritti civili dei loro rampolli. La maggior parte di noi sta a guardare e permette questa procedura di intervento fascista. Il dio della psichiatria, Dott. E. Fuller Torrey è autorizzato a fare una diagnosi e a consigliare il trattamento a coloro, dell’organizzazione NAMI, con cui è professionalmente in disaccordo. Chiaramente una violazione dell’etica medica. L’APA protesta? Ovviamente no, perché si tratta di cose con cui l’APA è d’accordo, ma esplicitamente non può appoggiare. Gli si permette di mettersi in vista; d’altronde non è più un membro dell’APA. (parola ingegnosa APA!). La miopia di questo matrimonio tra l’APA, il NAMI e le società farmaceutiche (che con gioia supportano entrambi i gruppi a causa della loro sbandierata presa di posizione pro-psicofarmaci) è un abominio. Io non voglio far parte di una psichiatria dell’oppressione e del controllo sociale.

“Malattia mentale a base biologica” è certamente conveniente per i familiari e ugualmente per i medici. Non c’è nessuna assicurazione di garanzia contro errori, non responsabilità personale. Siamo stati tutti presi senza colpa in una turba di patologia cerebrale di cui nessuno, eccetto il DNA, è responsabile. Orbene, tanto per cominciare, qualsiasi malanno che abbia una specifica patologia del cervello anatomicamente definita diventa campo della neurologia (la sifilide è un buon esempio). Così, per essere coerenti col punto di vista “malattia del cervello”, tutti i principali disordini psichiatrici diverrebbero territorio dei nostri colleghi neurologi. Pur senza averli consultati, ritengo che essi neurologi rifuggano di prendersi carico di queste problematiche di individui. Però la conseguenzialità delle nostre teorie richiederebbe di passare le da noi scoperte “malattie biologiche del cervello”, a loro. A questo punto è ovvio e irrilevante che non ci siano evidenze confermanti la diagnosi di malattia del cervello. Perché quello con cui qui si ha a che fare è moda, politica e soldi. Il livello di disonestà scientifica ed intellettuale è diventato troppo alto perché io possa ancora sopportare di essere socio.

E’ senza sorpresa che vedo che la specializzazione in psichiatria è poco ambita dagli studenti nelle università americane. Questo ci dovrebbe far riflettere sullo stato della psichiatria di oggi. Implica – che almeno in parte essi vedono la psichiatria come limitata e subente. A me appare chiaro che ci siamo intestarditi su una situazione in cui, ad eccezione degli accademici, la maggior parte dei medici psichiatri non ha una concreta relazione – così vitale nel processo di guarigione – con gli individui disturbati e disturbanti che trattano. Il solo ruolo concreto è quello di scrittori di ricette –contabili con l’apparenza di “salvatori”.

Infine, come può l’APA pretendere di conoscere più di quel che sa? Il DSM IV è la costruzione sulla cui base la psichiatria cerca di essere accettata dalla medicina in generale. Ma gli addetti ai lavori sanno che è molto più un documento politico che scientifico. Parla bene di sé stesso cosicché – per quanto la breve apologia di sé è raramente notata. Il DSM IV è diventato una bibbia e un best seller che produce moneta - i suoi maggiori difetti non si vedono. Esso delimita e delinea la pratica medica, alcuni lo prendono seriamente, altri con più realismo. E’ la via per ottenere l’onorario. E’ facile ottenerne delle diagnosi ripetibili in progetti di ricerca. Il punto è cosa ci dicono le sue categorie? Rappresentano esse effettivamente la persona con problemi? Non lo fanno, e non possono farlo, perché non ci sono criteri esterni convalidanti le diagnosi psichiatriche. Non c’è né un test del sangue, né lesioni anatomiche specifiche per nessuno dei maggiori disordini psichiatrici. Così, dove andiamo a parare? L’APA come organizzazione si è implicitamente (talvolta anche esplicitamente) acquistata una parvenza teorica. E’ la psichiatria – quella praticata adesso – una parvenza, un trucco? Sfortunatamente la risposta è essenzialmente si.

Che cosa raccomando all’Organizzazione al momento di lasciarla dopo averla praticata per trent’anni?

Soprattutto, essere noi proprio. Non fare alleanze infelici e senza il permesso dei membri.

Essere veri sulla scienza, la politica, i soldi. Chiamare ogni cosa per quel che è – cioè essere onesti.

Uscir fuori dal letto del NAMI e delle compagnie farmaceutiche. L’APA dovrebbe allinearsi, senza retorica, con gli autentici gruppi di utenti, cioè gli ex pazienti, i sopravvissuti psichiatrici, etc.

Discutere su chi dirige. Personalmente non ne vedo nessuno buono.

Mi sembra che abbiamo dimenticato il principio base – la necessità di essere orientati verso la soddisfazione del paziente/cliente/utente. Ricordo sempre il detto di Manfred Bleuler: “Loren, ricordati sempre che sei un impiegato assunto dai tuoi pazienti.” Alla fine sono essi che stabiliranno se o no la psichiatria sopravviverà nel mercato dei servizi.

Letter of Resignation from the American Psychiatric Association  
4 December 1998

Loren R. Mosher, M.D. to Rodrigo Munoz, M.D., President of the American Psychiatric Association (APA)

Dear Rod,

After nearly three decades as a member it is with a mixture of pleasure and disappointment that I submit this letter of resignation from the American Psychiatric Association. The major reason for this action is my belief that I am actually resigning from the American Psychopharmacological Association. Luckily, the organization’s true identity requires no change in the acronym.

Unfortunately, APA reflects, and reinforces, in word and deed, our drug dependent society. Yet it helps wage war on “drugs”. “Dual diagnosis” clients are a major problem for the field but not because of the “good” drugs we prescribe. “Bad” ones are those that are obtained mostly without a prescription. A Marxist would observe that being a good capitalist organization, APA likes only those drugs from which it can derive a profit—directly or indirectly. 

This is not a group for me. At this point in history, in my view, psychiatry has been almost completely bought out by the drug companies. The APA could not continue without the pharmaceutical company support of meetings, symposia, workshops, journal advertising, grand rounds luncheons, unrestricted educational grants etc. etc. Psychiatrists have become the minions of drug company promotions. APA, of course, maintains that its independence and autonomy are not compromised in this enmeshed situation. Anyone with the least bit of common sense attending the annual meeting would observe how the drug company exhibits and “industry sponsored symposia” draw crowds with their various enticements, while the serious scientific sessions are barely attended. Psychiatric training reflects their influence as well: the most important part of a resident’s curriculum is the art and quasi-science of dealing drugs, i.e., prescription writing.

These psychopharmacological limitations on our abilities to be complete physicians also limit our intellectual horizons. No longer do we seek to understand whole persons in their social contexts—rather we are there to realign our patients’ neurotransmitters. The problem is that it is very difficult to have a relationship with a neurotransmitter—whatever its configuration. So, our guild organization provides a rationale, by its neurobiological tunnel vision, for keeping our distance from the molecule conglomerates we have come to define as patients. We condone and promote the widespread use and misuse of toxic chemicals that we know have serious long term effects—tardive dyskinesia, tardive dementia and serious withdrawal syndromes. 

So, do I want to be a drug company patsy who treats molecules with their formulary? No, thank you very much. It saddens me that after 35 years as a psychiatrist I look forward to being dissociated from such an organization. In no way does it represent my interests. It is not within my capacities to buy into the current biomedical-reductionistic model heralded by the psychiatric leadership as once again marrying us to somatic medicine. This is a matter of fashion, politics and, like the pharmaceutical house connection, money.

In addition, APA has entered into an unholy alliance with NAMI (I don’t remember the members being asked if they supported such an association) such that the two organizations have adopted similar public belief systems about the nature of madness. While professing itself the “champion of their clients” the APA is supporting non-clients, the parents, in their wishes to be in control, via legally enforced dependency, of their mad/bad offspring: NAMI with tacit APA approval, has set out a pro-neuroleptic drug and easy commitment-institutionalization agenda that violates the civil rights of their offspring. For the most part we stand by and allow this fascistic agenda to move forward. Their psychiatric god, Dr. E. Fuller Torrey, is allowed to diagnose and recommend treatment to those in the NAMI organization with whom he disagrees. Clearly, a violation of medical ethics. Does APA protest? Of course not, because he is speaking what APA agrees with, but can’t explicitly espouse. He is allowed to be a foil; after all - he is no longer a member of APA. (Slick work APA!) The shortsightedness of this marriage of convenience between APA, NAMI, and the drug companies (who gleefully support both groups because of their shared pro-drug stance) is an abomination. I want no part of a psychiatry of oppression and social control.

“Biologically based brain diseases” are certainly convenient for families and practitioners alike. It is no fault insurance against personal responsibility. We are all just helplessly caught up in a swirl of brain pathology for which no one, except DNA, is responsible. Now, to begin with, anything that has an anatomically defined specific brain pathology becomes the province of neurology (syphilis is an excellent example). So, to be consistent with this “brain disease” view all the major psychiatric disorders would become the territory of our neurologic colleagues. Without having surveyed them I believe they would eschew responsibility for these problematic individuals. However, consistency would demand our giving over “biologic brain diseases” to them. The fact that there is no evidence confirming the brain disease attribution is, at this point, irrelevant. What we are dealing with here is fashion, politics and money. This level of intellectual /scientific dishonesty is just too egregious for me to continue to support by my membership.

I view with no surprise that psychiatric training is being systematically disavowed by American medical school graduates. This must give us cause for concern about the state of today’s psychiatry. It must mean—at least in part that they view psychiatry as being very limited and unchallenging. To me it seems clear that we are headed toward a situation in which, except for academics, most psychiatric practitioners will have no real, relationships—so vital to the healing process—with the disturbed and disturbing persons they treat. Their sole role will be that of prescription writers—ciphers in the guise of being “helpers”.

Finally, why must the APA pretend to know more than it does? DSM IV is the fabrication upon which psychiatry seeks acceptance by medicine in general. Insiders know it is more a political than scientific document. To its credit it says so—although its brief apologia is rarely noted. DSM IV has become a bible and a money making best seller—its major failings notwithstanding. It confines and defines practice, some take it seriously, others more realistically. It is the way to get paid. Diagnostic reliability is easy to attain for research projects. The issue is what do the categories tell us? Do they in fact accurately represent the person with a problem? They don’t, and can’t, because there are no external validating criteria for psychiatric diagnoses. There is neither a blood test nor specific anatomic lesions for any major psychiatric disorder. So, where are we? APA as an organization has implicitly (sometimes explicitly as well) bought into a theoretical hoax. Is psychiatry a hoax—as practiced today? Unfortunately, the answer is mostly yes.

What do I recommend to the organization upon leaving after experiencing three decades of its history? 

1. To begin with, let us be ourselves. Stop taking on unholy alliances without the members’ permission.
2. Get real about science, politics and money. Label each for what it is—that is, be honest. 
3.Get out of bed with NAMI and the drug companies. APA should align itself, if one believes its rhetoric, with the true consumer groups, i.e., the ex-patients, psychiatric survivors etc. 
4.Talk to the membership—I can’t be alone in my views.

We seem to have forgotten a basic principle—the need to be patient/client/consumer satisfaction oriented. I always remember Manfred Bleuler’s wisdom: “Loren, you must never forget that you are your patient’s employee.” In the end they will determine whether or not psychiatry survives in the service marketplace.