Giorgio Antonucci : "LE LEZIONI DELLA MIA VITA
La medicina, la psichiatria, le istituzioni"
[SPIRALI editore Milano 99 l'alingua ; pag. 261 (rilegato) £ 30.000]
Da pochi mesi uscito per Spirali ed. (della fondazione A.Verdiglione), questo libro è la trascrizione di una tre giorni di conferenze tenute da Giorgio Antonucci ad un corso presso tale Fondazione, con interventi-domande dei docenti e degli allievi. Più un continuo dialogo-intervista che conferenza.
Ne esce fuori una summa a tutto orizzonte del pensiero di Giorgio Antonucci e delle vicende fondamentali in cui è stato conpartecipe di primo piano, la apertura dei manicomi in Italia. Conoscendo di Antonucci gli altri libri [ I pregiudizi e la conoscenza. Critica alla psichiatria (Cooperativa Apache 1986) -Il pregiudizio psichiatrico(Eleuthera 1989, 1998) - Critica al giudizio psichiatrico e Contrappunti (Sensibili alle Foglie 93 e 94) - Pensieri sul suicidio(Eleuthera 96) - Il Telefono Viola insieme con Alessio Coppola (Eleuthera 95)] Orbene in queste conferenze-con-interventi di cui il libro è trascrizione Antonucci va avanti completamente libero, sia gli avvenimenti principali che i retroscena della Storia di cui è stato protagonista, cioè dei fatti di apertura dei reparti psichiatrici -Cividale nel Friuli -Reggio Emilia- Imola, in cui è stato quasi assoluto protagonista; sia le singole interazioni con "pazzi" anche 'pericolosi', il suo timore, le sue apprensioni, i suoi pensieri; nonché qui ora anche i pregiudizi le meschinità dei 'colleghi'; tutto in questo libro è esplicitamente esposto. Un pezzo qui, un pezzo là, nella tre giorni di intervista continua. Il libro risulta quindi un documento importante, per conoscere di prima mano la storia e il pensiero di Antonucci. A più riprese gli è proposta la domanda "cos'è dunque la pazzia", a più riprese Antonucci risponde con un lungo giro o riferendosi a casi concreti (pag. 108;227;238;..) che si tratta di un pregiudizio di chi giudica l'altro 'pazzo', che la natura umana è collegata ad infinite possibilità, il non voler accettare certe scelte dell'altro dà luogo al giudizio-pregiudizio di 'pazzia' ; ["La decisione non tradizionale.. dipende da una scelta diversa, da un cervello che ha fatto una scelta diversa; e non da un cervello bacato soltanto perché non sceglie le cose più comuni e più accettate [pag 109] "] Comunque secondo noi la importanza centrale indelebile storica di Antonucci è quel che ha fatto ottenuto nel suo agire quale responsabile di reparto, in particolare l'apertura del reparto delle "agitate" ad Imola [1973 e seg. -pag 163]: " Ero entrato nel reparto delle agitate, considerate fino allora le persone più pazze, più incomprensibili, più pericolose; avevo aperto il reparto, le avevo fatte uscire, le facevo vestire; cominciavano a vivere in mezzo agli altri: stavo dimostrando che tutto quello che medici e infermieri avevano costruito era falso. Ne posso parlare perché io non vengo né dalluniversità né dal salotto. Miracoli, io non ne faccio; ho fatto le cose che, secondo logica, si potevano fare, e non si sarebbero potute fare se non fosse stata valida la mia ipotesi, che quelle persone, una volta trattate come noi, sarebbero tornate a essere persone come noi. Dunque, il problema non era nel loro cervello difettoso, ma nellimpostazione sbagliata che le aveva messe in quella situazione. A proposito poi dei "colleghi" qui Antonucci non è reticente come negli altri libri - d'altra parte se sempre emarginato da loro perché tacere su loro? - Risulta per esempio [pag. 130] che Franco Basaglia nel pieno della apertura-liberarizzazione dei manicomi con risalto mondiale, continuava però a fare elettrochoc, ma solo alle donne ! Che parimenti Giovanni Jervis mentre scriveva sui "Quaderni Piacentini" - la rivista teorica della sinistra extraparlamentare - di liberazione e rivoluzione, invece contemporaneamente o quasi, decideva che nel reparto psichiatrico di Reggio Emilia, dova era direttore e aveva chiamato Antonucci a modernizzare liberare, era meglio fare elettrochoc giornalieri, nonché disfarsi di Antonucci, troppo "rivoluzionario". Rivoluzionario perchè anziché ricoverare per forza nei reparti e somministrare psicofarmaci, Antonucci andava a discorrere a casa dei singoli denunciati "impazziti", cercava di risolvere i loro problemi di necessità giornaliere e quindi non ricoverava mai nessuno, non dava psicofarmaci e nemmeno a pensarci elettrochoc ; e questo passi pure (-con immaginiamo invidia malcelata-), ma ancor peggio lasciava che dalla montagna venissero a visitare il manicomio locale gli abitanti della colline, a cercare i loro compaesani "presi in cura" e mai più visti, trovando invece nei reparti bambini e ragazzini già permanentemente legati con camicie di forza ! Di fronte alla mezza rivoluzione messa in piedi nella città dai montanari indignati, il rivoluzionario sulla carta dei Quaderni Piacentini, Jervis, fece rapidamente marcia indietro sulla "modernizzazione" ! [N.B.: nel libro non si parla dei "quaderni piacentini", era lo scrivente che li leggeva ..] Il libro cade un pò di tono nel finale; d'altra parte dopo una tre giorni di dibattito simile, tutti dovevano essere stanchi! Un appunto all'editore non certo per l'ottima iniziativa la veste editoriale la trascrizione e il prezzo contenuto, tutti ottimi, ma perché manca un indice analitico per argomenti, che renderebbe il libro un'ottima summa maneggevole delle vicende e del pensiero di Antonucci. Sandro C. |